Una storia di 142 anni

I gesuiti lasciano Bergamo

I gesuiti lasciano Bergamo
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Dopo 142 anni i gesuiti lasceranno la nostra città. I quattro padri rimasti, due sacerdoti e due “fratelli”, abbandoneranno il convento all’angolo tra via San Giorgio e via Quarenghi, e la chiesa e le altre proprietà passeranno alla diocesi di Bergamo. Come spiega l’edizione locale del Corriere della Sera, il viceprovinciale, padre Claudio Barretta, in una lettera al vescovo di Bergamo ha parlato di una «impossibilità di venire incontro alle esigenze dei nostri confratelli progressivamente più anziani». La prima comunicazione alla Curia è stata fatta nel settembre scorso, per l’inizio dell’estate si dovrebbe concludere la storia cittadina della Compagnia di Gesù.

 

 

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Quattro, come agli inizi. I gesuiti presenti oggi nella chiesa di san Giorgio sono lo stesso numero di quelli che avevano iniziato: quattro. Hanno tutti un’età avanzata e il superiore che li dirige è padre Diego Brunello, vicentino di 86 anni. Della piccola comunità fanno parte padre Luigi Rossini, milanese di 89 anni, ex missionario in Brasile, e due fratelli laici, il bergamasco Pietro Rusconi, 77 anni, che si divide tra Ciad (dove vive sei mesi l’anno e ha realizzato diverse opere sociali), Val Gardena e Bergamo, e Orlando Zanatta, 85 anni, un veneto arrivato due anni fa.

Attualmente i gesuiti gestiscono l’ex oratorio di San Giorgio tramite una fondazione che ne dirige e coordina le attività. Con questo ente collabora anche “La fabbrica dei sogni”, un gruppo di laici che da 15 anni si occupa dei figli degli immigrati, aiutandoli nel doposcuola e organizzando attività ricreative per il pomeriggio. Esperienze che potrebbero continuare anche dopo l’addio dei sacerdoti. Il convento - che intorno agli anni ’50 era arrivato a ospitare fino a 16 gesuiti - è stato dato in comodato gratuito all’associazione “Comunità e famiglie” di Milano, un’esperienza in cui si condividono molti aspetti della vita. In questo luogo c’è lo spazio per almeno cinque famiglie. Al momento ce ne sono tre. All’inizio le famiglie ospitate erano nuclei numerosi o disposti a prendere in affido bambini abbandonati. Ma la burocrazia rallentava queste procedure. Allora la scelta è stata quella di ospitare ragazzi disabili, facendo loro compagnia durante la giornata e aiutandoli a trovare un lavoro.

I padri gesuiti, per far posto a queste iniziative, si sono trasferiti nelle stanze che si trovano proprio sopra la chiesa di san Giorgio. Sono ancora attivi e oltre alle Messe quotidiane e alle confessioni nella loro chiesa, quando occorre prestano servizio anche a Sant’Alessandro in Colonna, della cui parrocchia San Giorgio fa parte. In particolari periodi liturgici, i gesuiti organizzano ancora qualche ritiro spirituale, anche se i fedeli iniziano a scarseggiare. «Sono stato missionario in Brasile per 44 anni – racconta padre Rossini - in parrocchie grandi come una nostra diocesi. Lì ho trovato gente entusiasta di andare in Chiesa. Lo si vedeva nel modo che avevano di cantare: avevano sete di Dio. Qui, invece, sono tutti rassegnati».

La chiesa e le proprietà. Nella sua lettera, padre Barretta ha assicurato al vescovo che terrà fede alla convenzione firmata fra Ordine e curia nel 1895. E quindi, «al momento della riconsegna della chiesa verranno rese disponibili alla diocesi di Bergamo anche le pertinenze della stessa, senza alcun corrispettivo». Così oltre alla chiesa sarà ceduto gratuitamente il convento, 1.500 metri quadrati, realizzato dai francescani nel 1833 e passato quarant’anni dopo ai gesuiti, insieme ad altre proprietà sparse, come il Teatro Prova. Del passaggio dei beni dalla Compagnia di Gesù alla Diocesi si occuperà una commissione e non è escluso che i gesuiti potrebbero limitarsi a cedere la chiesa e cercare di vendere il resto, perché c'è qualche dubbio sulla possibilità di un passaggio totalmente gratuito.

 

Gesuiti-espulsi

 

Storia dei gesuiti a Bergamo. Nella nostra città i gesuiti sarebbero dovuti arrivare già nel 1573, a poco meno di quarant’anni dalla fondazione della Compagnia di Gesù, ma ciò non fu possibile perché alla richiesta formale del vescovo seguì il diniego espresso dal Consiglio della Città che, in accordo con le disposizioni di Venezia (a quel tempo Bergamo era sotto il controllo della Serenissima), non intendeva introdurre nuovi ordini religiosi sul proprio territorio. Simile risultato nel 1602. Dal 1700 alcuni padri della Compagnia arrivarono a Bergamo: il Consiglio della Città aveva infatti concesso al venerando Consorzio della Misericordia di chiamarli per l’insegnamento nel Collegio Mariano. La città pretese comunque che i gesuiti limitassero le loro attività esclusivamente al piano didattico e nell’ambito del collegio. Sul fatto che però l’ordine si attenesse a queste disposizioni c’è qualche dubbio. E in effetti sono tantissime le donazioni e le disposizioni testamentarie di quegli anni in loro favore.

Per vedere i gesuiti finalmente presenti senza ostilità sul territorio bergamasco bisognerà attendere il 1854, quando il vescovo Luigi Speranza,  riuscì, dopo tante resistenze anticlericali e massoniche, ad agevolare il loro ingresso a Bergamo. L’occasione gli fu offerta dall’allora prevosto di Sant’Alessandro in Colonna, al quale permise di chiamare i padri gesuiti come cappellani della chiesa sussidiaria di san Giorgio. E così il 9 dicembre 1874 un gruppetto di quattro gesuiti entrava in San Giorgio, guidato da padre Giovanni Mai, che per circa vent’anni fu il superiore di quella prima esperienza. Nel 1895 fu stipulata tra la curia vescovile di Bergamo e i padri Gesuiti la convenzione che, con vari aggiornamenti, dura ancora oggi.

I gesuiti e i bergamaschi. La prima approvazione della Compagnia di Gesù fu fatta da Paolo III nel 1540. Ma il 16 agosto 1773 Clemente XIV soppresse l'istituto perché in breve tempo l’ordine dei gesuiti esercitò un’influenza politica in grado di contrapporsi allo stesso Stato della Chiesa, oltre che ad alcuni poteri statali. Dopo diverse pressioni da parte di alcuni sovrani, e per preservare la pace nella chiesa, il papa di allora scelse di cancellare l’ordine. Quarantun anni dopo, però, Pio VII l’avrebbe ricostituito con la bolla papale Sollicitudo Omnium Ecclesiarum. Nel 1956, ricordando quelle antiche vicende, il futuro papa Giovanni XXXIII, allora cardinale di Venezia, scrisse una lettera al superiore dei gesuiti della città lagunare nella quale ricordò il contributo decisivo dei bergamaschi alla rinascita dell'ordine di Sant'Ignazio di Loyola: «Quando nel 1814 si riuscì a ristabilire la Compagnia - scrive Roncalli -, cinque dei primi otto o nove novizi, che risposero alle sollecitazioni di San Giuseppe Pignatelli, furono bergamaschi, meritatamente noti ai loro conterranei, che tuttora ne tramandano i nomi, quali io risentii pronunciare con grande riverenza e venerazione».

 

Gesuiti bergamaschi illustri

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[Il cardinale Angelo Mai]

 

Gian Pietro Maffei (1533-1603) è uno tra i primi bergamaschi a entrare nella Compagnia di Gesù. Entra a far parte di questo ordine nel 1565 dopo aver tenuto la cattedra di eloquenza a Genova ed esser stato nominato magnifico segretario della Repubblica. Scrisse opere notevoli, tra cui una vita di Ignazio di Loyola ma anche un’opera sul Giappone e una sulle Indie.

Domenico Cerasola (1682-1743) fu autore di componimenti, sonetti, madrigali e canzonette generalmente di ispirazione mistica, pubblicate con il titolo di Rime sacre.  Del Cerasola si racconta che, pur essendo addetto a semplici mansioni, come quella di portinaio nella casa del noviziato in Roma, abbia imparato a memoria tutto il Canzoniere del Petrarca.

Gerolamo Tiraboschi (1731-1794) successore del Muratori nella direzione della Biblioteca Estense di Modena, è universalmente noto come padre della moderna storia della letteratura, avendo egli composto, con un lavoro decennale, la Storia della letteratura italiana.

Ottavio Morali (1763-1826) originario di Bonate fu professore di letteratura greca e bibliotecario di Brera a Milano. Nel 1808 curò un’edizione dell’Orlando Furioso e fu autore di un vocabolario greco-italiano.

Angelo Mai (1782-1864) originario di Schilpario, fu tra i più noti filologi dell’Ottocento. Fu prefetto della Biblioteca Ambrosiana e poi della Vaticana, divenne cardinale nel 1838. La sua fama è dovuta a sensazionali scoperte di testi antichi e in parte consacrata dalla famose ode che Leopardi per questo motivo gli intitolò.

Antonio Moscheni (1854-1905) entrò nell’ordine gesuita nel 1837 diventando missionario in India dove morì il 15 novembre 1905. Prima di consacrarsi fu pittore lasciando opere nel santuario della Madonna dei Campi di Stezzano, oltre che in altre chiese del territorio bergamasco e del bresciano.

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