«Sembra un sogno»

Caldara, un vero gioiello nerazzurro raccontato da mamma e papà

Caldara, un vero gioiello nerazzurro raccontato da mamma e papà
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Chi è Mattia Caldara? Maglia numero 13 sulle spalle, in mezzo alla difesa dell’Atalanta gioca ormai stabilmente questo ragazzo dal viso pulito che sembra sbucato dal nulla. Siamo andati a casa sua, a Scanzorosciate. Le colline del Moscato sono a due passi, la villetta dei Caldara è accogliente e parlando con papà Stefano e mamma Laura si capisce che il loro unico figlio è davvero il classico ragazzo della porta accanto. «Mattia – racconta la mamma – è semplice, umile e ha nell’animo i valori della sua famiglia. È legato alla sua casa, vive ancora con noi qui a Scanzorosciate e quando entra in casa mi bacia come quando aveva 6 anni. Per noi fu un trauma quando andò a Trapani, era la prima volta lontano da casa. Si tatuò sul braccio le nostre iniziali, siamo sempre con lui».

Da una parte il cuore di mamma, dall’altra le lacrime del papà: «Non lo nascondo, ho pianto molto perché mi mancava tantissimo mio figlio. Non amo prendere l’aereo, l’ho fatto solo una volta rientrando da Trapani, quando portammo la macchina a Mattia. Quella volta attraversammo l’Italia e riuscimmo anche a goderci il mare di San Vito Lo Capo per qualche giorno».

 

 

Ma quando ha iniziato a giocare? «I primi calci – continua la mamma – li ha mossi qui in paese, nello Scanzo. In prima elementare è arrivata la lettera di invito ai primi calci, è sempre stata il suo passatempo preferito. Aveva una pallina di spugna e giocava ovunque, non smetteva un attimo. Rompeva i fiori, giocava in continuazione e ogni 15 giorni dovevo andare a fare la scorta di palloni. Ad ogni Santa Lucia arrivavano macchinine telecomandate e altri regali, ma lui giocava sempre e solo a calcio. Unica divagazione? Il Game Boy».

Un ragazzo cresciuto con il pallone tra i piedi ma che, continua la mamma, non ha mai tralasciato la scuola: «Fin dalle elementari il suo rendimento è stato molto buono e ogni volta mi sorprendevo. Noi siamo sempre stati chiari con lui: papà e mamma lavorano e tu devi studiare, dovevamo solo firmare i voti. Alle superiori prendeva ogni anno una borsa di studio, si è diplomato in Ragioneria con 93. Siamo stati fortunati». Un ragazzo d’oro insomma.

 

 

«È sempre stato più maturo rispetto alla sua età ma è cambiato in tante piccole cose. A Cesena ha dovuto arrangiarsi a cucinare, devo dire che se la cava molto bene. Invece in casa, con i parenti, è sempre lo stesso. Qualche giorno fa mia sorella lo ha chiamato e gli ha raccontato la storia di un ragazzo del 1995 di Villa di Serio che è bloccato su una sedia a rotelle e comunica solo attraverso una tavoletta. Il padre ha chiesto se Mattia potesse fargli visita e regalargli una maglia. Lui ha accettato con grande entusiasmo, gli ha fatto una sorpresa incredibile e ancora oggi si sentono. È felice per queste cose, mi dice sempre che lui è un fortunato: capita che porti dei palloni a Zingonia per farli autografare dai compagni e tutti rispondono sempre alla grande».

Mamma Laura descrive il figlio come uno che non ama le luci della ribalta: «Noi non siamo mai stati tipi pieni di lodi per lui, anche se lo abbiamo sempre seguito. Da piccolo c’erano decine di tornei. Ogni anno aspettavamo la lettera della convocazione e lo preparavamo anche per un eventuale rifiuto. Gli dicevamo sempre che non era scontata la conferma con l’Atalanta. La sua risposta? Semplicissima: “Mamma, finché ce la faccio e mi tengono continuo, altrimenti torno allo Scanzo”. Per lui l’importante era ed è giocare a calcio».

 

caldara

 

La forza di questo ragazzo classe 1994, nato e cresciuto a Bergamo, è dunque nella semplicità. «È stato in Nazionale e quando è tornato ha passato molto tempo con la fidanzata Giulia, sono insieme ormai da un paio d’anni. Quando è a casa vede i giornali che compro e che gli metto sul tavolo da sfogliare, ma non li legge. Non vuole sapere se ne parlano bene o ne parlano male, è consapevole di quello che sta facendo ma mi dice spesso che gli sembra perfino troppo tutto questo: certi paragoni sono grandi. Ripeto, è un ragazzo semplice e anche l’interesse dei grandi club lo sorprende»

La misura del sogno, probabilmente, è tutta nel cancello di Zingonia. «Pochi giorni fa lo abbiamo accompagnato al campo, pioveva e quindi arrivati alla portineria l’addetto alla sicurezza ci ha aperto il cancello per farci passare con la macchina. Era la prima volta dopo 12 anni che io, Mattia e il papà varcavamo i cancelli di Zingonia dalla parte destra. Eravamo nel mondo dei grandi. Mattia mi dice sempre che quello che sta vivendo per lui è un sogno, con la maglia dell’Atalanta in quel Centro Bortolotti che sente come la sua casa. Non ci crede e spera che duri tantissimo, è felicissimo».

 

 

Un figlio di cui essere orgogliosi per due genitori che allo stadio, però, ci vanno di rado: «Mio marito Stefano non riesce a vedere le gare dal vivo. Prima passava il tempo tra la tribuna, la macchina e qualche passeggiata, adesso quando gioca Mattia non guarda la diretta ma aspetta il giorno dopo. Io invece le guardo allo stadio oppure a casa: i nonni e le mie sorelle amano vedere le partite e ci troviamo qui a casa tutti assieme, sempre senza il papà che nel frattempo è in giro. Allo Juventus Stadium comunque ci saremo». «È vero – conferma papà Stefano –, è una cosa più forte di me. Sono riuscito a vedere solo la partita di Pescara: quella sera ha segnato il primo gol in Serie A. L’ultima partita con la Roma non l’ho vista, quando ha segnato Mattia un collega mi ha telefonato per avvisarmi e non volevo crederci. Temo che possa sbagliare qualcosa, ma devo dire che sta regalando a tutti delle soddisfazioni enormi. Gli ho sempre detto di andare avanti un passo alla volta, di volare basso e di fare le cose con tranquillità. Cerco di stimolarlo e di dare dei consigli, mi ascolta molto. Non sente la pressione, quando focalizza un obiettivo si concentra al massimo e arriva dove si è prefisso di arrivare».

Un ragazzo che sogna ma che non ha mai perso il contatto con la sua terra. «Poche settimane fa camminava per la strada con il nostro cane e in tanti lo salutavano e lo riconoscevano. Allo stadio per la partita con l’Under 21 c’erano 200 tra bambini e ragazzi che gli hanno dedicato uno striscione, il suo rapporto con loro è bellissimo. Quest’estate, prima del ritiro, il suo vecchio allenatore Grismondi gli ha chiesto se poteva andare a insegnare un po’ di tecnica ai ragazzi del settore giovanile dello Scanzorosciate e Mattia ha accettato con grande entusiasmo. Ora gli hanno chiesto se passa a salutarli prima di Natale, certamente appena c’è un giorno libero non mancherà di farlo».

 

 

L’umiltà di questo ragazzo cresciuto a Scanzorosciate si vede anche nel suo rapporto con i soldi. Pensare ad uno che gioca in Serie A come ad uno spendaccione è facile, ma anche in questo il difensore orobico stupisce: «È molto attento a spendere, non gli piace sprecare e ama mettere via quello che guadagna. Anzi, vi diciamo di più: quando deve prendersi qualcosa da mettersi, vestiti o scarpe che siano, se trova quello che gli piace e il prezzo è giusto lo compra, altrimenti aspetta i saldi. Non ha mai tempo per fare shopping, l’ultima volta è andato con papà perché io ero impegnata, ma ha preferito non comprare nulla perché non gli andava bene quanto avrebbe dovuto spendere. Anche in queste cose è rimasto il ragazzo semplice di sempre».

Ma questo campioncino che cosa sogna per il futuro? Mamma Laura sospira e racconta: «La famiglia è importante per lui, spesso guarda me e mio marito e dice: “Che bello vedervi vicino felici, che andate d’accordo”. Mi ha confidato che gli piacerebbe avere dei bambini, però almeno due perché uno è poco. Scherzando io gli dico che anche tre andrebbero bene, almeno potrei fare la nonna super impegnata: per la pensione però devo aspettare ancora 7 anni, Ma Mattia dice che non vuole aspettare tanto e allora ci organizzeremo. Parlando di calcio, da piccolo ricordo che stava a guardare i calciatori di Serie A e sognava ad occhi aperti. Probabilmente, oggi, tutti quei sogni di un bambino si stanno avverando».

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