Una testimonianza

Martina, da Treviolo a Scampia «Ho conosciuto suore eroiche»

Martina, da Treviolo a Scampia «Ho conosciuto suore eroiche»
Pubblicato:

«Ho visto la parte bella di Scampia, le persone che non si arrendono nonostante tutto, suore di settant’anni che dedicano interamente le loro giornate agli altri». Martina Locatelli è stata nel quartiere di Napoli in missione per la Caritas, dell’8 al 14 agosto. Sei ragazze dai venti ai trent’anni, accolte nella casa comunità delle suore delle Poverelle, insieme a un gruppo di giovani di Gandino. Racconta: «Sono persone straordinarie, forti, non si arrendono e non si preoccupano troppo anche se non hanno un lavoro. Questo è l’80 per cento di Scampia; poi c’è l’altro venti, non bisogna nasconderlo». Il confronto coi giovani del posto le ha dato molto da riflettere:

«Vivono una situazione difficile, in primo luogo perché spesso non possono permettersi gli studi, ma anche perché i laureati spesso faticano a trovare lavoro. Quasi sempre vengono fatti lavori in nero e con paghe misere. Ad esempio un ragazzo dentista ci ha raccontato che ha impiegato sette anni per trovare un contratto regolare. Forse anche per questi motivi molti passano alla malavita, è una tentazione forte». Suor Deborah coordina le attività delle poverelle: «Ci ha subito rassicurate, questo è un periodo tranquillo e non ci sono sparatorie. A Natale è stato ucciso un boss e tutti hanno spento le luci delle case in segno di riverenza».

 

Martina Locatelli con le sue cinque compagne di missione a Napoli

 

Durante i pomeriggi le ragazze della Caritas si sono dedicate al Cre locale: «Abbiamo portato i nostri giochi e attività, e loro ci hanno mostrato i loro, raccontandoci la loro quotidianità. C’è stato un bello scambio di esperienze. I bambini, fortunatamente, sono spensierati come i nostri. Le suore ci hanno spiegato che il Cre è un buon ponte per allacciare rapporti anche con le famiglie, altrimenti sfuggenti». Durante le mattinate Martina e le compagne di missione hanno conosciuto diverse realtà: «Abbiamo scoperto un associazionismo locale intenso. Ad esempio mi ha molto colpito il gruppo Pollici verdi, che ha rimesso a nuovo un parchetto altrimenti degradato e pieno di sporcizia. Adesso invece i bambini hanno campetti e giochi, oltre a un piccolo orto. C’è un forte senso civico: le persone si danno da fare per sistemare le cose che non vanno, senza pretendere che qualcuno lo faccia per loro». Un’altra realtà significativa è il ristorante Chiku: «Delle donne napoletane e rom hanno aperto da zero questa attività in uno spazio comunale e ora hanno un grande successo. Il progetto viene portato avanti da un giovane avvocato del posto e permette a queste donne di sostentarsi».

Come dimenticare poi la gita con i carcerati di Secondigliano, a Capodimonte: «Diversi dovranno scontare l’ergastolo per omicidi che hanno compiuto in preda a raptus. Noi però ci abbiamo visto delle persone con la loro umanità: hanno i loro sogni e progetti, anche se probabilmente non potranno realizzarli. Abbiamo passato alcune ore insieme: si sono raccontati e abbiamo fatto dei giochi insieme per conoscerci. Poi abbiamo mangiato la pizza più buona del mondo. Tanta semplicità e desiderio di libertà. Poi abbiamo celebrato una messa in carcere, ringraziando quelli che hanno deciso di partecipare rinunciando all’ora d’aria».

 
Embed from Getty Images
 

Una cooperativa cerca di dare lavoro a qualche detenuto, ma suor Simona, che si occupa in particolare dei carcerati, ci ha detto che bisognerebbe fare di più». Una giornata è stata dedicata alla mensa dei poveri a Napoli, in Santa Maria del Carmine: «Ci vanno più di duecento persone ogni giorno, su tre turni. Lì abbiamo visto la povertà e la miseria più assolute. Non si fermano a parlare, queste persone; alcuni portano bacinelle per recuperare gli eventuali avanzi. Quello è proprio un luogo di primo soccorso». Al dormitorio comunale, Martina ha conosciuto quattro suore eroiche, che dedicano tutte le loro energie ai meno fortunati: «Hanno settant’anni, ma non si fermano mai. C’è la suora cuoca che prepara i pasti per cento persone ogni giorno; c’è quella che lava loro la biancheria. Sono persone straordinarie. Il Comune fornisce invece i vigilantes e il servizio pulizie; purtroppo non ci sono volontari che aiutano queste suore straordinarie». Si crea un forte rapporto umano, perché molti poveri restano per mesi: «Le suore spingono le persone a tirar fuori il loro meglio, per riscattarsi. Cercano di far emergere il bello in ognuno».

Martina è tornata a casa con alcune parole in testa, che qui sembrano banali, ma là non lo sono: «L’esperienza è stata anche più forte rispetto a quelle all’estero negli anni scorsi, perché Scampia è in Italia, è qui vicino. Abbiamo chiesto ai ragazzi perché non se ne vanno: hanno risposto che non vogliono lasciare il loro quartiere, sarebbe una sconfitta. Questo mi fa molto pensare, perché i loro valori sono ancora più forti dei nostri, perché non hanno “la pappa pronta” come spesso capita a noi».

Un’ultima, significativa, esperienza è stata la cena in una famiglia del posto: «Abbiamo conosciuto Michele, che vive con la nonna. Ha perso il lavoro, ma non s’è arreso e si sta rimettendo in gioco, con un corso per fare il grafico, il suo sogno. Pur essendo disoccupato, non vive n e ll’angoscia: sono persone serene, non si preoccupano troppo per ciò che sarà, vivono alla giornata. Trovano sempre il bello delle cose». Alle Vele non sono state, le sei amiche, ma le hanno viste passando: «Sono terribilmente decadenti, più di quanto appaia dalle riprese tv. Un ragazzo ha detto che per salire le scale fino ai piani alti bisogna chiedere il permesso. Ma anche lì ci sono famiglie oneste e positive, che vogliono dare una svolta alle proprie vite».

Seguici sui nostri canali