«Una scusa per tagliare personale»

Il caso dei dipendenti Mediaworld «Così si discriminano le donne»

Il caso dei dipendenti Mediaworld «Così si discriminano le donne»
Pubblicato:
Aggiornato:

In quella sala del cinema Uci, a fianco della loro sede, in cui hanno festeggiato i conti-champagne degli anni d’oro, sono stati informati della fine di un’epoca. Basta proclami all’insegna del «come siamo bravi, come siamo bravi», ma una doccia fredda. Una convocazione d’urgenza, venerdì 16 febbraio, con appena un’ora d’anticipo, per una comunicazione dell’attuale amministratore delegato di Mediamarket, spa che controlla la catena MediaWorld in Italia: Guido Monferrini. Le nubi scure aleggiano su quella convocazione last minute sin dall’inizio.

 

 

«Ci hanno chiesto di spegnere i cellulari, forse non volevano che qualcuno registrasse -, ha raccontato un’impiegata che ci lavora da 18 anni -. Poi la notizia dello spostamento di sede a Verano Brianza da ottobre, che ci ha lasciato senza parole. Appena usciti, tutti a vedere su Google Maps dove fosse e cosa significasse. Non ci sono servizi pubblici comodi, non un’autostrada che ci arrivi, ma è entro i 50 chilometri di distanza dalla vecchia sede, così non ci deve essere data alcuna indennità. L’hanno studiata bene. Siamo in cinquecento, qui: costringono molte persone a rinunciare, in questo modo, è chiaro, perché si finisce per spendere 300 euro e più, per chi abita a Bergamo. Ma c’è anche chi arriva dall’altra parte della provincia, dalla Val Cavallina, giusto per fare un esempio, e molte donne (il 30 per cento dei dipendenti, sostengono i sindacati, ndr) hanno un contratto part time - quindi si tratterebbe quasi di perdere più tempo nel tragitto che in ufficio - o comunque, ed è il mio caso, hanno figli piccoli. Non possiamo affrontare questo spostamento».

 

 

La modalità d’azione molto all’americana ma in senso deteriore, un po’ alla tagliatori di teste, ha lasciato esterrefatti. «Qui - continua l’impiegata - la sede è di proprietà, a Verano saremmo in affitto: vero che c’è un negozio che non va molto bene lì, con spazio a disposizione, ma mi sembra improbabile che la palazzina in cui siamo a Curno, fatta costruire da Bernasconi nel 2002, trovi facilmente degli acquirenti». E poi sale la rabbia «per una mossa sleale nei nostri confronti. Noi abbiamo fatto di tutto per questa azienda e questo è il ringraziamento».

Il ricordo dei discorsi motivazionali recenti del management per invitare i lavoratori a metterci grinta, a tirar fuori «l’occhio della tigre», i festeggiamenti pomposi in occasione degli anniversari di fondazione e le alcune scelte avventate da parte della dirigenza sono, ora, ulteriore sale sulle ferite. MediaWorld è in debito d’ossigeno già da qualche anno, a causa soprattutto della concorrenza online (vedi alla voce Amazon). È a Curno, dove ha aperto il primo...»

 

Per leggere l’articolo completo rimandiamo a pagina 11 di Bergamopost cartaceo, in edicola fino a giovedì 1 marzo. In versione digitale, qui.

Seguici sui nostri canali