Affluenza al 60 per cento

Breve analisi delle elezioni in Italia Siamo nel tempo della postpolitica

Breve analisi delle elezioni in Italia Siamo nel tempo della postpolitica
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Quello di domenica 11, che ha visto andare alle urne 1.004 Comuni italiani, tra cui quattro capoluoghi di Regione e 21 di Provincia, non è un voto che cambia di molto lo scenario nazionale. Sotto un certo profilo è un voto che è andato come tutti immaginavano potesse andare. Eppure qualche segnale lo si può ricavare da una tornata elettorale che ha avuto una partecipazione davvero bassa, appena di un pelo sopra il 60 per cento.

  • La politica locale ha dinamiche profondamente diverse da quella nazionale. I risultati ci dicono che i partiti tradizionali soffrono molto meno perché hanno saputo conservare dei legami di fiducia che invece a livello nazionale sono decisamente venuti meno. I legami si spiegano con il fatto che c’è ancora una buona classe politica a livello locale, che ha saputo raccogliere consenso e non risentimenti. Del resto l’Italia è un paese policentrico, a differenza ad esempio della Francia. Quindi le dinamiche delle “periferie” possono esser molto diverse, se non in contrasto con quelle del centro.

 

 

  • Per la stessa ragione bisogna andar cauti nel parlare di sconfitta dei 5Stelle, che non sono riusciti ad entrare in nessuno dei ballottaggi delle principali città coinvolte nel voto. L’essere neofiti e quindi estranei ai circoli del potere è un fatto che li avvantaggia a livello nazionale, ma diventa un grosso limite nelle lezioni locali, dove la conoscenza delle persone, il lavoro fatto, i legami costruiti diventano decisivi nel conquistare consensi. Nel voto amministrativo i 5Stelle pagano cara questa loro “impreparazione”, dovuta al fatto di essere soggetti nuovi che si affacciano sulla scena politica. Non è un  caso che l’unico risultato di rilievo è quello di Parma, dove il fuoriuscito Pizzarotti, sindaco con buon consenso, è arrivato primo. Ma purtroppo per Grillo è un ex...
  • A dispetto delle scarse fortune di questi ultimi periodi, il Centrodestra ha dimostrato di essere ancora ben vivo. È arrivato quasi dappertutto al ballottaggio e in molti centri ha buone possibilità di vincere, rovesciando precedenti giunte targate Pd. Naturalmente al nord vince grazie laddove tiene l’alleanza con la Lega: è la formula varata con l’elezione di Toti alla regione Liguria che ora potrebbe strappare addirittura il capoluogo Genova al Centrosinistra. Al Sud è invece Forza Italia a dimostrare un’inattesa salute (anche se a Trapani per il suo candidato Antonino D’Alì è stato chiesto l’obbligo di soggiorno dal tribunale; ma anche il suo rivale Mimmo Fazio del Centrosinistra non è messo meglio: coinvolto in un’inchiesta per corruzione).

 

 

  • Il Pd può archiviare questo voto con moderata soddisfazione. Non ha ricevuto il temuto sberlone elettorale, ma non può certo rivendicare una vittoria politica. L’effetto Renzi c’entra poco in un voto che si è giocato moltissimo su dinamiche locali. Certo pesano alcuni risultati negativi, come l’esclusione dal ballottaggio a Verona e il grave rischio di perdere Genova.
  • Infine c’è il tema dell’affluenza alle urne, davvero bassa. Il 60,07 per cento significa meno 6 per cento rispetto all’analoga tornata elettorale di cinque anni fa. Si possono fare mille discorsi sul tema, ma è chiaro che c’è un’Italia che ormai ha perso interesse e passione per la politica (anche quella che ti tocca più da vicino) e per il meccanismo principe della democrazia: il voto. Non è antipolitica, è piuttosto postpolitica.
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