Molte fedi sotto lo stesso cielo

Cosa ha detto Jelloun sul terrorismo martedì sera al Conca Verde

Cosa ha detto Jelloun sul terrorismo martedì sera al Conca Verde
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«Diciamoci la verità: di Islam si parla troppo e male»: esordisce così Daniele Rocchetti, il segretario provinciale delle ACLI bergamasche, senza giri di parole. È questo lo spirito della rassegna Molte fedi sotto lo stesso cielo, specialmente quando l’ospite è qualcuno del calibro di Tahar Ben Jelloun, già autore de Il razzismo spiegato a mia figlia, che mercoledì sera al Cinema Conca Verde è stato intervistato sul suo ultimo libro, Il terrorismo spiegato ai nostri figli. È proprio perché ragioniamo per luoghi comuni che dopo gli attentati «rimbalzano stereotipi e pregiudizi nei confronti del mondo islamico - prosegue - svalutando una religione millenaria portatrice di una cultura e di una fede straordinaria». Rocchetti lo dice con convinzione, la stessa che lo accompagna nella sua fede cristiana: «Bisogna conoscere e spiegare, che non significa né scusare né giustificare».

 

 

Dieci anni di Molte Fedi
"Il terrorismo spiegato ai nostri figli", con Tahar Ben Jelloun,scrittore, in dialogo con Marco Belpoliti, docente universitario

Pubblicato da Molte fedi sotto lo stesso cielo su Martedì 14 novembre 2017

 

Il desiderio di morte. A condurre l’incontro è Marco Belpoliti, il docente di letteratura italiana dell’Università di Bergamo «che ci ha fatto amare Primo Levi». Le sue domande sono brevi e precise: «Che cosa c’è nella testa di questi islamici, sempre più giovani, che si suicidano?». Ben Jelloun precisa immediatamente: «Prima di tutto non si suicidano, offrono la loro vita» per un paradiso che non trovano in terra. Ben Jelloun è sconvolto: «Per la prima volta si è riusciti a cambiare il desiderio di vita dei più giovani in desiderio di morte» grazie a una propaganda martellante che persuade a volere di più. «Meritate di meglio, dicono, perché l’Occidente ha colonizzato i vostri genitori, umiliando i vostri valori e la vostra religione».

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Quale Islam? L’Islam è al cuore di questa tragedia, spiega Ben Jelloun, ma quale Islam? «Maometto fonda una religione basata sul rispetto innanzitutto dei predecessori, riconoscendo come profeti Gesù e Abramo». Nel corso della storia, però, si è imposta una linea interpretativa letterale, quella del cosiddetto Wahhabismo, «una caricatura, contraria ai valori fondamentali dell’Islam» come innanzitutto il divieto assoluto di darsi la morte. Ma se questo islam dura e anzi «appare più forte» è anche per una responsabilità dell’Occidente, che ha tollerato o ignorato le dittature che soffocavano ogni tentativo di proclamazione di libertà «come la primavera araba che ci è stata strappata dalle mani».

 

 

Un terrorismo molecolare. Neppure i musulmani si sentono al sicuro: non bisogna dimenticare che «il cosiddetto terrorismo islamico ha fatto più vittime tra loro che tra di noi». Per Belpoliti è un terrorismo «molecolare» fatto di cellule indipendenti, «privo di un’identità o appartenenza ad esempio politica» come accadeva in Italia negli anni di piombo. Ben Jelloun conferma: si tratta di un terrorismo senza religione che «uccide senza distinzione»: lo dimostra il caso di qualche settimana fa a Las Vegas, «perpetrato da un disperato» interessato solo a uccidere il maggior numero di persone. «Questi animi fragili sentono bisogno di celebrità, anche postuma». Sono casi solitari come quello dell’accoltellamento di due studentesse a Marsiglia, spiega l’autore: «attentati non pianificati per farsi riconoscere dall’ISIS, come quando si vuole fare un regalo per ingraziarsi qualcuno».

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L'educazione. La democrazia non ha ancora gli strumenti per affrontare direttamente «un nemico invisibile e senza volto». In Marocco il sistema dei vigilantes funziona perché tutta la popolazione si sente coinvolta, ma «anche se non si registrano attentati da cinque anni non passa un mese che non si scopra una cellula terroristica». Il vero problema risiede più in là, e può essere risolto solo nell’educazione: «Mi affido molto alla pedagogia ed è per questo che vado molto spesso nelle scuole. L’istruzione sin dai primi anni ci permette di scongiurare queste orribili derive». Belpoliti non può che concludere citando Primo Levi: «Ne I sommersi e i salvati, Levi dice di non aver mai conosciuto dei mostri, nemmeno nei campi di concentramento: erano solo stati educati male. L’importanza dell’educazione è fondamentale ed è un compito che noi adulti dobbiamo assumerci».

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