Il grande pilota

Quando Arturo Merzario volava in Presolana come in autostrada

Quando Arturo Merzario volava in Presolana come in autostrada
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Ha compiuto 75 anni lo scorso marzo ed è un’icona dell’automobilismo italiano, dove ha corso in tutte le discipline, raccogliendo titoli e fama. Lui è Arturo Merzario (anche se una storpiatura dell’ufficio anagrafe lo vorrebbe Arturio): più che un grande pilota è rimasto per molti il salvatore di Niki Lauda sulla pista del Nürburgring dopo il pauroso incidente del 1976. Per noi bergamaschi (ma probabilmente solo per gli appassionati) è stato invece il vincitore a suon di record dell’ultima edizione disputata della Coppa Presolana, nel 1970.

Una carriera in ascesa. A meno di vent’anni, nel 1962, prese parte a Monza, con l’Alfa Romeo Giulietta Spider di famiglia alla Coppa Fisa, conquistando un sorprendente ottavo posto. Scritturato da Mario Angiolini del team Jolly, corse il successivo Rally di Sardegna del 1963, vincendo nella categoria GT. Fra il 1967 ed il 1970 ci fu la sua esplosione, ingaggiato dalla Abarth come collaudatore e poi come pilota ufficiale. Nel 1968 si impose nel tricolore Montagna, con una Barchetta 1000SP, mentre nel 1969 vince al Mgello con una Abarth 2000, raggiungendo anche il secondo posto nel Campionato Europeo della Montagna. Nel ’72 vinse la sua prima Targa Florio, in coppia con Sandro Munari, altra leggenda del volante.

 

 

La Coppa Presolana. Gli Anni Sessanta e Settanta erano anni ruggenti per l’automobilismo, con molti appassionati che univano all’entusiasmo dell’età l’intraprendenza contagiosa del boom industriale. L'Automobile Club di Bergamo, propose la riedizione della storica Coppa Presolana, una classica nata alla fine degli Anni Venti, con prova di regolarità da Bergamo al Dezzo, e cronoscalata, il giorno successivo, verso il Passo della Presolana. La scelta fu quella di una gara di velocità verso il Passo, partendo dal versante seriano, e precisamente da Castione, con tornanti più agevoli e per questo più veloci. Era una cronoscalata piuttosto breve, circa sei chilometri, con un dislivello di 412 metri. Attirava auto e piloti di grande fama, ma anche i residenti della Valle, che addirittura correvano (come il Merzario delle prime uscite) con l’auto di papà.

Quindicimila spettatori. «Si comincia – si legge in un diario pubblicato dal Club Orobico Auto d’Epoca che nel 2011 ha riportato in auge la gara sotto forma di rievocazione storica – il 17 ottobre 1965. Giornata di sole, la folla disseminata lungo il percorso è di circa quindicimila spettatori. In gara Ferrari, Porsche, Abarth G.T., turismo, formula 3. Lella Lombardi (che poi correrà in Formula 1, ndr) resta bloccata lungo il percorso da un guasto mentre si mette in evidenza Rosadele Facetti (Lancia Fulvia, sorella del pilota collaudatore Carlo, ndr). Vittoria per Noris con una Porsche 904 che precede per soli due secondi su Nember (Ferrari Le Mans). L'anno dopo al via si presentono 136 piloti. Edoardo Lualdi Gabardo della Scuderia Sant'Ambroeus in gara con la Ferrari è un fulmine: vittoria e record della corsa (123,076 km/h) migliorando di quasi dieci km la precedente media».

 

 

«L'edizione 1967 – si legge ancora nel diario – è valida per l'assegnazione del Trofeo della Montagna. In gara: Ferrari, Porsche, Alfa Romeo, Abarth, Lancia, BMW, NSU, Cooper BMC, Renault. Trionfo della Ferrari: primo, secondo, terzo posto, media record. Il successo è per Mario Casoni noto come “il modenese volante”. Rosadele Facetti è imprendibile con la Lancia Fulvia HF. L'edizione 1968 si disputa sotto una fitta pioggia, si contano più di 150 piloti in gara, mancano i vincitori delle precedenti edizioni. Un barone siciliano, chiamato “Kudwig von Kappen” con una Porsche Carrera 910 è il più veloce. L'anno dopo è la corsa dei primati: centottanta concorrenti e la presenza di un numerosissimo pubblico che finisce per compromettere la regolarità della cronoscalata L'Abarth di Franco Pilone, miglior tempo in prova, poco dopo il via, compie un testacoda e danneggia seriamente l'auto. Il pubblico si riversa in mezzo alla strada e blocca la corsa per parecchio tempo».

L’edizione dell’addio, Merzario a suon di record. L’edizione 1970 segna la fine dell’era moderna della Coppa Presolana ed è quella della vittoria di Arturo Merzario, ormai celeberrimo con il suo cappello da cowboy. L’attesa fra gli appassionati è spasmodica e la ricerca di prestazioni sempre più incredibili genera adrenalina. Arturo Merzario vince con la nuova Abarth 3000 Sport, fuoriserie ideata da Carlo Abarth con un motore V8 si 3000 cc, in grado di sviluppare 365 cavalli a 8400 giri al minuto. Merzario vince son l’incredibile media di 137,421 chilometri all’ora: da Castione al passo come in autostrada. Sui tornanti dell’Alta Valle Seriana per fortuna non accaddero incidenti, ma amare esperienze verificatesi altrove, portarono di fatto a bloccare ulteriori edizioni della corsa, divenuta troppo pericolosa.

 

Niki Lauda con Arturo Merzario e il famigerato Rolex

 

L’angelo del Nürburgring. Merzario proseguì la sua carriera in costante ascesa, arrivando a correre stabilmente in Formula 1, tentando addirittura nel 1978 il ruolo di costruttore, presto abbandonato per l’egemonia dei grandi gruppi industriali. La sua vittoria più bella resta quella del 1 agosto del 1976 sul circuito che in Germania si snoda attorno al castello della città di Nürburg, il famigerato Nürburgring. Non un primo posto sotto la bandiera a scacchi, ma il salvataggio, insieme a Guy Edwards, Brett Lunger e Harald Ertl del collega della Ferrari Niki Lauda, capoclassifica del mondiale. L’austriaco era rimasto intrappolato all’interno della monoposto dopo un terribile schianto (causato forse dall’incertezza meteo e gomme “fredde”) con successivo incendio. Merzario estrasse Lauda dall’auto in fiamme salvandogli la vita, minacciata dal fuoco e dalle esalazioni letali del rogo.

«Per fortuna, nel '65 – ha raccontato Merzario un paio d’anni fa a Repubblica nel quarantesimo dei fatti – per guadagnarmi sette giorni di licenza da militare, feci un corso di primo soccorso: gli feci il massaggio cardiaco e la respirazione artificiale. Rimase in vita così, finché non arrivarono i soccorsi». Il ferrarista, nonostante gravi ustioni ancor oggi ben visibili, riuscì dopo circa 40 giorni a ritornare al via, per tentare di agguantare il mondiale conteso dall’inglese Hunt. Una sfida all’ultimo punto (a favore del britannico) con finale thrilling sotto il diluvio in Giappone, raccontata anche nel film Rush di Ron Howard. Lauda anni dopo regalò a Merzario un Rolex, che Arturo lanciò via. Nessuno ha mai celebrato a dovere il cowboy dal volante facile, quello che sfrecciava come in autostrada sui tornati della Presolana.

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