«doveva tirarlo Nicolini»

Oliviero "bomber vero" Garlini e quella sera contro il Malines

Oliviero "bomber vero" Garlini e quella sera contro il Malines
Pubblicato:
Aggiornato:

Nei giorni e nelle settimane in cui il sogno europeo avvolge il popolo atalantino, abbiamo intervistato l’uomo che nella sera più importante aveva illuso tutti quanti noi che si potesse davvero andare in finale. Oliviero Garlini, il 20 aprile 1988, in Atalanta-Malines segnò il rigore del vantaggio e le emozioni le ricorda come se fosse ieri.

Oliviero Garlini, quanto pesava il pallone quella sera?
«Sono sincero, non pesava affatto più del normale. È stata una serata speciale, siamo entrati in campo al meglio e in un primo tempo in cui abbiamo creato alcune palle gol molto importanti, ecco l’occasione più grande. Ho preso il pallone e sono andato sul dischetto deciso a far bene. Ho fatto gol sotto la Curva ed è stato stupendo. Ma la volete sapere una cosa curiosa?».

Siamo qui apposta. Ci dica.
«Il rigore non dovevo nemmeno calciarlo io, toccava a Nicolini».

Davvero?
«Assolutamente sì. Il rigorista della squadra ero io ma nel turno precedente avevo sbagliato un tiro dagli undici metri e Mondonico decise per il cambio con Nicolini. In campo però succedono spesso cose diverse. Quando ho visto l’arbitro che assegnava la massima punizione mi è venuto quasi istintivo il gesto di prendere il pallone: in quel momento pensavo solo a fare gol. E Mondonico si è voltato spalle al campo, non voleva nemmeno guardare».

Cosa passa per la testa in quei pochi secondi?
«Credo che non ci sia molto da pensare, se ti perdi in mille ragionamenti è finita. Avevo l’intenzione di calciarlo forte e centrale, davanti c’era un gran portiere come Preud’homme e quindi il rischio di sbagliare ancora era forte ma poi mi sono ricordato di un insegnamento: se metti la palla tra il palo e il paletto di sostegno della rete, il portiere non la prende mai. Ho fatto gol».

 

 

E subito dopo il gol, prima di sentire il boato del pubblico, cosa si prova?
«Gioia, una gioia grande. Io sono corso subito verso un mio amico che stava in carrozzina vicino alla panchina del mister per festeggiare insieme a lui, ma in quel momento lo stadio era una bolgia e tutti ci credevamo davvero. Al rientro dagli spogliatoi eravamo davvero convinti di farcela».

A proposito, cosa le ha detto Mondonico negli spogliatoi?
«Immaginatevi il dialogo in dialetto: lui che mi chiede chi doveva calciare e io che rispondo Nicolini. Poi ancora il mister che mi chiede come mai allora avevo calciato e io che rispondo che il problema non c’era visto che avevo fatto gol. Comunque non ci siamo stati troppo sopra: c’era un secondo tempo da chiudere al meglio».

E invece andò tutto al contrario di come ci si aspettava: il Malines ribaltò il risultato.
«Mi dispiace davvero molto. L’attesa per quella gara era enorme, ricordo che lo stadio era pieno alle 18 e quando noi partimmo da Sarnico per raggiungere il Comunale restammo quasi ammutoliti davanti al silenzio irreale della città: non c’era in giro nessuno, erano tutti allo stadio. Il Malines segnò il pareggio con un gol incredibile del difensore centrale: l’avevo vicino, il meno bravo di tutti ha insaccato un gol da antologia. Alla fine abbiamo pure perso, ma tutto lo stadio ci applaudì: era stata una grande rincorsa».

Voi siete stati gli unici a rappresentare l’Italia in Europa giocando in Serie B.
«Il nostro primo obiettivo era quello di tornare in Serie A, ci siamo riusciti solo nelle ultime giornate grazie tra l’a ltro ad una vittoria ottenuta a Bologna con un mio gol. Le energie fisiche e mentali che il doppio impegno richiede sono importanti ma noi siamo stati orgogliosi di essere rimasti gli unici in Europa. E se solo all’andata fosse andata diversamente…».

 

 

Ve la siete giocata là, la qualificazione?
«Credo che la qualificazione non sia sfuggita per colpa della sconfitta in casa, ma piuttosto per quella dell’andata. Perdemmo 2-1 anche a Mechelen ma le occasioni per strappare almeno un pareggio gridano vendetta ancora oggi. Avessimo chiuso i primi 90 minuti di quella semifinale con un risultato positivo, la finale con l’Ajax l’avremmo disputata noi».

Stiamo parlando di quelle emozioni perché Bergamo, a distanza di quasi trent’anni si trova ancora a sognare l’Europa.
«C ’è grande euforia, la gente ci crede e la squadra sta facendo davvero un super campionato. I punti sono sempre importanti e ce ne sono in palio in ogni gara».

Gasperini sta facendo qualcosa di grandioso.
«Non pensavo, onestamente, che potesse arrivare a certi risultati, soprattutto dopo un avvio così difficile che poteva anche concludersi con un esonero. Ha avuto la forza di cambiare e di lanciare giovani di valore, l’Atalanta è una bella squadra e gioca davvero un calcio interessante con uno spogliatoio che è un valore aggiunto».

Ritiene sia questo il segreto?
«Sì, ci sono giocatori meno impiegati e di grande esperienza che si sono messi completamente a disposizione ella causa pur sapendo che non giocheranno mai. Questi sono dettagli che fuori possono apparire come secondari ma che invece sono determinanti. Se a questo aggiungiamo giocatori di grande valore come Gomez e giovani di qualità, il mix è perfetto».

 

 

Domanda tecnica: ai suoi tempi, uno come Petagna avrebbe giocato?
«Non penso che avrebbe trovato continuità come la sta trovando oggi, ma il calcio è cambiato e lui è molto, molto importante per il tecnico Gasperini. È un ragazzo che ad inizio stagione mi lasciava qualche perplessità e invece si è dimostrato un elemento molto valido. Magari con uno come Pavoletti al suo posto sarebbe arrivato qualche gol in più ma siamo davvero nel campo delle supposizioni e Petagna è un giocatore fondamentale per questa Atalanta».

A Bergamo, per molti, lei è ancora “Oliviero Bomber Vero”.
«Mi diedero quel nomignolo alla Lazio, poi passai all’Inter e infine all’Atalanta, dove avevo tanta voglia di rilanciarmi. Inizialmente non facevo gol ma pian piano mi sono sbloccato e alla fine il rammarico grande è non aver vinto la classifica di cannonieri di Serie B: sono arrivato a 18 reti e ho sbagliato 4 rigori, li avessi segnati sarei arrivato primo».

Torniamo alla sera del Malines: è la gara più importante che ha giocato?
«Una delle due più importanti, senza dubbio. L’altra è Inter-Aek Atene dell’anno prima, stagione 1986/1987. L’allenatore era Trapattoni e la domenica prima restai fuori perché avrei poi giocato in Coppa. Lui era molto bravo nella gestione di queste cose, veniva in camera e ti parlava mettendoti sempre nelle migliori condizioni. Ricordo che quella sera a San Siro c’erano 85mila persone. Salire quei gradini e trovarseli di fronte è stato veramente emozionante. Come la cavalcata con l’Atalanta e quell’applauso finale dopo l’eliminazione: il pubblico di Bergamo è speciale, vedrete che anche anche a Reggio Emilia saranno in tantissimi».

Seguici sui nostri canali