Trentuno anni dopo

L’alluvione in Val Brembana Quei tragici giorni del 1987

L’alluvione in Val Brembana Quei tragici giorni del 1987
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«Piove da cinque giorni, ma non bastano le piogge d’autunno a scatenare questo tumulto. Troppi boschi sono scomparsi dai monti che trattenevano le acque…»: è l’incipit di un documentario d’epoca della Settimana Incom, che nel 1951 raccontava una delle più grandi tragedie del primo dopoguerra: l’alluvione del Polesine. Un chiaro riferimento alle responsabilità dell’uomo nel creare i presupposti per il diffuso dissesto idrogeologico che resta di estrema attualità. Ricorre in Bergamasca il trentunesimo anniversario dell’alluvione della Val Brembana, letteralmente devastata il 18 luglio 1987 dalla furia del Brembo e dei suoi affluenti minori, nei giorni in cui anche la Valtellina fu messa in ginocchio. L’alluvione provocò cinque morti e distrusse ponti, strade, case e tutto ciò che l’acqua trovò sul suo cammino.

 

 

L’ondata di piena scese in particolare dal ramo del Brembo che scende da Mezzoldo verso Olmo, incrociando le propaggini di Piazzolo e Piazzatorre e raccogliendo gli affluenti della Valle Stabina (dove ci sono Cassiglio, Ornica e Valtorta) e della Valle Averara (che comprende anche S.Brigida e Cusio). Danni importanti vi furono anche nell’altro ramo dell’Oltre la Goggia, con frane, smottamenti ed allagamenti anche lungo le arterie verso Foppolo, Valleve e Branzi. Un fiume di acqua e di macerie invase i paesi e cancellò la statale della Val Brembana in quattordici punti tra Lenna e San Pellegrino. La pioggia era insistente da diversi giorni, ma quel sabato 18 luglio divenne particolarmente intensa in tarda mattinata e nelle prime ore del pomeriggio. A Piazza Brembana era in programma, nel pomeriggio, l’inaugurazione del nuovo Palazzetto dello Sport comunale. Una coincidenza che fu a suo modo provvidenziale: i sindaci della Valle e le autorità (c’erano anche l’assessore regionale Giovanni Ruffini e quello provinciale Valerio Bettoni, oltre naturalmente al presidente della Comunità Montana, Pietro Busi) si ritrovarono tutti insieme al sopraggiungere delle prime tragiche notizie e in Comunità Montana costituirono una sorta di immediata Unità di Crisi. Fu probabilmente una delle ultime tragedie dell’era “pre-tecnologica”, quando non vi era la disponibilità di telefoni cellulari e rete internet ed in simili situazioni ci si affidava ai radioamatori per comprendere la situazione.

I presagi, come detto, c’erano tutti: l’acqua cresceva paurosamente sotto i ponti, dove si accumulavano detriti a dismisura, segni tardivi di sponde dove l’incuria la faceva (come oggi, in alcuni tratti) da padrona. A Lenna il Brembo correva veloce sul ponte che all’ingresso del paese divide le due centrali. Un particolare incredibile, se si pensa che passando oggi il letto del Brembo pare ben distante, con il ponte ad un’altezza da vertigini. I viali di San Pellegrino (allora unica arteria di accesso alla Valle) furono allagati: nella zona poco a valle del Municipio e della Clinica Quarenghi si poteva navigare. Negli annali è rimasta famosa un’immagine (in apertura di articolo), scattata dal fotografo locale Giorgio Andreato (morto nel 2017) in cui si riconosce il brigadiere dei Carabinieri, Francesco Milo, mentre a bordo di un canotto soccorre una cittadina in via San Carlo. Il bilancio fu purtroppo tragico. A Mezzoldo a essere assaliti dalla furia delle acque furono alcuni giovani della parrocchia di Longuelo, saliti per un campo scuola al Rifugio Madonna delle Nevi. Fra loro la giovanissima Barbara Orlando, 15 anni, non riuscì a trovare scampo e il suo corpo non venne mai ritrovato. Analoga sorte toccò a Marco Tamborino, 25 anni, milanese: l’auto su cui viaggiava insieme alla fidanzata Paola Tornaghi (22 anni) fu portata via dal Brembo in piena nella zona della diramazione fra Mezzoldo e Piazzatorre, non lontano dal tratto oggi chiuso per una frana. Il corpo di Paola fu ritrovato il 21 luglio, fra Olmo e Piazza Brembana, da Geremia Arizzi, allora giovane impresario edile ed oggi sindaco di Piazza Brembana.

Affresco morti Alluvione
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L'affresco con i nomi dei morti nell'alluvione del 1987

Alluvione 1987 - il Ponte delle Capre a lenna, vicino alla falegnameria dove morì Romeo Cortinovis
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Alluvione 1987 - Il Ponte delle Capre a lenna, vicino alla falegnameria dove morì Romeo Cortinovis

Alluvione 1987 provinciale a Scalvino (foto Daniele Pedretti)
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Alluvione 1987, la provinciale a Scalvino (foto Daniele Pedretti)

Piazza Brembana - nuovo ponte e cappella dei Fondi
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Piazza Brembana - nuovo ponte e cappella dei Fondi

A Lenna morì Romeo Cortinovis, 35 anni, sceso nel garage della propria falegnameria per portare a riparo l’auto. Un guasto all’automobile costò probabilmente la vita ad Angelo Salvetti di San Giovanni Bianco, scomparso fra i flutti a Mezzoldo e ritrovato dopo tre giorni a Canonica d’Adda. I nomi delle vittime sono ricordati su un delicato affresco realizzato da Mariella Convertini oggi conservato all’interno della torre del nuovo ponte dei Fondi di Piazza Brembana. Fu uno dei primi manufatti a crollare in quel giorno funesto e proprio la caduta del ponte, segnalata da Carlo Donati che in quella zona seguiva un bacino di pesca sportiva, fu il primo allarme a giungere ai sindaci riuniti al nuovo Palazzetto dello Sport. Impressionante vedere come sul muro esterno della piccola Cappella dei Fondi (ristrutturata dal Comune nel 1997) a circa un metro da terra sia indicato il livello che l’acqua raggiunse nel 1890, dopo una piena devastante. Per vedere il segno dell’alluvione del 1987, bisogna alzare lo sguardo di molto, quasi a due metri dal suolo.

Le cronache raccontano di giorni difficili, collegamenti saltati, turisti evacuati, di un elicottero caduto (per fortuna senza conseguenze) vicino al Olmo al Brembo sul tetto di un distributore di carburante. Il 25 luglio furono riaperti i collegamenti con Mezzoldo e Valtorta, rimasti isolati per giorni, come Foppolo. Dettagli e immagini sono raccolte nel libro La furia del Brembo edito nel 2017, a trent’anni dall’alluvione, dal Centro Storico Culturale Valle Brembana “Felice Riceputi”. Per i primi interventi la Regione stanziò circa 15 miliardi di vecchie lire con la legge del 10 agosto per gestire l’emergenza, mentre l’intervento massiccio del Governo arrivò grazie alla legge n. 102 del 2 maggio 1990, meglio conosciuta come Legge Valtellina. Attraverso tale legge furono stanziate le risorse finanziarie che hanno consentito alle istituzioni coinvolte (Comunità montana, Provincia e Comuni) e ai privati cittadini di intervenire sia per il ripristino di molte opere danneggiate, sia per la realizzazione di nuove infrastrutture, fondamentali per la messa in sicurezza della viabilità. Arrivarono le gallerie lungo la provinciale fra San Pellegrino e Piazza Brembana (qualcuno ancor oggi con triste ironia afferma «benedetta alluvione», ricordando le traversie dell’incompiuto tunnel di Zogno). Fra gli uomini della Provvidenza del “giorno dopo” ci fu il ministro Remo Gaspari, ricordato ai Fondi di Piazza Brembana con un cippo commemorativo. Qualcuno dal cielo ha forse voluto che la data della sua morte sia stata il 19 luglio 2011: il “giorno dopo” l’anniversario dell’alluvione della Val Brembana.

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