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Il film da vedere nel weekend Monolith, tecnologia perversa

Il film da vedere nel weekend Monolith, tecnologia perversa
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Regia: Ivan Silvestrini.
Con: Katrina Bowden, Brandon W. Jones, Justine Wachsberger, Damon Dayoub, Andrea Ellsworth, Sila Agavale, Demetrius Daniels, Jay Hayden, Katherine Kelly Lang.
Dove vederlo a Bergamo e provincia: qui.

 

Il rapporto uomo-tecnologia è da sempre al centro della fantascienza e del cinema in generale. Dopotutto lo stesso cinema è il frutto di un’apparecchiatura tecnica che – sfruttando un difetto strutturale del nostro occhio – costruisce un’impressione di movimento a partire da una successione di fotogrammi. Questo semplice esempio dimostra, nella vastità delle sue implicazioni – il potere ingannatorio (e dunque almeno in parte pericoloso) che la tecnologia ha per noi. Sono stati proprio i film (dopo i romanzi, ovviamente) ad insegnarcelo. Pensiamo anche solo ai robot assassini di Terminator o più recentemente all’androide del film Ex-Machina o alle inquietanti predizioni tecnologiche della serie TV Black Mirror. Il film Monolith, in questi giorni sbarcato in sala, aggiunge un tassello a questo discorso e lo fa nel migliore dei modi: senza prendersi troppo sul serio, conscio delle sue potenzialità, ma senza per questo rinunciare alla volontà problematica nei confronti della realtà.

 

 

Protagonista di questo film ad alta tensione è Sandra, un'ex cantante che ha deciso di abbandonare le luci della ribalta dopo aver trovato l’amore della sua vita e aver dato alla luce un figlio. Ma, come sappiamo bene, non è tutto oro quel che luccica e dopo una giornata storta e un litigio imprevisto Sandra decide di raggiungere il marito, perché convinta che la tradisca. Le cose non faranno che peggiorare quando la donna imbocca una scorciatoia nel deserto e si trova chiusa fuori dalla propria auto avveniristica e ipersicura, mentre suo figlio (di appena due anni) rimane all’interno, sotto le temperature proibitive del deserto.

Monolith si presenta sin da subito (sin dal titolo, potremmo dire andando evidentemente contro le intenzioni del suo autore) come un film semplice, consapevole del suo target e delle sue possibilità e che di questa consapevolezza fa un punto di forza. La struttura di base e i temi coinvolti sono infatti pochi e archetipici: la lotta per la sopravvivenza, la necessità di superare un ostacolo per raggiungere un obiettivo etc. Uno schema, appunto, semplice; quasi da fiaba.

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Solo che, come anticipato, in questo delirio allucinatorio della contemporaneità, l’avversario da battere non è una creatura, ma l’intelligenza artificiale (Lilith) che abita un’automobile ipermoderna, ultimo ritrovato della domotica su ruote. Un’auto dotata non solo di qualsiasi comfort e accessorio ma anche – e soprattutto – di qualsiasi apparecchio per rilevare malfunzionamenti o manomissioni. La parte più interessante del film è proprio quella in cui viene sollevato il dubbio sulla natura di questo prodigio tecnologico: utopia che si realizza per il piacere dell’uomo o – come pare di intendere – trappola mortale?

All’incapacità della macchina di relazionarsi con l’essere umano (per il quale pure è progettata) si contrapporrà, appunto, l’atteggiamento di Sandra. Del tutto umana, spesso completamente irrazionale, la donna agirà da madre per ricongiungersi al figlio – bloccato all’interno di quella vettura non più così accogliente. A scontrarsi sono due mondi che non riescono più a comunicare: il desiderio di salvezza contro quello (passivo, impersonale) della sicurezza.

Nel complesso Monolith, pur mantenendosi un film di genere senza troppe pretese, si presenta come un titolo di grande intrattenimento e capace di porre un problema stringente del nostro presente. Il che è più che sufficiente per incoraggiarne la visione e sostenerlo.

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