Il concerto

«Canto il messaggio di De Andrè che era dalla parte degli ultimi»

«Canto il messaggio di De Andrè che era dalla parte degli ultimi»
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Istrionico ma pacato, sorprendente ma alla mano. Poliedrico, probabilmente, è l’aggettivo più azzeccato per Neri Marcorè, 51 anni, marchigiano di Porto Sant’Elpidio, attore raffinato ma anche imitatore (memorabile il suo Gasparri), doppiatore, conduttore televisivo, cantante, chitarrista e appassionato di musica. Quando non lo vediamo in televisione è a teatro: domani sarà al Creberg di Bergamo con “Come una specie di sorriso”, ennesimo excursus musicale in cui si cimenta. Con De’ Andrè, tra l’altro, non è la prima volta.

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Quello dello chansonnier chitarra alla mano sembra un secondo lavoro, un ripiego. In realtà, prima di cimentarsi con gli omaggi ai cantautori, ai Beatles (con “Beatles Submarine”, fatto insieme alla Banda Osiris), a show sulle canzoni di Giorgio Gaber (“Un certo signor G”) e così via, Marcorè faceva proprio quello. «Ho cominciato a fare musica a 12 anni, cantavo i pezzi dei Bee Gees, e più avanti ho cominciato a fare il verso a tutti, a partire da Mina – ci racconta al telefono -. Non ho mai smesso di cantare, anche se fino all’esperienza con Luca Barbarossa non sono più tornato sul palco. Nel 2012, poi, il primo spettacolo tutto mio dedicato ai cantautori. Da lì ci ho preso proprio gusto».

Il messaggio di De Andrè. «Il mio è un vero e proprio concerto – ha spiegato Marcorè, che sul palco canta e suona la chitarra – ma non ripropone, di De Andrè, solo i testi più famosi. C’è “Il pescatore” che dà il titolo allo spettacolo, certo, ma per il resto ho preferito portare in scena e interpretare brani di seconda fila». Da “Giugno 73” a “Il testamento di Tito”, da “Amore che vieni, amore che vai” a “Le acciughe fanno il pallone”, tanto per fare qualche esempio. Una selezione finalizzata anche alla rilettura che Marcorè propone di De Andrè, amato perché «i suoi testi sono sempre dalla parte dei più deboli: un messaggio di cui oggi, con questa deriva a mettere sempre più spesso se stessi al primo posto, considerando chi resta indietro un peso per la società, si sente bisogno più che in passato».

 

Per leggere l’articolo completo rimandiamo a pagina 25 di BergamoPost cartaceo, in edicola fino a giovedì 15 novembre. In versione digitale, qui.

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