Il racconto del nostro tifoso/inviato

Volevo godermi lo spettacolo Mi son accontentato di Bielsa

Volevo godermi lo spettacolo Mi son accontentato di Bielsa
Pubblicato:
Aggiornato:

Frequento lo stadio di Bergamo con continuità ormai da una quindicina d’anni, quasi esclusivamente vissuti in curva. L’unica eccezione risale ormai a parecchio tempo fa: mio padre fece un incidente in auto e si sbriciolò una spalla e per qualche partita fummo costretti a ripiegare sul parterre. Ieri sera ho avuto la fortuna di poter assistere al ventitreesimo Trofeo Bortolotti dal Pitch View e una delle più grosse curiosità che avrei voluto togliermi riguardava la percezione che si ha dal campo di quello che succede sugli spalti.

Nel corso degli anni l’ho sentito ripetere da addetti ai lavori, atalantini e non. Giocatori e allenatori l’hanno detto fino allo sfinimento, quasi a farlo diventare un luogo comune: «Bergamo è un campo difficilissimo. Il tifo atalantino è uno dei più caldi d’Italia». Per tantissime domeniche e diversi sabati, ho prestato la mia voce per fare arrivare qualche decibel in più sul campo, un po’ per sfogare la tensione da risultato, un po’ per incoraggiare chi porta la mia maglia del cuore, un po’ per fare qualcosa per la Dea, non essendo riuscito a raggiungere il sogno di quasi tutti, quello di essere protagonista in campo. Per una volta mi sono trovato nella posizione ideale per capire quanto possa servire sgolarsi su quei gradoni di cemento, quanto sia percepita dal campo la passione di migliaia di voci. Purtroppo non è stato possibile vivere appieno questo aspetto dell’esperienza nel Pitch View. Anzi, non è stato possibile quasi per niente. Peccato, perché ero seduto proprio a lato della panchina occupata da Marcelo Bielsa, in una posizione ideale per capire quale sia l’atmosfera in cui sono immersi gli avversari dell’Atalanta.

La vicenda è ormai arcinota: l’iniziale sciopero silenzioso di quindici minuti programmato dalla Curva Nord per contestare l’applicazione dell’articolo 9 verso alcuni ragazzi si è protratto a tutta la partita (con qualche eccezione) a causa della volontà delle forze dell’ordine di non far accedere allo stadio le persone con addosso magliette con la scritta “Bocia Libero”. Questa è la ricostruzione dei fatti emersa al momento in cui scrivo e quasi spero sia esagerata o frammentaria. Perché impedire di indossare magliette del genere? D’accordo col messaggio o meno, sono ben altre le manifestazioni di pensiero meritevoli di censura. Perché mettere in atto quella che sembra una mera provocazione nei confronti della Curva Nord? Tornerò a cantare senza aver soddisfatto questa mia curiosità, il che comunque non ha la benché minima importanza davanti a questo quadro desolante.

 

 

L’esperienza in Pitch View mi ha comunque riservato tantissimi spunti davvero interessanti, del resto non capita tutti i giorni di poter osservare così da vicino uno scienziato del calcio come Marcelo Bielsa. Il Lille esordirà in campionato il prossimo 6 agosto, due settimane prima dell’Atalanta. Non c’è da stupirsi quindi se, risultato a parte, i francesi sono sembrati più avanti dei nostri. Bielsa e collaboratori hanno gestito il loro inusuale 3-3-1-3 preoccupandosi principalmente di tre cose: che la squadra salisse e arretrasse in modo omogeneo, che venissero cercate ampiezza o profondità a seconda dei casi e che la maggior parte dei palloni possibile passasse fra i piedi del giocatore più talentuoso. Quando il triplice fischio di Orsato è passato da un pezzo, le urla del “Loco” riecheggiano ancora nelle mie orecchie: «Fuera, fuera!» (allargati!), «Profundo, profundo!» (cerca la profondità!), «Benzia, benzia!» (il numero 10 del Lille). Durante la premiazione il tecnico argentino è rimasto sulla sua panchina ad appuntarsi alcune cose da rivedere coi suoi giocatori, poi si è concesso a noi tifosi per una stretta di mano e qualche selfie.

E l’Atalanta? La visuale da bordocampo è un po’ schiacciata e non consente quella visione d’insieme che si ha dai settori più tradizionali, ma fa apprezzare pienamente altri aspetti del gioco, in primis la velocità a cui si muovono i calciatori e la pregevolezza (o meno) dei loro gesti tecnici. È stato davvero bellissimo osservare da pochi passi la percussione convinta di Hateboer che ha dato il là all’unica azione da gol della contesa, mentre la violenza di certi contrasti ha lasciato col fiato sospeso. Nella maggior parte di questi casi, per la verità, i giocatori non è che abbiano fatto chissà quale piega: mi sa che in campionato sono abituati a ben altro… I momenti più esaltanti sono stati regalati però dai due portieri atalantini: ancora non mi capacito della tripla parata di Berisha e sono molto contento di aver potuto apprezzare pienamente il guizzo con cui Gollini ha respinto il rigore.

La prossima volta che l’Atalanta scenderà nel suo tempio sarà per riprendere la corsa iniziata ormai 110 anni fa. Io tornerò in Curva, ma consiglio vivamente a chi ne ha la possibilità di regalarsi un’esperienza come quella che ho potuto vivere ieri. Sicuramente sarà più fortunato e potrà viverla ancora più pienamente: con la Dea spinta per novanta minuti e oltre dai cori del suo popolo.

Seguici sui nostri canali