L'acceso dibattito

Assemblea sul futuro della Ponchia «Ma quindi adesso ci sgomberate?»

Assemblea sul futuro della Ponchia «Ma quindi adesso ci sgomberate?»
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Non poteva di certo essere un incontro senza dibattito: in via Leonardo da Vinci, al centro anziani, l'assessore alla Riqualificazione urbana Francesco Valesini, l'assessore ai Servizi sociali Maria Carla Marchesi e Luca Rizzi della cooperativa Ruah hanno presentato il progetto di housing sociale che nascerà all'interno della cascina Ponchia, composto da nove alloggi che ospiteranno 29 donne in difficoltà, vittime di violenza o costrette per ragioni di questo genere a doversi allontanare da casa. Una proposta di progetto partita dalla Comunità Ruah, per il quale però sarebbe lanciato un appalto: potrebbe anche non essere realizzato dalla Ruah, ma da eventuali cooperative entranti, che comunque dovrebbero attenersi alla bozza definita da Ruah e Comune di Bergamo.

 

[Il progetto di housing sociale presentato da Comune e Ruah]

 

È la prima volta che viene presentato un progetto concreto comunale relativo alla cascina Ponchia dai tempi dell'abbandono. Un progetto che costerà circa un milione e mezzo di euro, che saranno stanziati dalla cooperativa che si occuperà di realizzarlo (verosimilmente, la Ruah stessa). Ma c'è un «convitato di pietra», come fa notare qualcuno dalla platea durante la presentazione. La prima ora di assemblea scorre in un clima di calma apparente. Valesini, Rizzi e Marchesi si limitano a esporre il progetto. La storia recente della cascina è nota a tutti: nel 2013, il Kollettivo Autogestito Popolare ha deciso di occupare l'edificio per dare vita a un progetto sociale che negli anni è cresciuto e ha, di fatto, diviso il quartiere tra sostenitori che negli anni hanno imparato ad apprezzare le attività organizzate dal Kollettivo e detrattori che guardano con diffidenza l'esperienza della Kascina o che auspicano iter più istituzionali per il futuro della Ponchia.

Una piccola mostra all'ingresso del Centro Anziani sintetizza in immagini questi cinque anni di occupazione, che si sono tradotti in attività sociali di vario tipo: sedute di fisioterapia, cineforum, concerti, corsi di lingua, feste organizzate in piazza. Insomma, una serie di progetti nel segno della volontà di restituire il luogo al quartiere. I ragazzi del Kollettivo sono presenti in massa all'assemblea nella sala gremita (la questione della cascina è molto sentita nel quartiere da ormai più di vent'anni, tra l'abbandono nel 1997 e i vari bracci di ferro con il Comune per scongiurare la vendita a privati dell'immobile) e, al termine della presentazione del progetto, Stefano, uno dei rappresentanti del Kollettivo, legge il comunicato pubblicato dal Kollettivo nei giorni scorsi e indirizzato al Comune. In un'intervista rilasciata a BgReport sempre nei giorni scorsi, Stefano aveva già chiarito la posizione del Kollettivo in merito al progetto in sé: «Il progetto di housing sociale è un progetto su cui noi siamo d'accordo e che ci interessa». Quello che i ragazzi contestano al Comune è l'ambiguità dei rapporti che sono intercorsi tra Kollettivo e Palafrizzoni negli ultimi anni: «In tutto questo periodo vi siete limitati a un unico contatto ufficiale nel 2014 e a qualche sporadica e informale comparsa legata perlopiù a progetti emergenziali, senza mai presentare soluzioni a lungo termine, non presentandovi per ben due volte ad appuntamenti in cascina in cui sareste dovuti venire a fare dei rilievi».

 

 

I ragazzi e alcuni presenti sottolineano che esiste già, con l'esperienza del Kollettivo, una realtà sociale e pubblica che ha già fatto rivivere la Ponchia, interrogandosi sulla necessità di sostituire un progetto sociale già esistente e avviato. Inoltre i ragazzi, e anche alcuni partecipanti “laici” all'assemblea, avanzano il dubbio che si tratti di un progetto realizzato per propaganda elettorale, vista l'imminenza delle elezioni comunali. La discussione, dopo l'intervento dei ragazzi del Kollettivo, si anima e alla fine l'incontro durerà quasi tre ore. Alcuni si esprimono a favore dell'esperienza della kascina («State piantando una margherita dove già c'era una rosa», dice una cittadina; «Cosa ha fatto il Comune per legittimare un progetto che, pur partendo con un atto illegale, si è tradotto in un'esperienza di integrazione e socialità che ha saputo coinvolgere il quartiere e ridare vita a un luogo che altrimenti sarebbe stato svenduto?»); altri rievocano una raccolta di trecento firme risalente al 2004, mossa anche allora dall'intento di scongiurare la svendita della cascina, ricordando che allora l'obiettivo era fare sì che la cascina continuasse a essere un luogo sociale, motivo per cui il progetto di Ruah e del Comune è da accogliere «a braccia aperte, senza puzza sotto il naso».

Ma Valesini e Marchesi sono irremovibili: «A parte la questione ideologica di fondo che ha spinto all'occupazione, che è di opposizione alle istituzioni – risponde Valesini al comunicato del Kollettivo –, vivere in una comunità significa rispettare delle regole. Se un progetto inizia senza che si seguano gli iter stabiliti dalla legge della comunità stessa, diventa tutto più difficile, non può esserci dialogo. È anche una questione di equità: ci sono decine di associazioni con progetti interessantissimi che però rispettano gli iter previsti senza questo genere di atti. Inoltre, il progetto per la Ponchia è potuto arrivare solo ora, quando una cooperativa esterna al Comune si è resa disponibile a stanziare quei fondi che il Comune non avrebbe avuto». Marchesi poi spiega: «Si è scelto un progetto di housing sociale perché al momento quella è una delle necessità più urgenti». Al termine del dibattito, ragazzi e ragazze del Kollettivo chiedono: «Ma quindi ci sgomberate?». La risposta dell'assessore Marchesi è tranciante: «Ah, vedete voi».

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