«Il Dna è la sua firma»

Bossetti, il giorno delle parti civili 3,2 milioni di risarcimento richiesti

Bossetti, il giorno delle parti civili 3,2 milioni di risarcimento richiesti
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«Noi non siamo mai andati alla ricerca di un colpevole, ma del colpevole. E finalmente si è trovato. Non è vero, come dice la difesa, che questo è un processo indiziario. C’è una prova inossidabile, quella del Dna, un risultato scientifico inconfutabile. Che appartiene non a un architetto di Copenaghen, ma a un carpentiere di Mapello: è sua la firma del delitto»: sono queste le parole più dure che l'avvocato Enrico Pelillo, legale di Fulvio e Keba Gambirasio (rispettivamente padre e sorella di Yara) ha detto durante la requisitoria della parte civile nell'udienza del processo nei confronti di Massimo Bossetti del 20 maggio. Dopo che il 13 e il 18 maggio è andata in scena la lunghissima arringa del pm Letiza Ruggeri, la parola è passata ai legali delle parti civili del processo sulla morte della 13enne di Brembate Sopra. Oltre ad Enrico Pelillo, hanno parlato anche l'avvocato Andrea Pezzotta, legale di Maura Panarese (madre della vittima), e Carlotta Biffi, legale di Massimo Maggioni, l'ex collega di Bossetti che l'imputato aveva indicato agli inquirenti come possibile autore dell'efferato omicidio, parole che hanno fatto scattare anche l'accusa di calunnia nei confronti del muratore di Mapello.

 

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[Andrea Pezzotta (sin.) ed Enrico Pelillo (des.), legali della famiglia Gambirasio]

 

L'arringa dell'avvocato di papà Gambirasio. Pelillo ha preso la parola dopo la Biffi. E ha voluto innanzitutto elogiare il grande lavoro svolto dagli inquirenti nei 5 anni di indagine, sottolineando poi l'atteggiamento di «grande dignità» tenuto dalla famiglia Gambirasio dal 26 novembre 2010, giorno della scomparsa di Yara, a oggi. Pelillo ha ripercorso tutte le fasi delle indagini, soffermandosi sul fatto che «dopo la scomparsa di Yara, anche la sua famiglia è stata oggetto di indagine da parte del pm, che ha fatto bene. Fulvio è stato letteralmente massacrato da certa stampa. Quando poi è stato ritrovato il corpo, tre mesi dopo la scomparsa, sono stato contento per la famiglia, perché peggio di un figlio assassinato c’è solo un figlio scomparso».

«Bossetti pensava di averla fatta franca». Il punto di svolta dell'inchiesta, naturalmente, è arrivato son l’individuazione del rapporto di parentela tra Giuseppe Guerinoni e Ignoto 1: «Chissà che sospiro di sollievo avrà tirato Bossetti quando ha saputo che si cercava l’assassino in una famiglia che non era la sua. Probabilmente ha pensato di averla fatta franca», perché non pensava di essere figlio illegittimo di Giuseppe Guerinoni. Un altro sospiro di sollievo, secondo Pelillo, Bossetti deve averlo tirato quando «anche sua madre (Ester Arzuffi, ndr) venne sottoposta al confronto del Dna e non emerse nulla». Pelillo ha spiegato che, per un errore nei laboratori, il Dna di alcune persone, tra cui quello di Ester Arzuffi,era stato erroneamente confrontato con il campione genetico di Yara e non di Ignoto 1. Per questo il confronto con il Dna della madre di Bossetti non aveva fornito alcuna corrispondenza, poi arrivata solo in seguito, dopo che una perizia dei consulenti della famiglia Gambirasio ha fatto emergere l’errore.

 

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Il padre e la sorella di Yara chiedono 1,4 milioni di risarcimento. Pelillo ha dato molto peso, chiaramente, alla prova del Dna, definendola una «prova storica, inossidabile, immarcescibile, un macigno per Bossetti». Ma ha poi dichiarato che, nei confronti del muratore di Mapello, ci sono anche altre prove. Ha quindi fatto riferimento ai contenuti del computer di Bossetti, alle fibre compatibili con quelle del suo furgone, alle sferette di metallo trovate sul corpo di Yara e che «può aver raccolto solo sul furgone dell’imputato». L'avvocato ha poi affermato: «Del resto non ho mai visto un’indagine scientifica così inconfutabile». Pelillo ha anche criticato Marita Comi, moglie di Bossetti, definendo l'atteggiamento della donna «reticente», poiché è la prima ad essere consapevole del fatto che suo marito, secondo il legale, è un «mentitore seriale, con la memoria che va e viene secondo la sua convenienza». L'avvocato ha poi chiuso spiegando che il movente «è chiaro e limpido, di natura sessuale». In queste fasi dell'udienza, Bossetti ha rotto il silenzio dicendo: «Non è vero niente». Quanto al risarcimento danni, Pelillo ha domandato 983.970 euro per Fulvio Gambirasio e 427.260 per la sorella di Yara, Keba, per un totale di 1.411.230 euro e una provvisionale di non meno di 300mila euro per Fulvio e 150mila per Keba.

L'appello di Pezzotta a Bossetti. Dopo Pelillo, è stato Andrea Pezzotta, legale di Maura Panarese, madre di Yara, a prendere la parola in aula. L'arringa dell'avvocato è stata molto coinvolgente, soprattutto dal punto di vista emotivo. Pezzotta, infatti, si è rivolto direttamente a Bossetti: «Ci dica come sono andate veramente le cose. Lei è un uomo tormentato, liberi la propria coscienza, vivrà meglio. È lei che deve decidere e non le resta molto tempo. Per la famiglia sarebbe importantissimo saperlo». Per l'avvocato, infatti, non ci sono dubbi su quale sia la verità: «Ci sono due pilastri in questo caso: la prova del Dna e le due confessioni dell’imputato alla moglie il 20 novembre 2014 e il 4 dicembre 2014». Pezzotta si riferisce alle dichiarazioni di Bossetti alla moglie durante un loro incontro in carcere, nelle quali l'imputato diceva di non ricordare nulla di quel 26 novembre. Secondo Pezzotta, quei "non ricordo" ripetuti più volte sono una dimostrazione della colpevolezza dell'uomo: «Bossetti sapeva benissimo dov’era, era alle prese con un’orribile operazione di macelleria». In chiusura di intervento, il legale della madre di Yara ha avanzato alla Corte la richiesta di risarcimento per la sua assistita: 1.838.000 euro. Che sommati agli oltre 1,4 milioni di euro richiesti dal collega Pelillo per il padre e la sorella di Yara, portano il risarcimento complessivo richiesto per la famiglia Gambirasio a oltre 3,2 milioni.

 

massimo maggioni bossetti

[Massimo Maggioni, l'ex collega di Bossetti accusato da quest'ultimo]

 

Maggioni chiede 100mila euro. Prima dell'intervento di Pelillo, a parlare era stata Carlotta Biffi, avvocato di Massimo Maggioni, il collega su cui Bossetti aveva scaricato i sospetti. Il legale, in quanto rappresentante della parte civile, ha chiesto 100mila euro di danni morali dopo aver letto alcuni stralci delle 46 pagine di verbale dell’interrogatorio dell’8 luglio 2014, quando Bossetti aveva chiesto di parlare con il pm esprimendo sospetti su Maggioni («gli piacevano le ragazzine») e indicando come il killer potesse essere stato lui («ha preso il mio sangue dagli stracci in cantiere quando perdevo sangue dal naso e l’ha messo sulla vittima»). «Se le parole hanno un peso, queste sono un macigno», la conclusione dell’avvocato.

Le prossima tappe: l'arringa difensiva e la sentenza. Claudio Salvagni e Stefano Camporini, legali difensori di Bossetti, hanno lasciato l’aula alla conclusione dell’udienza senza rilasciare alcuna dichiarazione. La prossima (o più probabilmente le prossime) udienza sarà quella della loro arringa. I due avvocati dovranno convincere la Corte dell'innocenza del loro assistito. L’intervento dei difensori dell’imputato inizierà il 27 maggio. L’ultima udienza, al termine della quale i giudici della Corte d’Assise di Bergamo potrebbero riunirsi in camera di consiglio, è prevista in calendario il 10 giugno, ma non è escluso che ne sia fissata una successiva.

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