All'Uci Cinemas di Curno

Oggi non prendete impegni c'è "L'ultimo concerto di De Andrè"

Oggi non prendete impegni c'è "L'ultimo concerto di De Andrè"
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Sarà il caso di non prendere impegni per mercoledì 27 e giovedì 28. Resterà solo per due giorni al cinema il film su Fabrizio De André: Faber in Sardegna & L’ultimo concerto di Fabrizio de André, che è, come si evince dal titolo, un doppio documentario sul «più grande cantautore italiano di tutti i tempi».

Faber in Sardegna è stato girato da un sardo, Gianfranco Cabiddu, e racconta, con le voci di chi ne ha condiviso la quotidianità – il fattore, il commercialista, il prete – la vita di De André all’Agnata. L’Agnata – i fedelissimi lo sapranno già – è la tenuta in Gallura che De André tirò su pezzo per pezzo a partire dal 1975; è il posto che – forse per le querce, i prati e gli animali, sicuramente per il silenzio – per lui più rassomigliava al paradiso. Cominciò a dedicarcisi, come racconta la compagna Dori Ghezzi in un’intervista su Repubblica, dopo l’accoglienza insoddisfacente che il pubblico riservò a Storia di un impiegato. Aveva vissuto nelle campagne di Revignano D’Asti, circondato e protetto dalle voci della natura, da bambino, nel periodo in cui il padre era ricercato dai fascisti, e dopo la delusione del disco aveva pensato di cambiare quantomeno aria, se non vita, e riconciliarsi col sogno dell’infanzia.

 

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In Sardegna, De André andò a cercare la solitudine che gli ci voleva per essere libero di pensare all’acqua senza rischiare che qualcuno venisse a chiedergli dell’aria, e viceversa. Ci restò, poi, affascinato dalla cordialità e al tempo stesso dal rigore di quel popolo, per sperimentare il passo posato degli uomini della terra, così diverso da quelli che si incrociavano a Milano in corso Buenos Aires. Del mestiere della terra, delle abitudini degli animali, studiò con entusiasmo i segreti; e la fatica e le spese erano tutte ripagate dalla soddisfazione, dal buonumore: un disco puoi rinnegarlo cinque minuti dopo che l’hai confezionato, l’olio per cui anche Carapelli ti fa i complimenti, quello no. Certo, la Sardegna non fu sempre rose e fiori: Fabrizio De André e Dori Ghezzi passarono quattro mesi sotto sequestro (ne sarebbero nate canzoni straordinarie, come Hotel Supramonte); eppure questo non mutò l’amore per l’isola e i suoi abitanti: fu semmai, avrebbe detto Camus, un incidente della felicità. Nel film, il racconto di questo legame speciale si snoda tra le immagini e i ricordi del passato e la musica che è rimasta anche dopo all’Agnata: i filmati che ritraggono la vita di De André in Sardegna si alternano, infatti, a quelli dei concerti che gli amici gli hanno dedicato proprio all’Agnata per onorarne la memoria.

 

 

E poi – quasi immaginassero che a sentire certi pezzi cantati da altri, ci potesse venir voglia di ascoltare l’originale – Faber in Sardegna lascia spazio a L’ultimo concerto di Fabrizio de André, quello che tenne al Teatro Brancaccio di Roma, nel ’98, durante il tour di Anime Salve. Quello in cui l’accompagnavano i figli: Cristiano a suonare il violino, Luvi tra le voci femminili. La partecipazione di grandi musicisti e il perfezionismo di De André ne hanno fatto uno spettacolo meraviglioso: ci sono dentro tutti i must – Bocca di rosa, Via del campo, Il pescatore, Crêuza de mä – e c’è anche qualche perla più rara (tanto per fare una citazione), come Khorakhané o Ho visto Nina volare. Il concerto pare sia in una versione mai vista prima, restaurato e rimasterizzato in ultra HD con audio 5.1. Qualunque cosa significhi, ha l’aria di essere spaziale, anche per i fedelissimi che lo riguardano ogni anno su Youtube.

Loro, i fedelissimi – quelli che hanno imparato il genovese e perfino il gallurese, quelli che ancora si svegliano di notte per guardare gli speciali, quelli che sanno a memoria pure le frasi che ha cambiato in un concerto di quarant’anni fa – saranno senz’altro i più esigenti tra il pubblico. Vi conosco, mi riconosco, siamo fatti così: non ci va giù che qualcuno lo conosca meglio di noi.

 

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