Addio al Duca Bianco

La caleidoscopica vita di Bowie in 10 indimenticabili trasformazioni

La caleidoscopica vita di Bowie in 10 indimenticabili trasformazioni
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Non ci sono davvero parole. Un lunedì mattina tra i più neri che si ricordino di recente ci ha svegliato con la notizia della morte di David Bowie. Non più tardi di due settimane fa vi parlavamo di una generazione rock che ci sta dando il suo commiato, in riferimento alla scomparsa di Lemmy Kilmister. Ebbene, quel discorso vale ovviamente, e ancor di più, anche per Bowie. Siamo di fronte a una delle perdite più importanti in assoluto nella storia della musica pop-rock dal dopoguerra ad oggi. L’artista britannico, all’anagrafe David Robert Jones, è stato uno dei protagonisti chiave della musica contemporanea: il Duca Bianco si è caratterizzato innanzitutto per la sua capacità di trasformarsi, di cambiare stile musicale ed estetico, presentandosi di volta in volta con costumi e acconciature a dir poco originali.

 

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[Gif dell'illustratrice Helen Green]

 

Abbiamo voluto ripercorrere le tappe più importanti della sua lunga carriera attraverso dieci trasformazioni: per farlo al meglio ci siamo rivolti a un esperto, Claudio Fabretti, direttore di Ondarock, la webzine musicale più seguita in Italia. Claudio ha voluto condividere con noi alcuni passaggi della sua monografia sul musicista di Londra.

 

1) Gli esordi difficili

https://youtu.be/2uwKkMn36ms

David vive la Londra degli anni Sessanta, piena di band musicali straordinarie, ma fatica inizialmente a imporsi. «L'avventura solista stenta a decollare. Bowie non sa decidersi tra la strada maestra del folk britannico (ma anche dylaniano), le tentazioni psichedeliche della "Summer Of Love" californiana e il revival rhythm'n'blues dell'epoca. Il suo primo album, David Bowie (1967), smaschera queste contraddizioni, mostrando un cantautore ancora molto acerbo e zoppicante».

 

2) Rock'n'roll col rossetto

«David Bowie, seppellito il timido menestrello folk degli esordi, imbocca definitivamente la via di un rock sensuale e ambiguo. È uno degli snodi decisivi della sua carriera, presto seguito dalla pubblicazione del nuovo album, The Man Who Sold The World (1970), che segna di fatto l'inizio della stagione migliore di Bowie. Il primo capolavoro della decade è Hunky Dory (1971), in cui Bowie sposa apertamente il glam-rock esploso in Inghilterra. È il tempo dei "dudes", neo-fricchettoni che trasformano i barbosi raduni eco-pacifisti dei loro cugini hippie in uno sfrenato festival del kitsch. Trionfano così il disimpegno, il travestitismo e l'ambiguità sessuale, in un profluvio di lustrini e paillettes, boa di piume e rimmel, stivali e tutine spaziali. "Rock'n'roll col rossetto", lo ribattezzerà John Lennon».

 

3) L’alieno caduto sulla terra

Afferma Fabretti:«Diciamo la verità: chi avrebbe scommesso un penny su questo alieno in calzamaglia, dalla chioma color carota e dal trucco da drag queen di basso bordo? Un essere sgraziato e dannatamente kitsch, che sembra uscito da un fumetto di fantascienza trash. Eppure, sarà proprio nei suoi panni che Bowie raggiungerà per la prima volta quella fama mondiale a lungo inseguita e mai più mollata. The Rise And Fall Of Ziggy Stardust And The Spiders From Mars (1972) è un concept-album su ascesa e (auto)distruzione di un "plastic rocker". E in questa parabola c'è tutta la rappresentazione dell'arte di Bowie: la messa in scena del warholiano "quarto d'ora di celebrità", l'edonismo morboso di Dorian Gray, la parodia del divismo e dei miti effimeri della società dei consumi e, non ultimi, i presagi di un cupo futuro orwelliano».

 

4) Incubi futuristi e sogni americani

https://youtu.be/G4_0bVgIRjg

Dopo il grande successo, Bowie attraversa un momento di cambiamento e dubbio. «Dopo Ziggy, anche il Bowie glamorous è ufficialmente morto. Quello che rinasce, novella araba fenice, è un dandy che ha smarrito per strada zatteroni, paillettes e un bel po' di mascara, ma ha conservato un look ambiguo e inquietante. La nuova frontiera musicale, già lambita in alcuni arrangiamenti del Diamond Dogs Tour, è l'America, specificatamente quella del funky, del rhythm'n'blues e della nascente disco-music del Philadelphia Sound».

 

5) Il periodo berlinese

«Terminata la tournée del 1976, Bowie si trasferisce con l'assistente Coco Schwab e con Iggy Pop a Berlino, dove è subito attratto dall'atmosfera mitteleuropea della città. La scena musicale elettronica, il cinema espressionista di Lang, Murnau e Pabst, il cabaret brechtiano, la nuova pittura tedesca affascinano l'animo decadente del musicista. In questo scenario, matura la celeberrima trilogia Low-Heroes-Lodger, frutto del sodalizio con Brian Eno».

 

6) Major Tom in discoteca

Siamo arrivati al 1980: «Registrato a New York, Scary Monsters (And Super Creeps) è l'anello di congiunzione tra la fase "avanguardistica" di Bowie e la sua successiva deriva pop-dance». Segue un periodo nero: «Il primo passo verso il baratro del decennio horribilis bowiano viene generalmente fatto coincidere con la svolta "commerciale" di Let's Dance (1983), esordio per la nuova etichetta Emi. Forse, però, sarebbe più opportuno ricordare questo album come l'ultimo tentativo di Bowie di dire qualcosa, in un decennio che lo vedrà annaspare tra mille intuizioni senza riuscire ad afferrarne una. A scandalizzare la critica fu l'idea che un artista d'avanguardia potesse darsi così sfacciatamente alla più frivola delle branche musicali: la dance».

 

7) Una catarsi heavy-metal

https://youtu.be/8IjKPbm58Zo

Verso la fine degli anni Ottanta, «consapevole che la sua creatività sta raggiungendo lo zero Celsius, smanioso di un'altra svolta che possa restituirgli l'entusiasmo di suonare, Bowie tira fuori dal suo cilindro senza fondo un nuovo progetto: un quartetto di nome Tin Machine. Oltre al desiderio di ritrarsi per un attimo dal centro della scena, l'artista londinese sembra quasi voler ricercare una sorta di catarsi, purificando nella violenza quasi heavy-metal del nuovo sound l'edonismo e il disimpegno sbracato degli ultimi anni. L'esito sarà modesto (due mediocri album in studio e un pessimo live), ma quantomeno servirà a liberare Bowie delle nefandezze sonore del precedente quinquennio». Nei successivi dischi solisti dei primi anni Novanta, questa ritrovata voglia di suonare e sperimentare darà vita a nuovi grandi album.

 

8) Il richiamo della jungle

https://youtu.be/mDoLjW4YmHs

«Ma il motto è "Se una cosa funziona, buttala via". Così, anziché cavalcare l'onda nostalgica del ritorno al passato, Bowie risale la corrente e si tuffa in un nuovo universo sonoro, quello dei club underground, scandito dai ritmi frenetici della jungle e del drum'n'bass. La scommessa è azzardata. Si rischia di fare la figura del padre giovanilista che si mette a ballare alle feste dei figli fingendo di conoscere gli hit del momento. Ma, pur lasciando più di un'incognita, l'ex Duca Bianco la sfanga ancora, coronando una nuova palingenesi». Earthling del 1997 è un buon disco, ma i seguenti Hours (1999) e soprattutto Heathen (2002) e Reality (2003) segnano una nuova, profonda crisi creativa.

 

9) La rinascita degli ultimi anni

Siamo arrivati agli anni recenti: «Per celebrare i suoi primi 66 anni, Bowie esce allo scoperto, mettendo a tacere le voci che riguardavano lui e il suo futuro, con un nuovo album, The Next Day (2013), a 10 anni esatti dall'ultimo lavoro in studio. L’immagine e la musica di questa ennesima reincarnazione sembrano suggerire la presa d’atto dell’essere umano che getta la maschera e che, in splendida malinconia, piega il capo verso il crepuscolo. Tutto drammaticamente realistico, peccato che l’ascolto di The Next Day faccia emergere la figura di un artista tutt’altro che dimesso, con voglia e ispirazione sufficienti per stupire ancora. Il suggello a questa ritrovata creatività del Bowie degli anni Dieci è Blackstar, che esce all'inizio del 2016».

 

10) La fine

January 10 2016 - David Bowie died peacefully today surrounded by his family after a courageous 18 month battle with...

Posted by David Bowie on Domenica 10 gennaio 2016

Come tutti i grandi trasformisti, Bowie esegue la sua metamorfosi più radicale e definitiva nell’atto di scomparire. «Proprio quando il mondo stava esultando per la sua ultima prodezza, purtroppo, giunge la notizia che tutti temevano da qualche anno, a causa della sua salute precaria: David Bowie si spegne l'11 gennaio 2016, dopo 18 mesi di lotta contro il cancro. L'annuncio arriva direttamente dal profilo Facebook del grande artista inglese e la conferma è successivamente data sul profilo Twitter del figlio.

Le parole più belle per ricordarlo le ha usate forse il suo produttore storico e amico di sempre, Tony Visconti: «Ha sempre fatto quello che voleva. E voleva sempre farlo a modo suo e nel modo migliore. La sua morte non è stata differente dalla sua vita, un'opera d'arte. Ha fatto Blackstar per noi, come un regalo. Sapevo da un anno che sarebbe andata così, ma non ero preparato. È stato un uomo straordinario, pieno di amore e di vita. Sarà sempre con noi. Ora, però, è giusto piangere. Una perdita incolmabile per il mondo della musica. Ma se è vero, come scrivono Fred Frith e Howard Howe nel saggio Art Into Pop, che "Bowie è una tela nera sulla quale la gente scrive i propri sogni", non resterà che chiudere gli occhi per continuare a vivere sospesi per sempre nella sua polvere di stelle».

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