Dal tecnico informatico all'agricoltore

Le settanta professioni più richieste

Le settanta professioni più richieste
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Con il consueto rapporto sullo stato di salute del lavoro in Italia, l’Istat ha individuato quelle che, negli ultimi anni, sono state le figure professionali più richieste. L’eterogeneità è sbalorditiva: si passa dal tecnico informatico all’agricoltore. I dati riportati sono molto interessanti, poiché, in un mercato del lavoro che fra il 2011 e il 2014 ha visto complessivamente scendere il numero di lavoratori impiegati di ben 320mila unità, le professioni citate dall’Istat hanno visto incrementare i propri assunti di 1,4 milioni. E si sta parlando, specifica l’Istat, di circa una settantina di professioni su un totale di poco più di 500 individuate. L’istituto di ricerca ha suddiviso il tutto in quattro macro-categorie, in base alle caratteristiche del ruolo e alle competenze richieste. Il risultato è sorprendente, ed è un brutale schiaffo a tutti coloro che sono convinti che per avere la certezza di un lavoro sia necessario sgobbare per anni sui libri ed avere un laurea.

 

 

Professioni specializzate tecniche. In questa prima categoria, che conta circa 632mila impiegati in Italia, l’Istat ricomprende quelle professioni che richiedono elevate competenze tecnico-meccaniche. È il caso ad esempio dei responsabili della produzione industriale manifatturiera, degli analisti e progettisti di software, degli specialisti in saldature elettriche e degli ingegneri elettrotecnici, o anche degli esercenti di attività ricettive e ricreative, che hanno una più elevata competenza gestionale. Nel complesso, il gruppo delle professioni specializzate tecniche presenta una forte componente maschile (le donne costituiscono solo il 19,4 percento degli occupati), fatta eccezione per i gestori di strutture ricettive, professioni tra le quali la quota di donne rappresenta oltre la metà degli addetti. Queste professioni assorbono una quota maggiore di occupati nell’industria in senso stretto, nei servizi di informazione e comunicazione, e nelle costruzioni. La quota di giovani sotto ai 35 anni è pari al 21,2 percento, e l’incidenza aumenta con riferimento all’ambito informatico e ingegneristico. In sintesi, una buona preparazione data da un istituto professionale può garantire maggiori sbocchi lavorativi di molti corsi di laurea.

 

 

Professioni specializzate non tecniche. Questa categoria è, invece, quella riguardante soprattutto soggetti che hanno frequentato un corso universitario. Si tratta di professioni con competenze di carattere gestionale, economico e amministrativo (responsabili commerciali, di comunicazione e analisti marketing); educatori e docenti con elevate competenze di tipo relazionale (ascolto, capacità di insegnare, selezionare metodi e procedure appropriate) e di gestione del tempo; professioni nell’ambito sanitario che coniugano competenze scientifiche con capacità relazionali orientate a soddisfare le esigenze di altre persone. In questo gruppo, come accennato, si riscontra la quota maggiore di occupati con alto titolo di studio (46 percento) e una più numerosa presenza di donne (58 percento). È una categoria che complessivamente raccoglie 2,1 milioni di professionisti.

 

 

Professioni tecniche operative. Si tratta delle professioni più strettamente operaie e manuali, che raccolgono quasi il 20 percento della popolazione occupata. È l’unico gruppo che coinvolge anche professioni del settore agricolo (operai agricoli, conduttori di trattori, allevatori), oltre a manutentori del verde, costruttori di determinati utensili, assemblatori di apparecchiature elettroniche, cuochi in alberghi e ristoranti. Rispetto alle altre categorie, sono quelle che includono la quota più elevata di giovani (26 percento) e, allo stesso tempo, quella più bassa di laureati (3 percento). Nonostante gli anni di crisi delle imprese, con le conseguenti difficoltà per chi possiede un’azienda di assumere impiegati addetti a mansioni operaie, le occupazioni in questo genere di professioni sono aumentate di quasi il 14 percento.

 

 

Professioni elementari. L’Istat le definisce così poiché sono occupazioni che non richiedono un particolare livello di preparazione preliminare. Eppure, quasi 2,5 milioni di lavoratori in Italia sono impiegati in questo genere di mansioni, e negli ultimi anni le assunzioni sono cresciute addirittura del 45 percento. Si tratta soprattutto di badanti, servizi di pulizia di uffici e negozi, magazzinieri, livelli esecutivi nei servizi sanitari e sociali, addetti alle mense, custodi, camerieri, cassieri, autisti. Circa due occupati su tre sono donne, poco meno di uno su tre è straniero, la metà possiede un basso titolo di studio.

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