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Cassa integrazione, è effetto crisi Da zero a più di un milione di ore

Cassa integrazione, è effetto crisi Da zero a più di un milione di ore
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A settembre il numero di ore di cassa integrazione è stato pari a 17,2 milioni, in aumento del 51,9% rispetto allo stesso mese del 2018 quando erano state 11,3 milioni. A destare maggiore preoccupazione è, soprattutto, l’andamento mostrato dalle aree maggiormente produttive del Paese. Nel Nord Ovest le ore di integrazione salariale autorizzate sono aumentate del 75,5% annuo a 5,7 milioni, mentre nel Nord Est sono quasi triplicate (+195,4%) a 4,4 milioni. Ne parla la Cisl provinciale in un comunicato stampa.

Male anche Bergamo. I dati Inps sull’aumento della cassa integrazione trovano conferma anche a Bergamo, dove settembre fa registrare un aumento del 52% delle ore utilizzate per l’Ordinaria (52.324 ore contro le 27.322 del 2018) e l’autorizzazione di 1.080.760 ore per la Straordinaria, che un anno fa ne segnava zero. L’industria è quella che paga maggiormente il rialzo degli ammortizzatori sociali: il 54% delle ore in “ordinaria” (pari a più di 29mila) sono del settore secondario, così come il 97% della straordinaria (oltre un milione di ore), mentre il totale annuo di CIG a settembre vede un aumento del  27% rispetto a settembre del 2018.

Peggioramento in atto. «Situazione che peggiora di mese in mese– dice Danilo Mazzola, segretario provinciale Cisl Bergamo -: l’economia del paese è in evidente difficoltà sia per le guerre commerciali in atto che impediscono uno sviluppo dell’export , sia perché il quadro macroeconomico indica stagnazione. Il dato che ci preoccupa maggiormente è l'aumento esponenziale della straordinaria nel mese di settembre 2019, soprattutto se riferito allo scorso anno, quando aveva segnato un utilizzo pari a zero ore nella nostra provincia». I dati, dunque, confermano il rallentamento della produzione industriale che si traduce, in buona parte del Nord Italia, nella riduzione delle stabilizzazioni e dei contratti a tempo indeterminato. A Bergamo, questo riflesso non si legge ancora in modo preoccupante, ma il trend sotto osservazione ipotizza un rallentamento degli avviamenti, che comunque, fino a settembre hanno mantenuto l’andamento dell’anno precedente, così come l’avvio di forme di lavoro non stabili, rimaste ben oltre il 65% sul totale degli avviamenti.

I decreti non bastano. Rimane comunque un 35% di contratti a tempo indeterminato, che dimostra «come l’occupazione complessiva nella nostra provincia  si sia stabilizzata e ad oggi sembra non diminuire. Vedremo nei prossimi tre mesi quale situazione troveremo, data la produzione industriale in diminuzione. Sono segnali che non lasciano ben sperare. Inoltre, la realtà dimostra abbondantemente  che il lavoro non si crea per decreto (a tal proposito si potrebbe affermare che i pochi effetti del decreto dignità si stiano esaurendo) - conclude il segretario della Cisl -, ma soltanto accorgendosi che è urgente un cambio di passo, a partire dall’aumento di risorse  per finanziare il cuneo fiscale, sboccando i grandi cantieri fermi da anni e dal rilancio delle politiche attive,  solo così saremo in grado di creare opportunità lavorative, investendo sulle competenze e sulla valorizzazione del capitale umano».

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