Dalla Gazzetta della Martesana

Convertita all’Islam per amore Storia di una giovane mamma

Convertita all’Islam per amore Storia di una giovane mamma
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«Io convertita all’Islam, parto per il Marocco per impedire a mio marito di cercare di tornare in Italia su un gommone: non voglio che mio figlio rimanga orfano ancor prima di nascere...». Una storia tutta da raccontare quella di Khadija Giannini, fino a qualche tempo fa Michela. Trentadue anni, residente a Brugherio (Monza), operaia disoccupata, può raccontare una storia che non si ascolta tutti i giorni. Ha già due matrimoni alle spalle, altrettanti figli da crescere e ora ne ha un terzo in arrivo, appunto frutto della relazione con un giovane marocchino espulso dall’Italia nell’ottobre del 2017 dopo che nove mesi prima nei suoi confronti era stato emesso un provvedimento di respingimento da parte del questore di Trapani. Lui non ci pensò nemmeno un secondo a tornare a casa e aveva invece raggiunto la Brianza, dove da tempo vive il padre che di mestiere fa l’ambulante nei mercati settimanali.

L’inizio. Qui iniziò la relazione tra l’allora Michela e Youssef. Si conobbero attraverso amici comuni. Lui è più giovane: oggi ha, 25 anni.  Incominciarono a frequentarsi e si fidanzarono. Ma una sera, fuori di casa, si presentò una gazzella dei carabinieri. Al giovane i militari contestarono quel provvedimento di espulsione. Fu portato in caserma e denunciato per immigrazione clandestina. Ne seguì un secondo provvedimento immediato di espulsione e dunque il ritorno a malincuore in Marocco a quasi duemila chilometri dalla sua bella.

Michela non si rassegna. Ma Michela a quel punto non si rassegnò. Anzi. È proprio da qui che la storia si arricchisce di altri capitoli. «Youssef era immigrato clandestinamente, ma ha una fedina penale pulita sia in Marocco che in Italia - ha raccontato -  Non si è mai  macchiato di altri reati. Ha la licenza media, nel suo Paese ha fatto il muratore, qui in Italia ha dato una mano al padre come ambulante. Nessuno dei due ha mai creato problemi. Suo  fratello è in carcere: è l’elemento della famiglia che fa disperare. Ne ha combinate parecchie. Così il paradosso è che lui, dietro le sbarre, è in Italia e Youssef invece, è stato rispedito in Marocco senza nessuna opportunità di farsi una vita qui».

Il matrimonio in Marocco. «Se Maometto non va alla montagna...» recita un proverbio che ora casca a pennello. Michela nella primavera dello scorso anno decise di raggiungere il fidanzato in Africa. I due innamorati convolarono a nozze, anche nella speranza di poter far ottenere a Youssef il ricongiungimento familiare. «Qualcuno ha ironizzato -  ha raccontato Khadija - Altri mi hanno quasi insultata: mi hanno persino chiesto se ho intascato dei soldi per farlo. In realtà sono io che ne ho spesi per andare in Marocco, ma al cuor non si comanda. Ammetto tuttavia che un po’ matta lo sono». Il viaggio in Magreb alla brugherese non portò solamente una fede al dito, ma anche un mutamento di fede religiosa: si è infatti convertita all’Islam. Cosa che comportò il cambio di nome e il velo da indossare. Nel frattempo è arrivata un’altra novità. Dopo l’ultimo suo viaggio, Michela è rimasta incinta di un maschietto. Una gravidanza arrivata ormai al quinto mese. Da qui la decisione di Khadija di raggiungere nuovamente il Marocco e cercare di trovare qualche soluzione alternativa. Ma soprattutto per convincere il marito a non ritentare il ritorno in Italia su un gommone.

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