Ecco cosa prevederebbe

Salvini e le cassette di sicurezza contenenti «centinaia di miliardi»

Salvini e le cassette di sicurezza contenenti «centinaia di miliardi»
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Se ne stavano tranquille, lontane da sguardi indiscreti, chiuse a più mandate; ma ora anche sulle cassette di sicurezza blindate che gli italiani tradizionalmente come "nascondiglio" dei propri gioielli, sta stringendosi il cerchio. Infatti, oltre a beni e preziosi, queste piccole cassaforte custodirebbero anche miliardi di euro in contanti. Com’è noto, le cassette di sicurezza sono un servizio di custodia che gli istituti di credito offrono ai propri clienti e che consente di custodire all'interno di una cassetta vera e propria valori, documenti o oggetti preziosi garantendo un elevato grado di sicurezza. Sono disciplinate dall'articolo 1839 del Codice civile, che recita: «Nel servizio delle cassette di sicurezza, la banca risponde verso l'utente per l'idoneità e la custodia dei locali e per l’integrità della cassetta, salvo il caso fortuito». Il costo medio varia tra i 50 e i 200 euro all’anno, a seconda delle dimensioni. In Italia ce ne sono circa un milione e pare che trovarne una libera non sia semplice.

 

 

Questi tranquilli rifugi sono entrati nell’occhio del ciclone quando Matteo Salvini, intervenendo a Porta a porta, ha annunciato l’intenzione di far emergere i soldi fermi nelle cassette di sicurezza che sarebbero «centinaia di miliardi». «Con una nuova pace fiscale - ha spiegato il vicepremier -, daremmo il diritto di utilizzarli e lo Stato incasserebbe miliardi da reinvestire per la crescita. Si potrebbe far pagare un'imposta e ridare il diritto di utilizzarli». L’idea non è peregrina, visto che a lanciarla era stato un insospettabile come Francesco Greco, procuratore capo di Milano, un uomo certo non di simpatie governative. Lo aveva fatto qualche anno fa nel corso di un convegno, alla presenza dell’allora sottosegretario alla Presidenza del Consiglio, Maria Elena Boschi. L’idea di Greco era quella definita “voluntary disclosure sul contante” custodito nelle cassette (regolare la propria posizione fiscale in cambio dell’uscita dall’anonimato): erano stati avanzati anche dei numeri, che spiegherebbero anche il perché in Italia ci sia così tanto contante in circolazione (sono stati superati i duecento miliardi). Nell’idea del procuratore Greco, i soldi riportati alla luce dovevano esser investiti «in titoli di Stato infruttiferi e nominativi, cedibili solo dopo cinque anni e dedicati alle grandi emergenze del Paese, come scuole, università o terremoti». Insomma, era visto come un modo per rimpinguare le casse dello Stato senza imporre nuove tasse ma vincolando quei soldi a obiettivi che oggi non vengono affrontati per mancanza di risorse.

 

 

L’ipotesi di Salvini è più semplice: prevederebbe un pagamento a «saldo e stralcio» delle imposte a cui assoggettare il denaro riemerso, con un’aliquota interessante perché non elevata. La cosa assomiglia a un «condono», parola che nel vocabolario dei Cinque Stelle è però stata bandita, com’è stato dimostrato in occasione del primo provvedimento di «pace fiscale». Certo, resta il problema di come siano arrivati tutti quei soldi nelle cassette di sicurezza: flussi certamente nella maggior parte poco tracciabili. E resta il problema ancora più grande del perché gli italiani siano così restii all’uso della moneta elettronica: facciamo una media di sole trenta operazioni all’anno, contro una media europea di ben 200...

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