Un concerto e due gare

Cinquant’anni di Scuderia Norelli Proprio come un lampo di vita

Cinquant’anni di Scuderia Norelli Proprio come un lampo di vita
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Una vita, un lampo. «Io Fulvio l’ho incontrato a scuola. Facevamo la terza superiore, stesso banco. La passione per i motori l’abbiamo scoperta e condivisa subito, come con tutti gli altri. Ci trovavamo le sere d’estate in Colle Aperto, su una panchina, è lì che è nato tutto. Stavamo all’ombra ad ascoltare il vento, a parlare di moto, a sentire la musica che arrivava dal jukebox della Marianna, e per patire meno il caldo facevamo sciogliere in bocca un gelato o una granita al tamarindo. Che pace. Da lì dominavamo tutto. E i motociclisti che arrivavano dalla città li vedevi scintillare». Una vita, un lampo.

«Poi un giorno, era un fine settimana, torno a casa dal Gran Premio di Monza con la Ferrari che aveva fatto doppietta, e mamma mi dice: “Fulvio è ricoverato in ospedale, non è stato bene”. Vado a trovarlo insieme a un amico, ma all’ospedale ci tengono fuori: non ci fanno entrare. Eravamo ragazzi, non c’eravamo fatti troppe domande. Quando sono tornato a casa mi si è ghiacciato il sangue. “Non vi ha detto niente nessuno? Fulvio è morto”. È stato il primo grande dolore della mia esistenza. Adesso che di anni ne ho 69 ci penso spesso, è tutta la vita che ci penso a dire il vero. Se Fulvio non fosse morto ci saremmo dispersi, avremmo preso altre strade, e invece siamo ancora qui, cinquant’anni dopo, a condividere i grandi valori dell’amicizia, della gioia e della vita».

 

1986, 3° Minetti Trophy-Enduro delle Orobie

 

Un lampo e la vita cambia, dice Enzo Paris, l’uomo che oggi guida la scuderia Fulvio Norelli. Compie mezzo secolo, cinquant’anni sono tanti, una vita fatta di passioni, di motori, di condivisione e di amicizia. A metà degli anni Sessanta, dopo la morte del giovane Fulvio («Per una meningite fulminante o per un trauma, non lo saprò mai e questa cosa mi cruccia»), Paris e altri come lui, giovani e appassionati, ragazzi che passavano le loro estati in Colle Aperto, decisero che il nome del loro amico non poteva finire in soffitta. E così, intorno a quella panchina della loro giovinezza, fondarono quella che oggi è una flotta con oltre duecento piloti, centoventi con licenza agonistica, sparsi su tutta la Penisola: Lombardia, Veneto, Friuli, Marche, persino Sicilia e Sardegna. Fanno tutte le categorie, dal mini enduro al major, e ci sono anche quelli che gareggiano con le moto d’epoca. Il prossimo 18 giugno la Scuderia Norelli spegnerà 50 candeline e festeggerà con una Cavalcata.

A sentire Paris, è stato un lampo arrivare qui. «Nel settembre del ’66 organizzammo questo primo ritrovo, ci eravamo dati il nome “La Topaia”. Adesso mi viene da ridere. La topaia era una casa mezza diroccata che ci aveva messo a disposizione il papà di uno del gruppo. Ma sì: le feste, le ragazze, ascoltare i Beatles, i Camaleonti, i Pooh che avevano appena cominciato… Per tenere vivo il ricordo di Fulvio creammo questa garetta senza chiedere il permesso a nessuno. Fu una giornata bestiale, un acquazzone che non finiva mai. Dopo la gara Gino Reguzzi del Moto Club Bergamo mi prese per le orecchie, mi fece una lavata di capo. «Non è così che si fa», disse. E allora ci permise di avere una sezione all’interno del Moto Club, la sezione giovanile e studentesca: la Fulvio Norelli».

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La cavalcata del 50° toccherà gli angoli più suggestivi della provincia, dalla vicina pianura fino alle tortuose valli dove i più grandi campioni di enduro hanno mosso i loro primi passi. Sono ammessi tutti i generi di moto: moderne e d’epoca, stradali e scooter, persino l’elettrico. Ma il calendario della Norelli è fitto. Venerdì 23 giugno si aprirà anche la mostra di moto da Regolarità d’epoca, cimeli (maglie, tute, caschi) e fotografie che raccontano la storia della scuderia. L’esposizione sarà allestita presso il Palazzetto dello sport, a due passi dal centro città e dal Lazzaretto. Nel complesso medievale sede della Scuderia Norelli e del Moto Club Bergamo (in piazzale Goisis, accanto allo stadio), si terra un concerto live venerdì 23, antivigilia della Valli Bergamasche Revival. Per le gare del 24 e 25 giugno ci sono già più di cento iscritti. Ma il punto è un altro.

«Non sono mai stato un gran motociclista. La tragedia di Fulvio in famiglia ha segnato tutti, io andavo a scrocco sulle moto degli altri, ma la verità è che ho dovuto rinunciare alla moto. E adesso che sono quasi nonno capisco ancora meglio. Però con la Norelli abbiamo tenuto insieme tutti. C’è ancora il mio amico Abebe. Lo chiamiamo così perché una volta, tornando dal lavoro, l’idraulico ci vide giocare a pallone. Stavamo perdendo, si tolse le scarpe e venne a fare i gol che ci servivano. A piedi nudi. Come Abebe Bikila a Roma ’60. Sì, la Norelli è una famiglia. Adesso ho un po’ di mal di schiena, ho delle ernie che mi perseguitano un po’, ma resto legato a queste cose perché sono importanti. Gli amici, la passione, la voglia di condividere tutto». È un attimo, un lampo da vivere bene.

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