«Amò l’Italia più di se stessa»

Giuseppina, che sposò Garibaldi ma in verità amava Gigio Caroli

Giuseppina, che sposò Garibaldi ma in verità amava Gigio Caroli
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Intraprendente, coraggiosa, affascinante. Giuseppina Raimondi, appartenente alla nobiltà comasca, era una donna fuori dal comune, decisamente anticonvenzionale. Il suo cuore smise di battere un secolo fa, il 27 aprile 1918, all’età di 77 anni. La sua storia sentimentale fu tormentata e si intrecciò inesorabilmente con quella di un prestante personaggio risorgimentale stezzanese.

Un matrimonio mai iniziato. Quando il 24 gennaio 1860 la marchesina si presentò al l’altare per convolare a nozze con Giuseppe Garibaldi era già incinta. Ma il padre del bambino non era l’eroe dei due mondi bensì l’amante Luigi Caroli, rampollo di una delle famiglie più influenti di Stezzano. Figlio di Lodovico Caroli, era nato nel 1834 e nel 1857 aveva costituito, insieme all’amico Francesco Nullo e ad altri soci, la ditta Francesco Nullo e compagni, specializzata nella fabbricazione di filati. I fratelli Caroli si ricordano ancora oggi per la maestosa villa di via Dante, successivamente ceduta agli Zanchi. Quello tra Giuseppina Raimondi e Garibaldi fu il matrimonio più breve della storia, interrotto sul sagrato, ancor prima di essere consumato. Subito dopo la cerimonia, infatti, un graduato militare consegnò al neo sposo un foglio con le prove inconfutabili delle numerose relazioni della marchesina, alcune protratte fino a pochi giorni prima del matrimonio. La fedifraga, interrogata, non smentì le accuse e il condottiero la ripudiò immediatamente, iniziando le pratiche di separazione.

 

Giuseppina Raimondi

 

Caroli, scomodo protagonista di questo triangolo amoroso, all’epoca aveva 25 anni ed era ufficiale dell’esercito piemontese. Al calare della notte, Luigi e Giuseppina erano soliti incontrarsi di nascosto nella torretta che faceva capolino al limite del vasto parco di Villa Raimondi, a Fino Mornasco. Si erano visti anche la sera prima delle nozze di lei con Garibaldi. Ma la passione che legava i due giovani non era sufficiente. Nonostante fosse affascinata dalla dolcezza e dal romanticismo di Caroli, la marchesina dovette cedere alle convenzioni sociali e alle pressioni del padre Giorgio Raimondi Mantica Odescalchi che le impose di scegliere il patriota risorgimentale. Così Giuseppina inviò una lettera a Garibaldi: «Fammi tua», scrisse lapidaria. E lui, che non aspettava altro, fissò subito la data del matrimonio per il gennaio 1860. Cerimonia che venne poi rimandata di qualche settimana in seguito a una rovinosa caduta dell’eroe nizzardo da cavallo. Durante questo lasso di tempo Caroli, che non si rassegnava a perdere il suo grande amore, cercò di dissuadere in ogni modo la marchesina dal convolare a nozze, ma invano. Fu in quel periodo che Giuseppina confidò a Luigi di aspettare un figlio da lui, ma ormai era tardi per tornare indietro.

Il matrimonio religioso venne organizzato nella cappella privata di villa Raimondi. Dopo il fatidico sì e il bacio di rito, le comunicazioni sconvolgenti che arrivarono all’orecchio di Garibaldi portarono all’immediata rottura del legame. Il condottiero cercò di colpire la sposina, allora diciottenne, con un sonoro ceffone e, montando a cavallo stizzito, la apostrofò con aggettivi poco eleganti. «Credevo d’essermi affidata a un eroe e non siete che un soldato brutale», reagì lei in lacrime.

 

Luigi Caroli

 

I loro destini. Il bambino che la Raimondi portava in grembo nacque morto ma lei si rifiutò sempre di confessare apertamente chi fosse il padre. Passarono vent’anni e il matrimonio tra Garibaldi e la marchesina venne annullato con sentenza della Corte d’appello di Roma del 1880. Nel frattempo l’eroe dei due mondi si era già rifatto una vita con Francesca Armosino di Asti da cui aveva avuto tre figli. La Raimondi si era invece risposata con suo cognato, il patriota e avvocato Lodovico Mancini, da cui ebbe la sua unica figlia, Nina. Con Luigi Caroli, per sua espressa volontà, non volle avere più contatti.

Lui, per dimenticarla, si gettò a capofitto nelle battaglie risorgimentali e Garibaldi, pur riconoscendo in lui un abile e valoroso soldato, decise di non arruolarlo tra i suoi uomini. Identificato come causa del tradimento patito dal loro condottiero, Caroli venne emarginato dai garibaldini. Non riuscendo a rientrare nelle grazie degli uomini con i quali condivideva i medesimi ideali, non poté prendere parte alla spedizione dei Mille né alla battaglia dell’Aspromonte. Successivamente partì insieme a Francesco Nullo per la spedizione in Polonia. Venne catturato dai Russi nella battaglia di Krzykawka e, dopo una condanna a morte commutata in dodici anni di lavori forzati, fu spedito in varie località della Siberia. Anche dalla prigionia continuava a scrivere alla sua amata Giuseppina. Portava sempre con sé una miniatura che la sorella Elisa da Bergamo era riuscita a fargli avere con impresso il volto della marchesina. Caroli si spense nel 1865 a Kadaja, nei pressi della frontiera mongola. La Raimondi invece morì molti anni più tardi, il 27 aprile 1918, e venne seppellita al cimitero di Como con l’epitaffio: «Amò l’Italia più di se stessa».

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