«Col Frosinone dobbiamo vincere»

De Roon già si sente a casa «Ma che fatica parlare italiano»

De Roon già si sente a casa «Ma che fatica parlare italiano»
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L’appuntamento per l’intervista è alle 13. Dopo l’allenamento del mattino Marten de Roon si presenta per la prima volta davanti ai taccuini per una intervista. Certo, il giorno della presentazione era già capitato di parlare alla stampa, ma ora ci sono 40 giorni a Bergamo da commentare. Il primo gol ufficiale è già in saccoccia, l'esordio in campionato chiuso da migliore in campo anche. Così, l’olandesino dell’Atalanta arriva sorridente, stringe la mano con modi educati e gentili, si siede in mezzo alla stampa parlando in inglese. Le domande sono tante, le sue risposte arrivano con decisione e senza mai un tentennamento. In poco più di 20 minuti, ecco il primo spaccato del mondo atalantino di Marten de Roon. Il ragazzo che ha appena esordito a San Siro ama i casoncelli, e che tra pochissimi giorni si ricongiungerà con il figlioletto di 3 anni e la sua compagna. La quale, il 12 ottobre prossimo, lo renderà padre per la seconda volta, all’ospedale Papa Giovanni di Bergamo.

Marten, domenica sera la partita non è andata bene per l'Atalanta. Ma puoi consolarti: la tua prova è stata molto positiva…

Sono sincero, non ho pensato alla felicità per una buona prestazione dopo la gara. Negli ultimi minuti eravamo cosi vicini al risultato positivo, è stato difficile perché in 10 contro 11 abbiamo lavorato duro e quando il tempo era quasi scaduto, ecco la beffa. In quei frangenti, puoi solo pensare: perché è successo? Quando è finita la partita, mi sono diretto verso l’uscita del campo e non volevo parlare con nessuno, Pensavo solo, dentro di me, come mai fosse successo di perdere così. I giorni seguenti, passata un po’ la rabbia, ho ripensato anche al fatto di aver giocato a San Siro. Beh, credo sia andata bene. La mia gara è stata buona, ero contento per la mia seconda metà di partita, mentre nel primo tempo non mi sono molto piaciuto. La forma fisica è buona, ma posso certamente fare meglio. Mi devo abituare al calcio italiano, qui è tutto molto più veloce: in particolare quando attacchi e prendi palla in 3-4 secondi ti trovi tutti addosso.

 

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Sensazioni sulla squadra dopo la prima gara?

Abbiamo giocato molto bene nei primi 20 minuti, potevamo segnare con Papu Gomez e abbiamo giocato un ottimo calcio. Abbiamo fatto molto lavoro difensivo, loro non sono riusciti a creare grandi pericoli nei primi sessanta minuti: questo significa che la difesa è stata buona. Credo che difendere bene sia l’inizio, da lì poi puoi attaccare. La prima gara è stata dura perché era contro l’Inter, ma abbiamo fatto buone cose. Dovremo farle vedere anche domenica contro il Frosinone: è un match importante, il primo in casa, contro una squadra con cui cercare di vincere.

L’Atalanta col Frosinone deve vincere…

Sì, dobbiamo. Specie perché vogliamo far vedere ai tifosi che non sarà come lo scorso anno. Dobbiamo fare punti fin dall’inizio della stagione e domenica è la gara migliore per farlo. Davanti alla nostra gente.

Nella prima partita hai fatto subito gol, nella seconda sei stato il migliore.  È un grande momento per te…

È bello poter ricevere attenzione particolare da parte della gente e della stampa, specie quando il gol è importante. Tuttavia, per come intendo io il calcio, avrei preferito giocare male e riuscire a ottenere un punto. Sono contento, lo ripeto, e posso migliorare perché siamo solo all’inizio. Ma pensiamo a smuovere la classifica, contano i punti..

Cosa pensi del tuo primo periodo a Bergamo?

Sono ancora in mezzo al trasloco (sorride, ndr). La mia famiglia arriva sabato e solo martedì sono arrivati tutti i miei oggetti. La notte tra martedì e mercoledì è stata la prima che ho passato nel mio letto. Mi piace la realtà che sto conoscendo a Bergamo, il modo con cui tutti applaudono, la gente mi aiuta e fa cose per me. Mister e staff mi stanno aiutando, mi parlano ogni giorno così come tutti i giocatori provano a parlare inglese. Tuttavia, le cose di calcio riesco a capirle anche in italiano. Dal punto di vista calcistico, sto giocando e sono contento che l’adattamento sia stato rapido. Pensavo che mi sarebbe servito più tempo per adattarmi, perché il gioco è così diverso, più tattico e veloce. Sono contento di poter essere così veloce nell’imparare le cose.

 

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Quindi hai già trovato casa: preferisci il centro città oppure le tranquille zone di periferia?

Ho scelto di vivere appena fuori dalla città, nello stesso complesso dove vive Estigarribia. Anche in Olanda stavamo fuori dalla città, specie con due bambini piccoli è bello poter avere un piccolo giardino per giocare. Ci piace la tranquillità, poi se vuoi andare in centro per fare un giro e per shopping non ci sono problemi.

Come va con l’italiano e il bergamasco? 

L’italiano da parlare è molto più difficile che da capire. Se l’allenatore Reja, mister Bollini o il fisioterapista parlano in italiano io riesco a capire poco. Nell’allenamento di martedì si è parlato della partita, per 15 minuti è stato difficile capire tutto, ma tutti mi aiutano e quindi sono sicuro che andrà sempre meglio. Sto seguendo dei corsi, ho un insegnante ma molte parole posso capirle solo se le usi per qualcosa. Credo che l’apprendimento però sarà rapido, perché ogni giorno tutti ti parlano e tu puoi imparare.

Le prime parole che hai conosciuto della nostra lingua?

"Scappa", "sali", "dai", "andiamo", ecc.. tutte parole per il calcio. Quando ero alla Festa della Dea mi hanno fatto dire: “Forza Atalanta!”, “Forza scecc”. È stato molto divertente, ho visto tutti i tifosi molto contenti e stupiti delle frasi che ho detto.

Ultima curiosità: con il cibo come va?

Mi piacciono molto i casoncelli. Gabry, il nostro cuoco, è davvero bravo. Non è stato difficile ambientarsi da quel punto di vista, anche in Olanda abbiamo pasta, pollo, carne… ma i casoncelli sono davvero buoni. Mi piace molto anche il prosciutto crudo, insomma me la cavo senza problemi dai.

Facciamo un passo indietro, come mai hai scelto l’Atalanta?

I dirigenti della Dea hanno chiamato il mio agente dicendogli che erano interessati. Molto seriamente. Io ho parlato con loro e sono rimasto sorpreso. Avevano visto 10 gare della mia passata stagione, da gennaio a marzo e mi sapevano dire su cosa ero bravo, su cosa meno, dove potevo migliorare. Parlavano con grande fiducia, con grande convinzione e hanno detto che pensavano che io avrei potuto giocare qua, aiutare la squadra. C’era grande stima da parte loro verso di me, e così non è stata affatto una decisione difficile. La Serie A, rispetto alla Eredivisie, è un grande salto in avanti.

 

amichevole Atalanta - Hopoel Di Haifa

 

Sei un ragazzo giovane, ma eri capitano dell’Heerenveen…

Questa cosa rappresenta una netta differenza tra Italia e Olanda. In Olanda sei un talento a 18 anni, a 20 non lo sei già più. Tutti i nostri giocatori hanno 20, 22 anni, qualcuno arriva a 24-25 e poi ce ne sono molti di 18-19. Così ho giocato per i primi tre anni e poi per due sono stato capitano. Sono arrivato qua ed è pieno di ragazzi di 30, 31, 32 anni. Una grande differenza,  però penso sia bello. Non tutto è sulle spalle dei giovani, compagni come Raimondi, Stendardo, Bellini e molti altri prima delle partite parlano, dicono cosa si deve fare, provano ad aiutarti. Non deve essere un ragazzo di 24 anni che deve mostrarti cosa devi fare. Mi hanno detto: tu sei un talento, perché hai 24 anni e hai già giocato 5 anni in Olanda. Personalmente non mi considero un giovane e tutta questa considerazione è molto piacevole.

L’allenatore dell’Heerenveen era un certo Marco Van Basten. La cosa più importante che ti ha insegnato?

A volte non era un allenatore, ma ancora un giocatore. A volte metteva la palla in campo e diceva: "Cominciate a giocare. Amate il gioco, fate errori senza spaventarvi perché dagli errori si impara". Molte volte diceva: "Divertitevi e sentitevi liberi di fare ciò che volete. Se fate un errore, la prossima volta non lo farete". È un grande, ci diceva anche: "Forse dico qualcosa di sbagliato, perché sono un allenatore all’inizio". Era davvero con la mente aperta e questo è quello che più mi piaceva di lui.

Il tuo modello? Qualcuno ha parlato di Van Bommel..

Forse sono un po’ come lui, questo è quello che hanno scritto alcuni giornalisti. Credo di avere più possibilità di offendere, più energia per correre e posso giocare anche a destra arrivando fino all'area di rigore, magari come ala destra. Però Van Bommel è di un livello altissimo, io non gli sono vicino. Un po’ simile a lui posso essere nei duelli, nell’intercettare palla. Ma non mi comparo a nessuno, sono solo Marten de Roon, devo fare del mio meglio. Ho molto da imparare dai miei compagni di oggi, anche da Cigarini, quando starà bene. È fantastico in quella posizione, con la palla tra i piedi.

 

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Che squadra tifavi da bambino?

In Italia il Milan, ma questo perché i migliori giocatori olandesi erano lì, “the big three” Gullit, Rjikaard e Van Basten. Ma anche la Juve, perché ci giocava Zidane che era di un altro livello.

E il giocatore preferito...

Ero un grande tifoso di Marc Overmars, è nato il mio stesso giorno, quindi c’era un legame. Anche il Bergkamp visto all’Arsenal era qualcosa di strepitoso.  Ma poi ci sono giocatori che agiscono nella mia posizione, come Pirlo, Gerrard e altri.

Chiudiamo con un auspicio: senti di poter essere la sorpresa della stagione?

È difficile dirlo, certamente me lo auguro. Sono contento per come stanno andando le cose. Non potrei chiedere di più: sono un ragazzo appena arrivato e magari c’è il rischio di non giocare, di fare panchina. Per ora va bene così. Spero di poter essere la sorpresa della stagione, sarebbe fantastico per me, ma la cosa più importante per me è che la squadra faccia una buona stagione.

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