Centro storico

Ponte San Pietro, il brutto presente di un paese davvero bellissimo

Ponte San Pietro, il brutto presente di un paese davvero bellissimo
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Il problema è: ma ci rendiamo conto di quanto bello fosse Ponte San Pietro con le sue case antiche affacciate sul fiume? Ci rendiamo di quanto importante fosse il suo centro storico, di come fossero vivaci le sue vie, di come brillassero le vetrine dei negozi gremiti di gente che arrivava da tutta l’Isola per fare compere? La Ponte San Pietro di oggi è la brutta copia di quella di quarant’anni fa. Irriconoscibile. «Lo scriva, lo scriva che Ponte San Pietro è morto. Il paese è morto. Lo scriva, chissà che magari qualcuno si svegli. I politici hanno le loro colpe, ma non soltanto loro». Lo dice la signora Bruna, qui, sul ponte che collega le due parti del centro storico e sotto c’è l’acqua della diga del Brembo, con le anatre, i germani e questi nonni con la nipotina che buttano giù agli uccelli dei pezzetti di pane. L’acqua è di un bel verde-azzurro. La signora Bruna abita al vecchio villaggio Caproni, roba da archeologia industriale, la Caproni, la fabbrica di aeroplani che rimase attiva fino alla fine della Seconda Guerra Mondiale. «Io non sono del centro, ma vengo tutti i giorni e ho visto quello che è successo negli anni. Hanno chiuso quasi tutti i bei negozi di una volta, il centro si è degradato, ha cominciato a venire frequentato da persone che al decoro del paese né ci tengono, né contribuiscono. Ci è rimasto un solo panificio, un solo fruttivendolo, il salumiere non c’è neanche più. Ci sono tre supermercati, in compenso, e la gente va tutta là».

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Facciate fatiscenti, saracinesche abbassate. La signora Claudia Maffioletti, qui, appena dopo il ponte, lavora nel negozio di frutta e verdura: «Come va Ponte San Pietro? Direi che negli ultimi quindici anni non è cambiato granché, il paese è sempre quello, da vedere. Le saracinesche giù parlano per conto loro, non hanno bisogno di grandi commenti. Le case degradate. Comunque adesso la situazione è stabile». È probabile che il centro storico di Ponte abbia toccato il fondo e che adesso ci si debba dare da fare perché risalga la corrente. La situazione è diventata così precaria in maniera graduale, ma è giustificato pensare che il fondo sia stato toccato all’inizio degli Anni Duemila. Una botta di vita era stata la ristrutturazione dello Stal Lonc, a fine Anni Novanta, forse l’edificio più antico della cittadina sul Brembo, con parti del XV secolo, con la torre e resti degli affreschi che erano stati recuperati. Un luogo affascinante. Ma il risultato non è stato pari alle aspettative. Nella corte tra via Toscanini e via Piazzini ci sono un ristorante di alta cucina, un negozio di fiori, un altro di fotografo. Dice Giovanna Brolis che si trova qui da vent’anni: «Direi che in questo periodo è tutto stato normale, piuttosto calmo. C’era un’erboristeria che dava sulla strada, ma ha chiuso. La corte chiude alle otto di sera, chi vuole entrare per andare al ristorante deve suonare il campanello, è stata una decisione dei condòmini».

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Qui in via Piazzini si trova il nucleo antico di Ponte. Oltre allo Stal Lonc si notano altre architetture che fanno pensare ai secoli XV e XVI. In particolare, all’angolo tra via Piazzini e via don Begnis si trova un palazzo medievale di cui si leggono ancora gli archi in pietra, purtroppo abbondantemente violentato negli anni fino alla ridicola copertura della facciata a pian terreno con una pietra bianca. È possibile ripristinare, restaurare le antiche murature? Sulla facciata si trova anche una...

 

Per leggere l’articolo completo rimandiamo alle pagine 30 e 31 del BergamoPost cartaceo, in edicola fino a giovedì 20 giugno. In versione digitale, qui.

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