Ha compiuto 40 anni

Checco Zalone, il re Mida comico che doveva fare il magistrato

Checco Zalone, il re Mida comico che doveva fare il magistrato
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Mamma Antonietta e papà Alessandro mai avrebbero immaginato chi diavolo avevano messo al mondo quel 3 giugno del 1977. Sognavano un figlio magistrato e lui infatti li aveva illusi prendendo pure la laurea in giurisprudenza. «Ma proprio il giorno del concorso non si presentò», ha raccontato una volta la zia Rachele. «L’avevano chiamato a Zelig e la sera partì per Milano… Ora, tra fa u’ magistratu e fa u’ pagliacciu c’è differenza!». L’interessato, che allora era ancora semplicemente Luca Pasquale Medici, commenta dicendo che quello era stato il «classico colpo di c…». Il nome dell’anagrafe cambiò per sempre una sera mentre faceva una delle sue serate da 70 euro in pizzeria. Un’amica che lo stava ascoltando ad imitare il classico cantante neomelodico napoletano, sbottò: «Ma che cozzalone sei!» (che da quelle parte equivale a “tamarro”. E Checco Zalone da quel giorno fu.

 

https://youtu.be/S7z_X7fqIDw

 

Da ragazzino rompeva i timpani ai suoi continuando a strimpellare per casa. Implorava di poter fare il Conservatorio invece della noiosa università. Ma papà Alessandro fu irriducibile: «Con l’arte non si campa». Mai verità fu più clamorosamente e felicemente smentita: Luca, alias Checco, gira oggi la boa dei 40 anni avendo messo via 173 milioni di soli incassi dei quattro film girati (Cado dalle nubi, 2009; Che bella giornata, 2011; Sole a catinelle, 2013; Quo vado, 2016). E a quella cifra vanno poi aggiunti gli introiti per le serate del comico oggi nettamente più amato e ricercato d’Italia.

Una parabola iniziata a Bari, dove i suoi amici ricordano le prime pagliacciate in classe. Aveva raccontato una volta il fratello Luca (che oggi lavora con lui alla produzione dei film): «Prendeva i profilattici al padre, che era un rappresentante di prodotti farmaceutici, e li portava in classe dicendo che li aveva testati. Era uno scherzo, una cosa così, tanto per far vedere quale tesoro possedesse. Ma non ci faceva niente».

 

 

Sempre a Bari, in occasione delle sue prime comparsate a TeleNorba aveva incontrato l’uomo chiave del suo successo, quel Gennaro Nunziante che è stato il regista di tutti i suoi film. Zalone è personaggio che non disdegna né tanto meno rinnega i colpi di fortuna. Come quello che lo baciò in fronte nel 2006, mentre la nazionale italiana era in Germania a giocarsi la Coppa del Mondo. Lui scrisse una canzone molto scanzonata, che venne mandata in onda per scherzo da Ivan Zazzaroni su Radio Deejay: si intitolava Siamo una squadra fortissimi. Diventò in un attimo il tormentone dell’estate. Non solo: dimostrò che Checco Zalone portava anche bene, visto come andarono le cose sul campo.

È una fama che Checco non ha mai smentito. La sua è una comicità positiva, senza rancori. Aspra a volte, ma mai predicatoria. Non è un comico che guarda dall’alto in basso il mondo di cui sorride o che deride. Lui stesso si confessa parte di quell’Italia, non la rinnega. Cerca semplicemente di darle un po’ d’allegria, perché la vede oltremodo depressa e troppo scettica. I suoi film incassano non perché siano dei capolavori o siano destinati a restare nella storia. Incassano perché guardandoli ci si sente tutti più contenti e positivi. Checco Zalone è uno di noi. Altri 40 anni così, carissimo Checco.

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