Doveva essere una bomba, e invece...

I capitoli dell'inchiesta (archiviata) su Formigoni, Raimondi e Locatelli

I capitoli dell'inchiesta (archiviata) su Formigoni, Raimondi e Locatelli
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Nel dicembre 2013, l'ex governatore lombardo Roberto Formigoni fu iscritto dalla Procura di Milano nel registro degli indagati nell'ambito dell'inchiesta sulla discarica di Cappella Cantone (in provincia di Cremona), caso che due anni prima aveva portato all'arresto del vicepresidente del Consiglio Regionale, Franco Nicoli Cristiani, accusato di aver ricevuto una tangente da 100mila euro dall'imprenditore di Grumello del Monte Pierluca Locatelli, anch'egli finito in carcere. Nella stessa inchiesta, a partire dall'ottobre 2012, fu coinvolto anche l'ex assessore regionale all'Ambiente, il bergamasco Marcello Raimondi. Al centro dell'indagine la delibera 1.594 del 20 aprile 2011, con cui la Giunta regionale lombarda autorizzò la trasformazione del sito di Cappella Cantone, in mano a Locatelli, per accogliere scorie di amianto. La Cavenord dell'imprenditore, infatti, si trovava in una difficile situazione finanziaria e vedeva nello sblocco della pratica relativa alla discarica di amianto nel cremonese (impantanata in Regione dal 2007 circa) la via d'uscita dalla crisi. Di quella delibera, Formigoni fu relatore. Anche Rossano Breno e Luigi Brambilla, rispettivamente presidente e vicepresidente della Compagnia delle Opere di Bergamo, erano finiti nel registro degli indagati con l'accusa di aver ricoperto il ruolo di intermediari tra Locatelli e i vertici della Regione per il via libera sulla cava di Cappella Cantone in cambio di denaro e "altre utilità". L'accusa, per tutti, era di corruzione. Secondo la Procura, infatti, Formigoni aveva indirizzato l'imprenditore su uomini a lui vicini per lo sblocco alla delibera.

 

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[Marcello Raimondi (sinistra) e Roberto Formigoni (destra)]

 

Capitolo I: l'accusa di corruzione della Procura di Milano. Le prove, secondo l'accusa, erano circa 210mila euro che Locatelli aveva versato a una società collegata alla Compagnia delle Opere di Bergamo. Una società che stava svolgendo dei lavori per la Cavenord ufficialmente, ma che, secondo la Procura di Milano, stava in realtà raccogliendo denaro poi destinato alle tasche di Formigoni & Co. Un collegamento debole, che non fermò però gli inquirenti, tanto che nel giugno 2014 il pm Paolo Filippini chiese il rinvio a giudizio per tutti gli indagati. Il castello accusatorio si basava su un percorso logico più che su riscontri: alcuni anni prima Locatelli aveva eseguito lavori in favore della fondazione Maddalena di Canossa, aveva garantito consulenze fittizie, per far girare soldi, a una società collegata alla Cdo di Bergamo e aveva consegnato contanti a Breno (25mila euro, che il presidente della Cdo giustificò spiegando che era stata una donazione volontaria poi data in beneficenza). E siccome nello stesso periodo l’iter per la discarica di amianto a Cappella Cantone era stato sbloccato dalla Regione, allora la corruzione c’era. «Aveva dato a Breno per dare a Formigoni e Raimondi», sosteneva la Procura di Milano. Il problema, come sottolineò allora Mario Brusa, legale dell'ex governatore, è che «agli atti non c’è un solo contatto tra Roberto Formigoni e Rossano Breno. I due si conoscono ma non c’è alcuna prova di un presunto passaggio di favori. In più, fatto non indifferente, il Tar di Brescia ha definito regolare l’iter per la discarica. Non ci sono evidenze, a sostegno dell’accusa».

 

pierluca locatelli

[Pierluca Locatelli]

 

Capitolo II: niente corruzione, bensì induzione indebita. Nel corso dell'udienza preliminare che si tenne nel giugno 2014, la difesa di Formigoni avanzò la richiesta di proscioglimento, oppure il trasferimento del procedimento al Tribunale di Bergamo, la città dove sarebbero avvenuti i versamenti delle presunte tangenti. Prima, però, arrivò un colpo di scena: il gup Vincenzo Tutinelli ordinò ai magistrati di riformulare il capo d'imputazione. Non più corruzione, ma concussione (poi diventata induzione indebita). Il motivo? L'imputazione iniziale non corrispondeva a quanto emerso nel quadro accusatorio. In altre parole, non c'era nessuna prova di corruzione. Secondo il nuovo quadro accusatorio, invece, Locatelli era stato spinto a pagare non per ottenere lo specifico via libera sulla discarica di Cappella Cantone, ma per godere dell’«influenza dei pubblici amministratori a vantaggio delle sue imprese». L’affare amianto, dunque, non era più al centro di tutto, ma soltanto uno dei vari tasselli di un quadro molto più ampio e iniziato ben prima del 2011, almeno nel 2002. Un finanziamento di un mondo sociale e politico che, secondo l'accusa, faceva capo a Comunione e Liberazione e alla Cdo. E così i pm di Milano arrivarono a configurare come reato i 781mila euro di lavori eseguiti da Locatelli tra il 2002 e il 2009 negli immobili gestiti dalla Fondazione Maddalena di Canossa e utilizzati anche dalla scuola Imiberg, in via Santa Lucia a Bergamo, a cui nel 2011 si aggiunsero la tangente da 100mila euro a Nicoli Cristiani, la presunta tangente da 25mila euro a Breno e gli oltre 200mila euro pagati a una società collegata alla Cdo di Bergamo per presunte consulenze fittizie. Locatelli, in questo nuovo quadro, passava dall'essere corruttore a vittima di un sistema ben più grande. Di soldi finiti direttamente nelle tasche di Formigoni e Raimondi, però, anche in questa nuova ipotesi di reato non c'era l'ombra.

 

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Capitolo III: l'archiviazione del fascicolo a Bergamo. Tra la fine di settembre e l'inizio di ottobre 2014, il gup di Milano dispose il trasferimento alla procura di Bergamo di tutto il fascicolo sui presunti favori e le dazioni di denaro da parte di Pierluca Locatelli alla Compagnia delle Opere di Bergamo. Un'indagine che andava oramai ben oltre la vicenda specifica della discarica d’amianto a Cappella Cantone da cui tutto era partito, tanto che Formigoni, Raimondi, Breno e Brambilla furono prosciolti dall'accusa di corruzione. Le carte sono così finite in mano ai sostituti procuratori di Bergamo Giancarlo Mancusi e Maria Esposito. Ma in tutti gli atti dell'inchiesta non c’era traccia di un favore di Locatelli diretto ai vertici della Regione, o un passaggio nel quale fosse dimostrabile un contatto interessato tra Breno e Brambilla e Formigoni e Raimondi. E così, il 13 aprile 2016, arriva l'epilogo di questa lunga e intricata vicenda: il gip di Bergamo Tino Palestra accoglie la richiesta di archiviazione avanzata dai pubblici ministeri sull’ipotesi di induzione indebita di Roberto Formigoni e Marcello Raimondi nei confronti dell’imprenditore Pierluca Locatelli. Restano invece indagati Rossano Breno e Luigi Brambilla, nei confronti dei quali, però, non regge più l'ipotesi di induzione indebita essendo venuto meno il coinvolgimento nei fatti dei due "pubblici ufficiali", ovvero l'ex governatore lombardo e l'ex assessore. Per gli allora vertici della Compagnia delle Opere di Bergamo, quindi, tutto potrebbe ridursi a un’ipotesi di millantato credito. Quella che all'inizio pareva essere una bomba, su cui i media per mesi hanno costruito congetture e dietrologie, si sta dimostrando soltanto un gran polverone.

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