Terrore sul bus alle porte di Milano

Elogio dei carabinieri eroi che hanno sventato l’apocalisse

Elogio dei carabinieri eroi che hanno sventato l’apocalisse
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Sono loro gli indiscussi eroi che hanno evitato un’apocalisse alle porte di Milano. Non sono teste di cuoio attrezzate sino ai denti. Non sono forze antiterrorismo allenate per affrontare i casi di eccezionale emergenza. Sono semplici appuntati dei carabinieri delle stazioni di Segrate e San Donato, paesoni alle porte di Milano. Quando è arrivata al 112 la telefonata di Rahmi, il ragazzino dodicenne che, coperto dai compagni, era riuscito a dare l’allarme, come primo merito non hanno sottovalutato l’emergenza.

Erano le 11,50 quando al centralino è arrivata la chiamata. Un pullman con a bordo 51 ragazzini della scuola media Vailati di Crema più tre insegnanti accompagnatori è stato preso in ostaggio dall’autista di origine senegalese che vuole prendere la rotta per Linate e lì dare fuoco al mezzo. Alle 12 le prime auto dei carabinieri avevano già intercettato il mezzo, all’altezza di Pantigliate. Dieci minuti solamente erano passati. Lì è iniziato la manovra di accerchiamento calmo: una pattuglia si mette davanti, un’altra impedisce all’autista attentatore di imboccare uno svincolo che avrebbe portato su una strada dove tutto sarebbe diventato più complicato. «Abbiamo visto che davanti c’era margine di manovra», ha raccontato l’appuntato scelto Simone Zerbilli, in forza alla stazione di Segrate. «Lo abbiamo superato, ci siamo messi di traverso per chiudergli gli spazi. Lui ha speronato una nostra pattuglia, ma proprio a causa degli speronamenti il bus ha rallentato molto sino a fermarsi».

 

 

Sappiamo com’è andata a finire: mentre con le auto è stato accerchiato e poco alla volta bloccato il mezzo, altri carabinieri con i bastoni di ordinanza, i tonfa, spaccavano il vetro posteriore e aiutavano poco alla volta i bambini a uscire. Con ordine, senza panico, l’operazione è filata via come neppure il miglior copione avrebbe potuto prevedere. Quando è scesa per ultima una delle insegnanti, era ormai inseguita dalle fiamme.

 

 

Immaginassimo una scena così in un film americano, avremmo forze dell’ordine con giubbotti antiproiettile, elicotteri che volano a tener sotto controllo la situazione, armi pesanti appostate nei dintorni. Invece mercoledì mattina alle porte di Milano, in una giornata di quelle con il solito traffico intenso, c’erano semplicemente sei carabinieri, con le loro divise da appuntati, i loro cappelli con tanto la fiamma simbolo a tredici punte. Niente di più. Erano in buona parte padri di famiglie e quindi si sono mossi come se su quel pullman ci fossero i loro figli, con la calma e quella sicurezza dei gesti che solo i padri hanno per dono naturale.

C’era il maresciallo Roberto Manucci, padre di due bambini della stessa età dei sequestrati. È capo della stazione di Paullo. «Quando siamo arrivati, i bambini bussavano sui vetri, battevano, chiedevano aiuto», ha raccontato. E c’era ansia perché il fuoco che intanto aumentava e non era chiaro quanti fossero i ragazzini sul pullman. Alla fine hanno capito che erano tutti in salvo. Senza nessun ferito e senza aver sparato neppure un colpo di pistola. A Hollywood forse un copione così non piace, ma per noi i veri eroi sono questi italianissimi carabinieri un po’ papà che vincono senza colpo ferire.

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