Una mente eccezionale

Quando Testori difese la nostra arte Fuoco e fiamme per Fra' Galgario

Quando Testori difese la nostra arte Fuoco e fiamme per Fra' Galgario
Pubblicato:
Aggiornato:

Un milanese innamorato di Bergamo: questo è stato Giovanni Testori, di cui oggi ricorrono i venticinque anni dalla morte. Testori è stato uno dei maggiori scrittori italiani della seconda metà del Novecento. Ma Testori è stato anche molte altre cose insieme: storico dell’arte, drammaturgo, poeta, regista, commentatore del Corriere della Sera, e in alcune circostanze anche attore.

Un critico eccezionale. Il suo rapporto con Bergamo è legato soprattutto all’attività di grande conoscitore e appassionato della pittura lombarda del tra Cinquecento e Settecento, ma anche di quella contemporanea. Negli Anni Cinquanta era stato lui, su “mandato” del più grande storico dell’arte del secolo scorso, Roberto Longhi, a battere la Bergamasca per restituire la dovuta conoscenza e gloria in particolare Giambattista Moroni e Fra’ Galgario. Entrava in tutte le collezioni private bergamasche per rimettere a posto le attribuzioni di quadri lasciati nel dimenticatoio. E non c’era antiquario che non lo conoscesse e non ne avesse anche soggezione. In una mostra organizzata al Palazzo Reale di Milano nel 1953, dal titolo emblematico I pittori della realtà Lombardia, Testori aveva sdoganato questi geni di territorio, che nei decenni successivi hanno conosciuto uno straordinario riconoscimento internazionale.

galgario 01
Foto 1 di 4
galgario 02
Foto 2 di 4
galgario 03
Foto 3 di 4
galgario 04
Foto 4 di 4

Quando restituì Fra' Galgario a Bergamo. Ma Testori non era un critico come tutti gli altri. C’è un episodio emblematico della sua natura appassionata e battagliera.  Nel 1970 era uscito un libro dedicato a Fra’ Galgario firmato da un autorevole studioso veneziano, Rodolfo Pallucchini. In quel libro si avanzava l’idea il Galgario fosse un grande artista da aggregare alla cultura veneta, per quel suo modo elegante di dipingere in particolare gli abiti e le capigliature dei nobili bergamaschi. Testori vide in quella lettura una sorta di esproprio. Prese carta e penna e scrisse non una recensione, ma un altro libro per ribaltare quella tesi. Bisogna leggerlo quel libro per capire chi era davvero Testori: il povero studioso veneziano, senza neanche venire citato, viene fatto a pezzettini, da una scrittura travolgente e ironica che restituiva a Bergamo (e alla Lombardia) quel che era di Bergamo. Tra la parola di Testori e la pittura pastosa e molto fisica dell’artista bergamasco si creava una straordinaria osmosi, alla quale era veramente difficile pensare di replicare.

 

 

Un inno al Lotto bergamasco. Anche su Moroni Testori fece un’operazione controcorrente, valorizzando quella produzione che veniva ritenuta di serie B, cioè la produzione sacra del grande artista di Albino. Con una casa editrice bresciana curò un libro che voleva essere anche una guida a riscoprire Moroni chiesa per chiesa, in particolare nella sua Valseriana. Ma forse il più grande atto d’amore verso Bergamo Testori lo scrisse sul Corriere della Sera con un elzeviro che è entrato negli annali dedicato all’Angelo annunciante di Lorenzo Lotto, dipinto per il polittico di Ponteranica (qui sopra). Quell’angelo color ciclamino, questo il titolo dell’articolo, era un inno non solo a quel meraviglioso gioiello di Lotto, ma anche alla provincia, capace di riservare simili sorprese a chi pensa che fuori dai grandi centri ci sia solo arte minore. Altro che minore...

Seguici sui nostri canali