In Val di Fiemme

La strage degli abeti di Stradivari nella mitica foresta di Paneveggio

La strage degli abeti di Stradivari nella mitica foresta di Paneveggio
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Veniva sin quassù dalla sua Cremona il più famoso costruttore di violini del mondo, Antonio Stradivari. E non veniva solo lui, ma tutti i più bravi maestri liutai. Venivano in Val di Fiemme, nella foresta di Paneveggio, dove cresce l’abete rosso, che fornisce il legno dalla risonanza perfetta per le casse degli strumenti musicali. Sono alberi secolari, perché il legno che cercavano Stradivari e i suoi colleghi era legno di alberi con 150 anni di vita. Quegli alberi sui quali la notte tra martedì e mercoledì si è abbattuto un vento a 200 chilometri orari, facendo una strage di alberi. Come ha annunciato giovedì Paolo Kovac, guardia forestale e responsabile del bosco di Paneveggio, un quinto degli abeti rossi è stato abbattuto dal vento. «Soffiava a 200 km orari. Un evento che non succedeva da anni. Per fortuna questa volta è accaduto di notte e le persone non hanno corso pericoli». L’età media degli alberi era di 130 anni e quindi si può capire quanto tempo ci vorrà per ricostituire il patrimonio.

 

 

Perché Stradivari, come pure Amati o Guarnieri del Gesù venivano qui a cercare il legno? Gli abeti rossi sono caratterizzati da anelli di accrescimento annuali particolarmente sottili e regolari che hanno assenza di imperfezioni o difetti. Questo insieme di caratteristiche viene acquisito dall’abete non prima dei 150 anni di vita, anche grazie alla sua lenta crescita in un clima particolarmente rigido. Ma c’è anche un’altra caratteristica misteriosa che i maestri venivano cercando: l’abete perfetto è un particolare tipo di abete di risonanza, chiamato abete “maschio”, perché ha delle introflessioni degli accrescimenti negli anelli concentrici. In sostanza un’unghia che può apparire un difetto e che invece garantiva una perfezione dal punto di vista musicale.

 

 

Paradossalmente la foresta sino a pochi giorni fa era più in salute che in passato: due secoli fa infatti aveva un’estensione pari a un terzo di quella attuale a causa dello sfruttamento intensivo per rifornire di legname i cantieri della voracissima Repubblica di Venezia. Nel corso della prima guerra mondiale, poi, il fronte l’attraversò per quasi tutta la zona e si fece una vera incetta di alberi per tutte le necessità logistiche.

Come racconta Paolo Kovac ogni anno vengono tagliati quattromila metri cubi di legno, e solo un centesimo si rivela adatto al ben più remunerativo mercato “musicale”. L’abete rosso per violini vale cinque volte quello normale, cioè seicento euro al metro cubo contro centodieci. Ora la strage rischia di terremotare tutti i valori, perché la massa degli alberi abbattuti andrà rimossa al più presto e gonfierà le riserve di mercato facendo scendere i prezzi. Il rischio che marciscano sul luogo infatti è da scongiurare, perché potrebbero procurare infezioni agli abeti rimasti in piedi.

 

 

Il futuro del bosco deve fare anche i conti con la crescita del numero dei cervi, una vera minaccia per gli abeti giovani. Ma gli abeti continueranno ad essere un simbolo di questo connubio tra natura e musica. Infatti come ogni anno anche nel 2019 si rinnoverà il rito del festival diretto da Claudio Delvai, il Bosco che suona, a cui di volta in volta partecipano i più famosi violinisti del mondo.

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