Dalla campagna di Russia all'A.N.A.

Il cappello di Nardo

Il cappello di Nardo
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A un anno dalla morte di Leonardo "Nardo" Caprioli, ex-presidente dell'Associazione Nazionale Alpini, ripercorriamo la storia di un uomo vero. Con tutto quello che ci lascia. A partire dal suo cappello.

 

Nardo col suo cappello

 

Da venerdì 9 a domenica 11 maggio 2014 si è svolta a Pordenone, terra friulana, l’87esima Adunata Nazionale Alpini. La manifestazione, che si tiene ogni anno nella seconda domenica di maggio ed è promossa dall’ANA (L’Associazione Nazionale Alpini) nacque per iniziativa degli alpini reduci dalla Grande Guerra che, tra il 5 e il 7 settembre 1920, si trovarono sul Monte Ortigara (VI) per commemorare i caduti del conflitto da poco terminato. Presenti alla manifestazione di quest’anno circa 400 mila penne nere, di cui circa 4 mila appartenenti all’ANA di Bergamo, che hanno deciso di sfilare ricordando l’alpino più importante per il territorio bergamasco: Leonardo “Nardo” Caprioli.

 

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Il figlio Marco ha sfilato mostrando a tutti, adagiato su un cuscino tricolore, il cappello del padre, deceduto il 2 luglio dello scorso anno. È ancora forte il legame che l’ANA mantiene con Caprioli, e per questo i suoi soldati hanno voluto tributargli il giusto riconoscimento in occasione della prima Adunata che lo ha visto mancante.
Il ricordo di tutti è andato al maggio 2010 quando era toccato a Bergamo l’onore di ospitare l’Adunata nella quale Caprioli, acclamato dalla folla, aveva sfilato sulla Fiat Campagnola (la Jeep del nostro esercito) facendo il saluto alpino. Era stanco e già malato, ma non aveva voluto rinunciare ad un evento così importante e che lo vedeva fortemente coinvolto. Godeva del rispetto e della stima di tutti, al punto che Antonio Sarti, presidente dell’ANA di Bergamo dal 2003 al 2012, in seguito al grande successo dell’Adunata bergamasca dichiarò: «È stato un abbraccio corale, vera adrenalina, che ci stimola a continuare sulla strada tracciata dai nostri grandi “veci”. Un nome per tutti, Leonardo Caprioli». Il giorno seguente su L’Eco di Bergamo comparve addirittura una poesia dedicata «Al grande Caprioli e a tutti i reduci» scritta di Aurora Cantini.

Una vita, quella di Leonardo Caprioli, passata ad aiutare gli altri (celebre il suo motto “Ricordiamo i morti aiutando i vivi”) nel ricordo della battaglia di Nikolaevka, che rievocò in uno struggente discorso tenuto in occasione del 54° anniversario,  il 26 gennaio 1997.

Nato a Bergamo il 24 novembre 1920, Nardo studia al Liceo Classico Paolo Sarpi, per poi iscriversi alla Facoltà di Medicina a Milano. Nel gennaio 1941, ancora studente, si arruola come volontario nell’Esercito, rifiutando però la destinazione al reparto Sanità, che gli spettava in quanto futuro medico. Viene allora assegnato in un primo tempo al 6° Reggimento Alpini, fondato il 1 novembre 1882 dal colonnello Nicola Heusch e reso celebre dalla battaglia sull’Ortigara (10–25 giugno 1917), a cui presero parte circa 400.000 soldati italiani. Il Reggimento era stato allora richiamato dal fronte greco-albanese e sarebbe stato in seguito coinvolto nella Campagna di Russia. Dal 6° Reggimento (quello della canzone La Penna Nera: «Evviva Evviva, il Reggimento /Evviva Evviva il 6° degli Alpin!»)  Nardo passa al Battaglione Alpini Edolo, fondato a Milano nel 1886 all’insegna del motto: Dür per Dürà e composto da tre compagnie: La Balda, La Veloce e La Ferrea. Nel luglio 1942 è inviato in Russia con la Brigata Alpina Tridentina, impegnata nella difesa della città di Bassowka. Aggregato alla Compagnia reggimentale di cannoni e controcarro, ottiene 20 giorni di licenza, ma il 15 gennaio 1943, mentre si accinge al rientro, un reparto sovietico irrompe nella sede del Comando Alpini a Rossosch costringendolo a rinviare la partenza. Caprioli assume il comando del Plotone Mitragliatrici della 52esima Compagnia fino alla Battaglia di Nikolaevka, destinata ad imprimersi nella memoria degli Italiani per l’eroismo, fino al sacrificio, dimostrato dai nostri soldati.

 

 

Rientrato in Italia nell’aprile 1943, due anni dopo consegue la Laurea in Medicina e Chirurgia e nel 1947 sposa Anna Calcioni, dalla quale avrà 4 figli che gli daranno 7 nipoti. Dal 1969 al 1984 è stato presidente dell’ANA di Bergamo e successivamente – dal 1984 al 1998 – di quella Nazionale. Motivi di salute lo convinsero alle dimissioni. Divenuto Commendatore dell’Ordine al Merito della Repubblica Italiana il 18 febbraio 1986, tre anni dopo fu nominato Grand’Ufficiale.
Numerose le opere di carattere assistenziale che hanno avuto come protagonisti i suoi Alpini: i soccorsi in occasione dei terremoti in Irpinia e nel Friuli, l’erezione della Casa Disabili di Endine Gaiano e, nel 1983, la costruzione dell’"Asilo Sorriso" di Rossosch, eretto nel luogo dove si trovava il Quartier Generale Alpino nel 1942. La struttura ospita attualmente più di 150 bambini. Nel 2003 ha pubblicato con Ferrari Editrice un libro di memorie: Cantavamo Rosamunda. Dalla Campagna di Russia ai vertici dell’ANA.
In occasione della morte, il Comune di Bergamo ha proclamato per il 4 luglio 2013 il lutto nazionale, imponendo le bandiere a mezz’asta su tutti gli edifici pubblici. I funerali, svolti nella Chiesa di Santa Maria delle Grazie a Bergamo, hanno visto una grande partecipazione di amici e conoscenti che volevano salutare il Nardo. Erano più di 1000 gli alpini venuti da tutti Italia.

 

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