La tragedia sabato notte

Quel nulla che sappiamo dei 700 morti nel Mediterraneo

Quel nulla che sappiamo dei 700 morti nel Mediterraneo
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«Eravamo quasi mille, intrappolati nella stiva come topi». Sono le prime parole dei pochi sopravvissuti alla tragedia avvenuta nelle acque libiche nella notte tra sabato e domenica, la più grande strage del mare forse mai avvenuta. Ancora da definire il bilancio, che s'aggira sempre attorno a cifre angoscianti: potrebbero essere 700 i morti, o forse di più. Poche decine, invece, i sopravvissuti. Le prime testimonianze che arrivano dal Mediterraneo provano a offrire dettagli più netti di quanto successo: «C’eravamo noi, due pescherecci italiani, un’imbarcazione della vostra Marina. E intorno solo silenzio. L’acqua era ferma, nessuno sciabordìo, nessun grido. Che fosse così grave l’abbiamo saputo adesso. Ma i numeri non hanno importanza, tanto non lo sapremo mai quanti erano davvero, come sempre», racconta un marinaio del mercantile Conquest al Corriere della Sera, una tra le prime navi che hanno tentato di portare soccorso ai migranti del barcone affondato al largo di Tripoli.

 

 

La dinamica. Il luogo della tragedia è stato individuato a 100 chilometri a nord della costa libica, più di 200 chilometri lontano da Lampedusa. Le prime ricostruzioni stabiliscono che la nave, un'imbarcazione di una ventina di metri partita dall'Egitto e poi fermatasi in Libia a caricare altre persone, avrebbe inviato un messaggio d'aiuto alla mezzanotte di domenica: in preda alle onde, faticava a proseguire la sua navigazione verso l'Italia. «Help, help, we are too many on the boat, help!». In suo soccorso è stato mandato un mercantile portoghese, il King Jacob, che transitava in zona. La gente, sull’imbarcazione era ovunque: sul ponte si faticava a trovare un posto vuoto, in tanti erano aggrappati ai corrimani, qualcuno ha trovato un buco in torretta, altri migranti sono stati stipati persino nella stiva e, come purtroppo spesso accade, pure nel vano motore.

 

 

Il ribaltamento. La tragedia è successa quando le persone stipate sulla nave si sono agitate per farsi soccorrere, spostandosi in massa su un lato della nave e causandone il ribaltamento, ha spiegato il comandante del mercantile portoghese. Difficile procedere poi con le operazioni di salvataggio, tra buio e freddo. «Erano tanti, almeno cinquanta, e molti ormai non si distinguevano tra i detriti», sono sempre i racconti dei primi soccorsi. «La nafta che c’era in acqua li ha coperti quasi tutti. Tanti ragazzi, questa è l’unica differenza rispetto al solito. Gli altri corpi sono sparsi nel raggio di 2-3 miglia, con la corrente che li sta trascinando verso Sud. Ormai in quel mare di nessuno ci sono solo i morti».

 

 

I soccorsi. I soccorsi sono iniziati immediatamente, coinvolgendo unità navali della Guardia costiera, della Marina militare italiana e maltese, oltre a mercantili e pescherecci di Mazara del Vallo. Sono stati così recuperati 24 cadaveri, perlustrando un vasto tratto di mare alla ricerca di altri superstiti. I soccorsi sono stati anche condotti per via aerea: aerei militari hanno lanciato zattere e salvagente, in un ultimo disperato tentativo. La temperatura dell'acqua, di diciassette gradi, e le buone condizioni del mare offrono ancora qualche misera speranza. «A bordo eravamo 950, c'erano 40-50 bambini e circa duecento donne», è quanto racconta uno dei pochissimi sopravvissuti. Arriva dal Bangladesh, ora è ricoverato in un ospedale a Catania. Ha riferito che a bordo c'erano migranti da Somalia, Senegal, Nigeria, Algeria, Egitto, Zambia Ghana, Mali e Bangladesh. Erano stipati ovunque nell'imbarcazione, perfino nella stiva. «Io ed altri ci siamo salvati perché eravamo in coperta, gli altri sono annegati ma molti altri sono rimasti prigionieri nelle stive del barcone, perché i trafficanti avevano chiuso i portelloni per impedirgli di uscire, e sono finiti in fondo al mare». Per il resto, di chi è sparito nel buio di questa tragedia, non si sa altro.

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