Rischio desertificazione

Quella speculazione sugli affitti che toglie ossigeno al centro

Quella speculazione sugli affitti che toglie ossigeno al centro
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Zara Home se ne va, dalla fine di luglio lascia via Venti Settembre: «Puntiamo su Oriocenter – dicono in negozio – anche se è un peccato lasciare il centro di Bergamo. Ma l’affitto è troppo alto». Un caso isolato? No. Ecco quello che dice un manifesto su una vetrina ancora in via Venti: «Ci siamo trasferiti c/o Centro Commerciale Orio Center», firmato Freddy. Affitti alti, spropositati. E il commercio soffre. Abbiamo raccolto alcune storie di altri commercianti della zona. Fabrizio Sofisti è titolare di Klan‘s, uno dei negozi di abbigliamento storici di via Sant’Alessandro. «Qui le botteghe cadono come mosche. C’è una parete da scalare e l’unico appiglio per poter proseguire è quello di ridurre i costi. Se vuole del male a qualcuno, gli dica di aprire un negozio in centro».

 

 

Se volete male a qualcuno. «Io ho iniziato nell’82 a fare il garzone: pulivo i vetri all’Emporio Armani che c’era di fronte alla chiesa di Sant’Alessandro in Colonna. Ho fatto tutto il mio percorso e alla fine ho aperto un negozio di abbigliamento maschile e femminile in centro. Era un negozio sui due piani, per cui difficile da gestire, però all’epoca avevo bisogno di lavorare perché avevo i bambini piccoli e mi sono buttato nell’avventura. Sono stato 15 anni lì, l’affitto era piuttosto oneroso, la fatica tanta per via della tassazione, dei dipendenti… Grazie a Dio ce l’ho fatta. Negli ultimi dieci anni però siamo entrati in una crisi profonda per via di internet, degli outlet, degli orari dei centri commerciali, della svendita dei prodotti: nel nostro settore c’è molto cinismo, un sacco di gente svende e poi non paga quello che dovrebbe essere pagato.

Quando ho iniziato, a 15 anni – oggi ne ho 51 –, per me quella del commerciante era una figura di socialità, di aggregazione, uno che univa la gente. Il negozio è anche un luogo conviviale. E ho sempre pensato che quando uno vende o acquista qualcosa, fa anche un po’ del bene, perché muove tutta una catena: il rappresentate, le aziende, gli autisti... Oggi la gente fa solo i propri interessi e questo porta al crollo della società. Per di più, negli anni più duri, i direttori dell’Agenzia delle Entrate prendevano i premi a legnare le attività. C’è stato un mio collega, che aveva iniziato con me da Armani, che si è suicidato in un negozio qui di fronte. Un giorno è arrivata l’ambulanza e nessuno ne ha parlato. Questi sono i rischi».

 

 

Gli affitti non calano mai. «Nel mio primo negozio ho lavorato per 15 anni. Al dodicesimo ho pensato al rinnovo del contratto. Per i primi due anni il proprietario dei muri ha confermato la cifra precedente, 4-5 mila euro al mese per un negozio scomodo. Tradotto in lire vuol dire sborsare 100 milioni all’anno, una cifra che non si pagava neppure quando a Bergamo c’erano solo questi negozi e via Sant'Alessandro scoppiava di gente che arrivava dalle valli e dalla pianura, quando non esisteva Oriocenter né gli altri centri commerciali, né internet. Ebbene, oggi ci troviamo a pagare il doppio di allora. L’affitto adeguato sarebbe stato, già a fatica, 20mila euro l’anno, noi ne pagavamo 50, 60mila con l’Iva. A febbraio 2016 torno dal proprietario e gli dico: “Almeno non mi aumenti l’affitto”. Ci pensa un mese e poi la moglie mi risponde: “No guardi, noi ci rimettiamo”. Esco dall’incontro con le orecchie basse. La stagione estiva però la dovevo fare e nel contratto c’erano almeno sei mesi di preavviso.

Arriva giugno e avevo la lingua per terra. Torno dal proprietario: “Sono in apnea, mi dia un po’ di ossigeno”. Non gli ho chiesto sconti, gli ho chiesto di non aumentare l’affitto. Ci ripensa e a un certo punto mi chiama, era in barca in Croazia, e mi dice: “Sofisti, io mi trovo bene con lei (non aveva mai aspettato un giorno l’affitto!), però se non riesce più a guadagnare, mi mandi pure la disdetta”. Gli ho chiesto tre volte se era sicuro... Questa è gente che ha ereditato patrimoni di milioni di euro, non ha mai lavorato in vita sua e vive di rendita... Il lunedì dopo un collega mi disse che forse si stava liberando un negozio. Andai a chiedere e i gestori mi proposero anche i muri: era il sogno della mia vita. Da allora sono qui. Morale: oggi pago 2.300 euro al mese di mutuo, il negozio è più bello, e da inizio anno ho fatturato il dieci per cento in più. Sono contento, anche se è molto difficile. Avrei potuto mollare e andare a fare qualsiasi altra cosa. Ma la gente deve smettere di pensare che uno che lavora e guadagna il giusto sia un evasore».

 

 

Quelli che hanno chiuso. «Sono Claudio Cirulli, titolare di Black. Si guardi intorno, qui in via Sant’Alessandro chiude un negozio ogni due mesi. E restano vuoti, la tristezza è quella, perché i costi di gestione sono altissimi. Recentemente hanno chiuso Universo Vegano, che era un alimentari, Toast Amore è durato sei mesi, il parrucchiere Nadège si trasferisce in via Tiraboschi e so di altri che hanno deciso di cambiare aria. Tante attività si stanno spostando in via San Bernardino e via Moroni. Io sono fortunato perché l’affitto, pur essendo alto, riesco ancora a pagarlo, ma ci sono negozi di 60 metri quadri che pagano 40/50 mila euro all’anno. Sono cifre spropositate. I proprietari dei muri se ne accorgeranno quando avranno i negozi vuoti, e il loro patrimonio sarà a valore zero. Bisognerebbe lasciarglieli vuoti o non pagare l’affitto per un po’. Ma se lo fa uno solo viene giudicato male, mentre se lo facessero tutti… Mi domando: non sarebbe più lungimirante chiedere meno ed essere sicuri di guadagnare sempre?».

La città degli zombie. «Si potrebbe andare tutti in Comune a dire che qui stiamo morendo: se vogliono trovarsi la città degli zombie, la strada è questa. Bergamo oggi...»

 

Per leggere l’articolo completo rimandiamo a pagina 6 e 7 di Bergamopost cartaceo, in edicola fino a giovedì 5 luglio. In versione digitale, qui.

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