Da gennaio a giugno del 2016

Val Brembana, narcos colombiano ospite di calabresi a San Simone

Val Brembana, narcos colombiano ospite di calabresi a San Simone
Pubblicato:
Aggiornato:

San Simone, Valleve, alta Val Brembana, è una nota località sciistica. Se non nevica, c’è la neve artificiale, sparata dai cannoni. Ora pare che lo scorso anno, indicativamente da gennaio a giugno, Valleve abbia incrociato un’altra «neve», non del tutto artificiale ma illegale: la cocaina. Secondo la maxi inchiesta dell’antimafia di Catanzaro culminata ieri in 54 provvedimenti di fermo tra Italia e Colombia, che parla dei traffici di droga tra cartello colombiano e ‘ndrangheta, un emissario di un cartello colombiano sarebbe stato ospite di due calabresi all’Hotel San Simone e in un appartamento di Foppolo per addirittura sei mesi, da gennaio a giugno dello scorso anno. Dalla tranquillità delle nostre montagne, con un panorama invidiabile e un trattamento da gran signore, partivano telefonate e viaggi dell’ambasciatore dei narcos. Da fare c’era molto: discutere di soldi, di carichi da importare, di nuovi canali per recuperare la cocaina. Ora, però, la Guardia di Finanza ha infranto questo bel quadretto.

Il filone bergamasco. Tutto comincia «il 7 gennaio 2016 – scrive il Corriere della Sera Bergamo - quando i calabresi Antonio Massimiliano Varone e Fulvio Luccisano accompagnano fino a piazza Brembana Harol Yulman Pineda Gomez Da Costa, detto Jhon Peludo, o Jairo. Secondo l’inchiesta è l’uomo di Medellin in Italia, insieme al collega Jaime Eduardo Cano Sucerquia, detto Jota Jota. Ad aspettare il colombiano e i suoi due accompagnatori c’è un altro calabrese: si chiama Antonio Grillo, classe 1978, di San Calogero (Vibo Valentia), dove gestisce anche un ristorante. “Durante il soggiorno e per tutto il periodo invernale, il colombiano stazionava presso l’hotel San Simone, struttura ricettiva ubicata a Foppolo e gestita dalla famiglia Grillo di San Calogero”: così si legge nel provvedimento di fermo della procura di Catanzaro. L’atto associa Foppolo a San Simone, con un errore. E ieri il gestore dell’hotel ha negato che Grillo fosse mai stato il manager della struttura. Ha però confermato che il calabrese era stato suo ospite e che, a sua volta, in alcuni casi, invitava qualcuno in zona. “Per me era un semplice cliente, io non so nulla di questa inchiesta, siamo assolutamente estranei ai fatti”». In ogni caso, in zona il colombiano e altri calabresi sono stati ripetutamente localizzati. Grillo e Varone, innanzitutto. Il primo viene chiamato da Jhon Peludo il «traduttore». C’è un’intercettazione in cui Peludo, al telefono con un collega, chiede per conto di Grillo «se puoi mettere un paio di sbarre in più per lui». Un ordine per il prossimo carico, secondo le Fiamme Gialle. E di telefonate di questo tenore ce ne sono altre.

 

barca002

 

La maxi operazione. Quattrocento uomini hanno fermato 54 soggetti tra Calabria, Sicilia, Campania, Lazio, Toscana, Emilia-Romagna, Veneto e Lombardia. Eseguite numerose perquisizioni; sequestrati beni per otto milioni. La ‘ndrangheta aveva pianificato l'importazione di 8 tonnellate di cocaina dal Sud America, sequestrate in Colombia. Il carico era già stato stoccato e nascosto in una piantagione di banane non distante dal porto di Turbo, mentre nel porto di Livorno le Fiamme Gialle hanno sequestrato il cosiddetto «carico di prova»: 63 chilogrammi di cocaina pura, occultata all'interno di cartoni di banane. Le indagini hanno consentito di disarticolare un’organizzazione estremamente complessa, composta da diversi sodalizi criminali, riconducibili alla ‘ndrina Fiarè di San Gregorio d'Ippona, alla ‘ndrina Pititto-Prostamo-Iannello di Mileto e al gruppo egemone su San Calogero, tutte organizzazioni satellite rispetto alla cosca Mancuso di Limbadi (Vibo Valentia), con la sostanziale partecipazione delle ‘ndrine della Piana di Gioia Tauro (Reggio Calabria) e della provincia di Crotone. Nel corso dell'indagine è stato ricostruito un progetto, poi non realizzato, di trasporto di ingenti quantitativi di cocaina utilizzando come scalo d'arrivo l'aeroporto di Lamezia Terme, oltre che l'impiego di motonavi con all'interno spazi opportunamente modificati per accogliere il carico, da svuotare una volta arrivato a destinazione mediante l'impiego di sommozzatori.

I precedenti mafiosi in valle. Di alti esponenti della malavita organizzata che si rifugiano sulle nostre montagne ci sono altri esempi, di cui trovate un ampia documentazione qui grazie a un dossier redatto da Libera. Basti ricordare che il 31 maggio 1977 i poliziotti della Questura di Bergamo perquisirono il Grand Hotel di San Pellegrino alla ricerca di Vincenzo Macrì, boss della ‘ndrangheta. All’epoca l’Hotel era gestito da Roberto Pannunzi, che in seguito verrà considerato il più grande narcotrafficante europeo. Il 21 maggio 1990 a Rota Imagna viene scoperta la più importante raffineria di eroina del Nord Italia. Tra gli arrestati c’è Saverio Morabito, poi diventato collaboratore di giustizia, che dichiarò: «La morfina base fu scaricata da un camion nella prima area di servizio dell’autostrada Milano‐Venezia. Ogni chilo di eroina bianca sarebbe stata scambiata in America con 25 chili di cocaina». La raffineria viene ideata da Pannunzi) con l’aiuto dal clan Sergi (stabilitosi nel frattempo a Buccinasco) che a Rota Imagna fanno arrivare due chimici del clan dei Marsigliesi. E poi ad Albano Sant’Alessandro fu trovato un magazzino a servizio dei narcos, sempre negli anni ’90. Più recentemente, il 22 aprile 2014 la Guardia di Finanza ha perquisito gli uffici della Gestitel, in via Stoppani a Bergamo. Secondo la Direzione Distrettuale Antimafia di Catanzaro, una società appartenente per il 90% a Rtl 102,5 e per il 10% a Claudio Rizzo, imprenditore di origini siciliane, avrebbe avuto a libro paga Nicola Tripodi, boss della ‘ndrangheta di Vibo Valentia attualmente in carcere.

Seguici sui nostri canali