Lo avresti strozzato, eppure

Dieci motivi per cui manca Morgan (Controcanto a X Factor 2015)

Dieci motivi per cui manca Morgan (Controcanto a X Factor 2015)
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Comunque: manca Morgan. Brava Skin, per carità, come quarto giudice di questa nona edizione di X-Factor Italia (ogni giovedì sera in onda su SkyUno alle 21); e bravi, con lei, i già collaudati Fedez, Elio, Mika. Brava, dolce, «attacca!», senz'altro competente, truccata benissimo. Ma manca Morgan a quest'edizione fin troppo pulita e corretta (almeno finora) del talent canoro per eccellenza, dove la parte assegnata ad ognuno degli interpreti dagli autori è seguita pedissequamente senza guizzi, quindi senza particolari scossoni (e questa cosa del gioco delle parti va detta per tranquillizzare i tanti che lo rivelano, ponendo una certa distanza da “certi show”, come se chi non lo rivelasse esplicitamente non lo sapesse, salvo poi il giovedì colmare tale distanza ashtaggando X-Factor come se non ci fosse un domani).

 

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Senz'altro le parti assegnate c'erano anche allora, quando dietro il tavolo dei giudici sedeva il monzese Marco Castoldi, classe '72, ex-leader dei Bluvertigo (poi per un po' cantante solista, poi forse ora son tornati insieme), pupillo di Battiato, all'attivo una figlia con Asia Argento e una con  Jessica Mazzoli, ex-concorrente proprio di X-Factor (era nella squadra di Simona Ventura). Ma, come dire, l'alunno Morgan si impegnava a non ripetere a pappagallo, ma faceva sempre sua la lezione e la re-interpretava.

Manca che sbraitasse contro un suo stesso concorrente (il poi vincitore della seconda edizione, Matteo Beccucci) della squadra “over” all'urlo di «Ora capisco perché non hai combinato niente fino a 38 anni!».

Manca che approfittasse di ogni occasione per ballare stretto stretto alla Ventura e sbirciarle nella scollatura.

Manca che laddove altri assegnavano “pezzi orecchiabili e contemporanei, possibilmente in inglese” lui andasse di Umberto Bindi.

Manca che inveisse contro il povero Facchinetti («Sei un populista!»).

Manca che scommettesse su personaggi improbabili (ricordate il rapper X?) e vincesse.

Manca che difendesse i bravi ma antipatici (o gli antipatici ma bravi), come i gemelli Frères Chaos (non ricordate? No? Davvero?).

Manca che gli “spiegoni” (si stra-dice così oggi, no?) degli altri giudici (soprattutto della laconica Maionchi) durassero tre minuti e i suoi sempre di più, e che belli che erano, si imparava sempre qualcosa, volevi che andasse ancora avanti.

Manca che azzardasse il biondo platino.

Manca che se ne andasse dallo studio a metà puntata per una “sentenza” su uno dei suoi evidentemente da lui non condivisa, e tornasse bello bello la puntata successiva, pure aprendo la puntata cantando lui solo una canzone e guardato dagli altri giudici come uno che durante l'interrogazione esce per  andare in bagno e ci rimane tutta l'ora e la scampa.

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Fedez, Elio e Mika non hanno fatto mistero nelle varie dichiarazioni a mezzo stampa alla vigilia di questa nuova stagione del talent di lasciar intendere che quest'anno c'è «un'aria più rilassata», «si lavora meglio», «ci si diverte di più».

Non se ne dubita e certo, per bravo e talentuoso che fosse e sia Morgan, dev'essere il classico tipo con cui è bello lavorare, ma non semplice, per usare un eufemismo. Nei suoi circuiti mentali il tempo scorre non dritto come per gli altri ma liquefacendosi e dilatandosi come in un quadro di Dalì (leggete pure: è cronicamente in ritardo – in sala prove, alle interviste, nel loft dove guidava i membri delle sue squadre). Quando a mezzanotte si doveva decidere della sorte di un concorrente e lui nel pronunciarsi per un quarto d'ora titillava i concetti e scomodava la storia della musica a partire dagli organi settecenteschi invece di venire tosto al dunque, in molti lo avrebbero strozzato. Era abile, abilissimo con le parole, e spesso le usava per fare a fettine chi stava sul palco e chi dietro il tavolo di fianco a lui.

Eppure: manca. Manca perché quando anni dopo si fa mente locale sui compagni delle superiori, se c'è uno che ti viene in mente è proprio quello che ha scampato l'interrogazione nascondendosi in bagno, e che rientrando in classe con lo sguardo sfidante di uno che «l'ha fatto per principio», passa vicino al tuo banco e ti dice (o ti scrive su un bigliettino) la cosa più divertente e intelligente di tutta la giornata. E non è degli altri che ti ricordi, ma di lui.

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