Antipasto della grande mostra

C'è il Cristo benedicente di Raffaello alla Carrara, ma fino al 26 gennaio

C'è il Cristo benedicente di Raffaello alla Carrara, ma fino al 26 gennaio
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Il Cristo benedicente, capolavoro di Raffaello di proprietà della pinacoteca Tosio Martinengo di Brescia, è arrivato all’Accademia Carrara e sarà visibile fino al 26 gennaio a fianco del San Sebastiano, capolavoro del museo bergamasco sempre a firma del Sanzio, della Santa Caterina di Timoteo Viti e di una tavola a soggetto sacro dipinta dal fiorentino Mariotto Albertinelli. In anticipo rispetto alla grande mostra Raffaello e l’eco del mito, che parte a fine gennaio. Diversamente non si poteva fare: il Cristo, appena tornato nella città della Leonessa dopo essere stato nei musei di Varsavia, Helsinki ed Enschede per la mostra Brescia. The Reinassance in Nothern Italy, non avrebbe dovuto lasciare la città almeno fino al 2021. Perché a febbraio la Tosio Martinengo riapre dopo otto anni (vi ricorda qualcosa) e non vuol farlo senza uno dei pezzi di peso della collezione permanente. In cambio del Sanzio, Santa Giulia riceverà un dipinto (titolo e autore saranno svelati tra poco) per la mostra Tiziano e la pittura del Cinquecento tra Brescia e Venezia (la vernice è fissata per il 21 marzo).

Prestiti di alto livello. Alleanza a lunga scadenza tra Brescia Musei e la Carrara: hanno firmato un protocollo di collaborazione quinquennale che prevede la condivisione di opere e progetti. «L'occasione culturale offerta dalla Carrara e dalla Tosio Martinengo al proprio pubblico – ha commentato Maria Cristina Rodeschini, direttore della Fondazione Accademia Carrara - è un distillato della loro storica vicinanza, che mette in valore i loro patrimoni, le storie collezionistiche, l’impegno nell'attualità della vita dei due musei. Un’antica relazione lega due istituzioni culturali, per molti aspetti sorelle, entrambe impegnate in una forte rilancio che trarrà vantaggio dalla loro alleanza. La concomitanza del rinnovo completo dei due musei lombardi - la Carrara nel 2015, la Tosio Martinengo nel 2018 - la scelta comune di una politica di mostre di profilo nazionale - da gennaio quella dedicata a Raffaello dalla Carrara, in primavera l'evento bresciano su Tiziano - sono frecce all'arco delle due città, Bergamo e Brescia, che sul terreno della cultura si dispongono a collaborare stabilmente».

 

 

«Raffaello Anteprima», si chiama il percorso. Il confronto nel percorso espositivo della Carrara del Cristo e del San Sebastiano misura la grandezza di Raffaello sin dagli anni della giovinezza. E proprio il complesso tema delle sue origini culturali sarà al centro della prossima mostra di Accademia Carrara, Raffaello e l’eco del mito, da gennaio 2018, di cui l’accostamento delle due opere costituisce un’anteprima. I capolavori, dipinti tra il 1502 e il 1505, dimostrano quanto fosse ricco e articolato l'orizzonte culturale del giovane Raffaello, artista capace di una sorprendente evoluzione tecnica e creativa. La piccola tavola Tosio(il Cristo, appunto), appartiene all’attività giovanile del maestro urbinate e la si considera eseguita intorno al 1505. Destinata alla devozione privata, rappresenta Cristo Redentore benedicente in primissimo piano sullo sfondo di un paesaggio. Permea l’immagine una cultura complessa, di cui Raffaello si era impadronito nella città natale, segnata da altissime presenze, sia in pittura con Piero della Francesca e Melozzo da Forlì sia in architettura con Alberti, Laurana, Bramante. Il giovane Raffaello seppe far tesoro del sapere della cultura feltresca e il Cristo di Brescia ne dà conto. Il torso nudo, che emerge dal manto rosso con l’evidenza dei segni della passione, lascia trapelare la memoria della pittura di Giovanni Santi, negli affreschi della cappella Tiranni a Cagli. La resa espressiva del volto e la leggera torsione del corpo di Cristo rivelano tuttavia la rapida progressione delle conquiste di Raffaello. La linea mediana dell’orizzonte paesaggistico lascia che la figura esprima pienamente una spazialità nuova che presuppone la conoscenza della statuaria classica. La sottigliezza e l’accuratezza nella stesura pittorica, che evidenzia ogni dettaglio del volto al quale viene riservata una procedura a tratteggio in modo affine all’arte della miniatura - di cui la biblioteca di Federico da Montefeltro vantava sommi esemplari - impreziosisce l’opera che riesce a trovare un rapporto armonico tra la fisicità della figura, inondata di luce, e la quieta atmosfera del paesaggio sullo sfondo. Il dipinto fu acquistato dal collezionista Paolo Tosio (1775 -1842) a Milano con la mediazione di Teodoro Lechi, che a sua volta aveva fatto da tramite con i marchesi Mosca di Pesaro, proprietari dell’opera dal 1770. L’ingresso nella collezione bresciana avvenne nel 1821.

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