La polemica

Il figlio si lamenta su Facebook e il preside lo minaccia di querela

Il figlio si lamenta su Facebook e il preside lo minaccia di querela
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«Signor Paravisi?» «Sì?» «La devo querelare!». Gran bella notizia, specialmente se non volevate rispondere al telefono perché siete in pausa pranzo. La causa di tutto è vostro figlio e voi non lo sapete neanche. Deve essergli andato di traverso il boccone ad apprenderla, al signor Paravisi. La denuncia nei fatti non è ancora partita, ma il preside ci sta pensando seriamente. Martedì 9 ottobre, sono le 22.15, il figlio Flavio ancora minorenne scriveva su Facebook che al pomeriggio i bidelli della scuola elementare Aldo Moro aprono il cancello d'ingresso alle 14-14.05, «se va bene», anziché alle 13.55 come prevede il regolamento. «Questo perché si fermano a chiacchierare con i docenti o a fumare, invece che svolgere il loro lavoro». Aggiunge che più di una volta le rappresentanti di classe sono entrate a scuola per sollecitarli e si augura che «qualcuno in grado di dare una svegliata a queste persone» gli rammenti che sono pagate anche per questo.

 

 

Il giorno dopo, alle 13.10, al signor Paravisi squilla il cellulare; dall'altra parte della cornetta non si presentano, ma lui capisce che è il preside della scuola, che esordisce come si è detto. Preferisce lasciar perdere per il momento, perché, scusi tanto, una pausa è una pausa, soprattutto al lavoro, e in più non ha nemmeno letto il post, perciò come si fa a parlarne. Chiude la telefonata, il preside non ci sta e richiama: il suo tono «da gallo cedrone» invita il Paravisi ad assumerne uno altrettanto raffinato e, prima di chiudere per la seconda volta la telefonata, vola un «non rompermi i coglioni» che più chiaro di così non si può. «Io ora sono disponibile a discutere della questione con chi che sia, ma solo se si usano modi e tempi giusti, perlomeno con un minimo di intelligenza costruttiva e non con parole ed azioni che sembrano utilizzate solo per gonfiare il petto e reagire a una stizza. Non ho problemi a rispondere a tono e passare per cafone ed incivile: se ho un contraddittorio con chi ti appella ripetutamente e sarcasticamente con “signore” e poi ti tratta con zero rispetto pensando di avere a che fare con uno dei suoi studenti, non posso da mia natura fare altro». E conclude lo sfogo: «Bastava prendere le cose per quelle che sono, informarsi della veridicità ed eventualmente porvi rimedio. Se invece vuole parlare di querele, lo faccia nei modi e nei tempi corretti senza disturbarmi ulteriormente per far...

 

Per leggere l’articolo completo rimandiamo a pagina 47 di BergamoPost cartaceo, in edicola fino a giovedì 25 ottobre. In versione digitale, qui.

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