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VeryBello? Ahinoi, è "very" brutto

VeryBello? Ahinoi, è "very" brutto
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Questa è la storia di un sito, VeryBello.it, diventato in poche ore protagonista assoluto della discussione mediatica. È la storia di come un Paese incantevole, ricco di cultura, patrimoni e bellezze, sia in grado di rovinare la propria immagine per mano di un sito mal fatto e mal pensato. Ma andiamo con ordine.

Tutto ha inizio sabato 24 gennaio, quando durante una conferenza stampa, con grandi squilli di tromba e sorrisi a trentadue denti, il ministro dei Beni, delle Attività culturali e del Turismo, Dario Franceschini, in compagnia del ministro dell’Agricoltura e del Commissario Unico di Governo per Expo 2015, ha presentato alla stampa il portale web VeryBello.it, che racchiude gli oltre 1.300 eventi che si svolgeranno in tutta Italia nei mesi dell’Expo, cioè dal primo maggio al 31 ottobre 2015. Un progetto ambizioso, teso a far conoscere ai turisti che si recheranno in Italia per il grande evento di Milano le tante possibilità che il nostro Paese offre anche lontano dal capoluogo lombardo. Sono bastate però poche ore (meno di 24 per la precisione), perché il progetto fosse non solo oggetto di qualche critica, ma letteralmente demolito da oltre 15mila messaggi (solo su Twitter). Si contano sulle dita i pochi complimenti, tra cui quelli di Franceschini stesso, che facendo lo gnorri ha pensato che le 500mila visualizzazioni del sito in poche ore fossero un successo e non, piuttosto, la presa di coscienza della realtà di chi, prima di “armare” la tastiera, ha preferito verificare di persona lo stato delle cose.

 

 

Una vera e propria figuraccia. La figuraccia è stata subito dietro l’angolo per il ministro: sono infatti bastate mezzo milione di visite per fare andare in “down” il sito. Il sistema non ha retto i tanti visitatori ed è andato in tilt il server. Non male per un sito che dovrà reggere, si spera, milioni di visite di milioni di turisti per l’Expo. Franceschini ha poi spiegato che il sito sarebbe stato vittima di un fantomatico attacco hacker, alibi che convince poco e non ha riscontri di alcun tipo. Al di là di questo problema di tipo pratico, che si spera venga risolto a breve, sono tante le critiche che sono state mosse dal web nei confronti del portale. Tralasciando le più banali e comuni, legate al nome, abbastanza cacofonico e ridicolo a parere dei più, ci sono aspetti ben più tecnici e di non poco conto, che alcuni esperti della rete hanno abilmente riassunto.  

 

 

 

 

Errori strategici e pacchiani. Una critica più generale arriva da Riccardo Luna, uno dei milletrecento Digital Champion italiani. In un articolo, Luna mette in luce tutti gli errori pratici e strategici di VeryBello.it. In primis: il sito è pensato innanzitutto per i tanti turisti stranieri che verranno in Italia, eppure la versione online è solo nella nostra lingua. Solo dopo le prime critiche si è provveduto a rendere noto, sul sito stesso, che la versione inglese è in fase di lavorazione, mentre per quella cinese, russa e così via si sa solo che sono in cantiere. Manca, inoltre, l’applicazione mobile. Nell’era della mobilità non si è pensato di offrire una versione per smartphone e tablet di facile consultazione. Come se non bastasse il sito non è  ottimizzato per tutti i browser, ovvero, in base ai sistemi di navigazione che userete, c’è chi ci navigherà meglio e chi, invece, decisamente peggio.  

 

  

Ci sono poi errori che lasciano allibiti per quanto pacchiani: l’immagine di copertina del sito (ora sistemata) inizialmente tagliava via dall’Italia la Sicilia e parte della Calabria. Senza contare che dai canali social appositamente creati per il sito, in queste ore di vera e propria tempesta non è arrivata nessuna parola. Zero tweet, zero post. Il silenzio. Un silenzio che allibisce davanti al marasma creatosi. Un silenzio a cui ha messo fine, nuovamente, il ministro Franceschini, rispondendo ad alcune domande sul tema che gli sono state poste da Il Fatto Quotidiano. In questo caso ha spiegato che il progetto è costato 35mila euro circa. Decisamente meno (fortunatamente) dei 5 milioni di euro che erano circolati, ma comunque tanti per un sito del genere. E nonostante Franceschini spieghi che un bando pubblico è stato fatto, ben poche società che si occupano di turismo digitale ne erano informate. Forse il risultato sarebbe stato migliore con un’informazione più capillare.

Errori informatici. Sono forse meno interessanti, ma gli errori informatici sono anche più gravi di quelli esposti in precedenza. In questo caso li ha riassunti Matteo Flora, blogger esperto del settore. Manca un’informativa della privacy, obbligatoria per legge; sono strutturati male i link degli eventi, che anzi non esistono e rimandano sempre e solo alla homepage; mancano gli elementi minimi per una indicizzazione degli eventi che favorirebbe la loro presenza sui motori di ricerca; manca una mappa chiara del sito; il marchio non è registrato; il sito, infine, non è accessibile, ovvero i suoi contenuti non sono fruibili anche da persone con una disabilità visiva, cosa che è un obbligo di legge.   

 

 

 

Davanti a queste critiche, presentate da esperti del settore e non da utenti qualunque, è ancora più evidente che il vero problema di VeryBello.it non è solo che è “very brutto”, sia nel nome che nella grafica, quanto che pare un prodotto sciatto, mal progettato e mal realizzato, buttato nella rete il prima possibile giusto per poter dire che si era fatto qualcosa. Lo si può dedurre anche dall’approssimazione con cui sono descritti certi eventi (che dovrebbero, fra l’altro, essere il perno di tutto il sito): la Biennale di Venezia viene descritta come «la più antica esposizione d’arte, nata nel 1895 per declinare in chiave culturale il successo delle esposizioni universali dell’epoca, continua a promuovere nella sede storica dei Giardini e nei nuovi spazi dell’Arsenale le tendenze più attuali dell’arte contemporanea». Peccato che la Biennale sia nei “nuovi spazi dell’Arsenale” da più di 20 anni.

La cosa più “very bella” di VeryBello.it, quindi, potrebbe essere il rifacimento immediato di parte del sito. I tempi sono stretti, certo, ma come dice Luna, «le scuse – assieme al rifacimento di parte del sito – sarebbero obbligatorie. E sarebbero una buona pratica, perché potrebbero servire a innescare un processo virtuoso e a capire come deve gestire il digitale un governo che dice di considerarlo determinante per il nostro futuro».

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