Le nuove disposizioni

Trump, marcia indietro sui migranti (ma si è lontani dalla soluzione)

Trump, marcia indietro sui migranti (ma si è lontani dalla soluzione)
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La decisione presa la scorsa settimana dal presidente americano Donald Trump, di fare marcia indietro sulla manovra restrittiva adottata al fine di scoraggiare l’immigrazione clandestina, chiude un periodo che l’ha visto sotto i riflettori mondiali. La vicenda parte dal provvedimento emanato dal numero uno della Casa Bianca ad aprile, quando ha imposto agli agenti di frontiera al confine con il Messico di separare i minori dall’adulto con cui hanno varcato il confine. Una presa di posizione forte, che ha attirato l’attenzione dei media a livello internazionale.

Il coro trasversale degli oppositori. Una buona parte dello stesso partito repubblicano di cui Trump fa parte si è schierato contro il provvedimento, che l’ex First Lady Laura Bush ha addirittura definito «crudele e immorale». Dopo il clamore dei primi giorni, persino l’attuale prima donna di Washington, Melania Trump, ha espresso il suo dissenso: «La signora Trump odia vedere bambini separati dalle loro famiglie e spera che, al Congresso, i repubblicani e i democratici possano infine raggiungere un accordo per varare una riforma efficace dell’immigrazione», ha dichiarato la portavoce Stephanie Grisham. Ivanka Trump, figlia del presidente e sua consigliera, si è dichiarata, nel caso di specie, contraria alle politiche del padre; Kellyanne Conway, altra consigliera di Trump, ha sottolineato il dolore causato dalle decisioni prese; persino Lindsey Graham, senatore repubblicano considerato molto vicino a Trump politicamente e ideologicamente, si è dichiarato contrario.

 

 

Prima del provvedimento. Ma perché questa levata di scudi? Prima del provvedimento di aprile, un adulto che accompagnasse un minore al di là del confine americano veniva accolto e ospitato nei medesimi centri nei quali si accoglievano i bambini, senza essere considerato soggetto prioritario da perseguire penalmente. Restavano lì, insieme e come tutti, in attesa del giudizio di un giudice apposito. Con il provvedimento varato da Trump, invece, minore e adulti venivano separati: i bambini finivano in dei centri di accoglienza, mentre l’accompagnatore veniva perseguito penalmente e, quindi, messo in prigione, dove per legge non possono stare i minori. A sollevare ulteriori polemiche le condizioni dei luoghi in cui venivano accolti i bambini: Jacob Soboroff di MSNBC ha raccontato l’inadeguatezza del centro di accoglienza di Brownsville, in Texas, ricavato all’interno di un ex supermercato. Lì sono reclusi quasi 1.500 minori a cui sono concesse due sole ore d’aria al giorno.

Le motivazioni di Trump. L’intento di Trump era scoraggiare, attraverso il pugno duro, l’immigrazione clandestina e per questo sono stati separati 2.300 minori circa dai rispettivi genitori o parenti. Alla base c’era la valutazione (assai diffusa in una certa parte della popolazione americana) che molti adulti usassero i bambini come espediente per attraversare il confine e ottenere condizioni di accoglienza migliori. Le misure prese dal presidente Trump, però, hanno scatenato un vero e proprio putiferio, sia negli States che a livello globale, con gli Usa accusati di non rispettare i diritti civili di bambini e adulti. Per questo, alla fine, il presidente è stato convinto (pare in particolare dalla moglie Melania) a firmare un ordine esecutivo per impedire la divisione delle famiglie. Nonostante questo, il nuovo provvedimento non riporterà in vigore il funzionamento precedente alla manovra restrittiva tanto discussa.

 

 

Il nuovo provvedimento. Il nuovo provvedimento prevede che il minore sia detenuto insieme all’adulto di riferimento nell’attesa del verdetto da parte di un giudice federale, che deve valutare se esiste o meno il diritto di restare sul suolo americano. È previsto che i casi di adulti accompagnatori abbiano la priorità in termini di tempo. C’è, però, un problema: decidere, di fatto, di “permettere” ai minori di restare in carcere insieme agli adulti comporta sia un problema dal punto di vista legale che un problema di tipo organizzativo. I giudici federali appositamente destinati alla valutazione delle richieste di permanenza sul suolo americano, infatti, scarseggiano e i tempi si stanno allungando, con il rischio che molti bambini passino molto tempo dietro le sbarre. Al momento, Trump sta valutando l’ipotesi di assumere o destinare un maggior numero di giudici a questa procedura. Ma non è l’unico dei problemi: il provvedimento, infatti, violerebbe la decisione rinominata Flores Settlement del 1997, che prevede che il minore non possa essere detenuto insieme all’adulto che lo accompagna per più di venti giorni. Dopo giorni di grande attenzione mediatica, ora i riflettori paiono essersi un po’ spenti e la situazione pare essere migliorata. Ma di poco. E l’impressione è che la situazione sia ancora lontana da una vera soluzione, che soddisfi sia Trump che i suoi detrattori.

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