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Il film da vedere nel weekend BlacKkKlansman, Spike Lee al top

Il film da vedere nel weekend BlacKkKlansman, Spike Lee al top
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Regia: Spike Lee.
Con: John David Washington, Adam Driver, Topher Grace, Laura Harrier, Ryan Eggold.
Dove vederlo a Bergamo e provincia: qui.

 

L’etichetta Blaxploitation potrebbe non dire nulla agli spettatori più giovani e, in generale, a tutti coloro che non abbiano uno spiccato interesse cinefilo. Con questo termine ci si riferisce a una serie di film (prodotti a partire dagli anni Settanta) che hanno come pubblico di riferimento (e spesso come protagonisti) personaggi afroamericani (il termine deriva dalla fusione di black ed exploitation, lemma con cui si identificano i film commerciali a basso costo). Si tratta di un tipo di cinema che, nel periodo storico in cui è stato prodotto, ha saputo proporre una vera e propria contro-narrazione della cinematografia Usa, portando in primo piano istanze politiche e di genere legate a un tipo di individui solitamente rappresentati in modo stereotipico dai film dell’epoca. Un periodo di sperimentazione preziosa che, non a caso, avrà grandi ricadute sul cinema successivo e consentirà di aggiornare le immagini degli afroamericani sul grande schermo (si pensi a Jackie Brown di Quentin Tarantino, vero e proprio omaggio alla blaxploitation).

 

 

A far riemergere questo filone contribuisce anche l’ultimo film di Spike Lee, in questi giorni nei cinema. BlacKkKlansman è infatti un’opera che – nel ridare corpo proprio a quegli anni Settanta che hanno segnato tanto la nascita del suprematismo bianco quanto delle rivendicazioni nere – ci restituisce un affresco politicamente cogente, che getta occhiate continue allo scenario contemporaneo. D’altronde Lee, che pure anagraficamente non ha vissuto la grande stagione della Blaxploitation, già più volte si era dedicato a tratteggiare nei suoi film quel clima, come dimostrato ampiamente da Malcom X (1992) e S.O.S. Summer of Sam (1999). Nel suo nuovo lavoro, il regista dà le redini dell’impianto drammatico a un poliziotto nero che, per indagare su quel clima di continua tensione politica, decide di trasformarsi in un bianco e di infiltrarsi in una cellula del Ku Klux Klan. Sin da questo accenno di trama si intuisce come la figura prevalente del film sia quella del tranello, del camuffamento. L’aspetto complessivo del film è quello di un’opera complessa, che pur facendosi passare per racconto disimpegnato, nasconde la necessità di un discorso profondamente politico. Vero è che il film era stato pensato per un altro regista (il Jordan Peele di Get Out, altro autore nero), ma Lee riesce a gestire la sceneggiatura e la regia in un modo tanto personale che, alla fine, il risultato sembra essergli stato praticamente cucito addosso. Quello che sarebbe potuto diventare un film dal tono epico-drammatico, si trasforma così in un racconto a tratti quasi parodico, dove il grande Altro del KKK diventa la caricatura di se stesso.

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Alla luce di un film tanto ben realizzato e coerente, vale forse la pena di riflettere sul senso che questo genere di opere (come altre che si potrebbero citare, dal già ricordato Get Out a Nascita di una nazione) può rivestire oggi, dato il contesto politico in cui ci troviamo immersi. Con il montare della xenofobia delle destre e dei populismi, il cinema torna (finalmente) a essere quel luogo in cui l’immagine si presenta come momento di sospensione e riflessione, un’arma dotata di una valenza politica intrinseca che alcuni autori sono in grado di far esplodere di fronte agli occhi degli spettatori. In questo BlacKkKclansman si presenta come un testo prezioso, un fondamentale appello al passato condotto con un occhio continuamente rivolto al presente. Riesce a essere tutto questo pur senza mai essere pesante e dotandosi di un ritmo narrativo, anzi, sorprendente e incalzante. Un film, insomma, che merita tutto l’amore e l’attenzione del caso e – senza dubbio – da vedere in sala.

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