Chi c'è dietro

La nuova frontiera dei diamanti Si raccolgono sul fondo del mare

La nuova frontiera dei diamanti Si raccolgono sul fondo del mare
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Nel 2019 accadrà un fatto importante destinato a segnare la lunga e leggendaria storia della pietra più preziosa e più sognata che ci sia: la domanda mondiale di diamanti supererà l’offerta. Questo accade in particolare perché le grandi miniere della Namibia, gestite in particolare dal colosso della De Beers, sono in via esaurimento. Sono lontani i picchi di produzione del 2006, quando vennero estratti 177 milioni di carati. Negli ultimi anni ci si è assestati sui 144 e in previsione si andrà a scendere. Come fare quindi a rispondere a una domanda oltretutto in crescendo da quando il mondo ricco sembra essersi lasciato la grande crisi alle spalle?

 

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La nuova frontiera. Ovviamente i grandi produttori non sono stati a guardare e già da anni hanno investito sulla nuova frontiera: le ricerche sui fondali marini, al largo delle coste dell’Oceano Atlantico. Si sa che che si tratta di fanghi ricchi, e si sa che i diamanti dell’Oceano sono più puri di quelli estratti in terraferma. Per questo andremo verso un notevole rincaro in prospettiva, anche perché i costi in mare sino molto più elevati che nelle tradizionali miniere: il prezzo potrebbe passare dai quasi 200 dollari a carato di oggi agli oltre 500 dollari di domani.

La De Beers ha avuto in concessione una zona di mare di sei chilometri quadrati e ha allestito una delle gigantesche navi adibite alla ricerca. Si tratta di un’imbarcazione di 170 metri di lunghezza, che sono dotate di uno speciale trattore con lunghissimi bracci che viene immerso a 150 metri di profondità. Da lì scava a domanda in superficie materiali sedimentosi che vengono setacciati a bordo, al ritmo di ben 60 tonnellate all’ora (sulla nave lavorano 150 persone). Il materiale viene ributtato in mare, mentre i diamanti trovati vengono immediatamente portati con elicottero nella sede della società, nella capitale della Namiba, Vindhoek.

 

 

Chi c'è dietro. La De Beers, compagnia sudafricana, nei singoli Paesi lavora in joint venture con compagnie locali statali. In Namibia è la Namdeb. Ma tra i maggiori azionisti della società c’è la Anglo American, compagnia inglese specializzata in esplorazioni minerarie, tra le maggiori al mondo, che possiede il 45 per cento del capitale. Ed era stato proprio il governo inglese, quando alla guida c’era David Cameron, a incentivare la scommessa delle ricerche nei bassifondi marini. Da alcune proiezioni risultava infatti che l’estrazione nell’Oceano potrebbe fruttare al Regno Unito nei prossimi 30 anni un tesoro di 40 miliardi di sterline. Del resto le zone di mare per ora setacciate corrispondono solo al 3 per cento dell’area avuta in concessione. Quindi lo spazio per le ricerche è ancora in gran parte da esplorare.

Inoltre bisogna sapere che la De Beers ha il controllo del 40 per cento della produzione di diamanti a livello mondiale e quindi è arbitra dei prezzi di questo che è un bene di lusso ma che sempre più viene anche visto come bene d’investimento. Beati gli eredi di Ernest Oppenheimer, il fondatore della De Beers, ma anche artefice della creazione della Anglo American, di cui la famiglia è a su volta azionista.

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