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Il film da vedere nel weekend The Prodigy – Il figlio del Male

Il film da vedere nel weekend The Prodigy – Il figlio del Male
Pubblicato:

Regia: Nicholas McCarthy.
Con: Taylor Schilling, Jackson Robert Scott, Colm Feore, Peter Mooney, Paul Fauteux.
Dove vederlo a Bergamo e provincia: qui.

 

Una scorsa ai trailer più recenti rilasciati in sala e su internet sembra confermare quanto si scriveva ormai lo scorso anno sulle colonne del Los Angeles Times: il 2019 sarà l’anno del cinema horror. I motivi possono essere diversi, ma come ha osservato una letteratura critica ormai ampia, questo specifico genere ha la capacità di emergere con tutta la sua potenza eversiva nei momenti di maggiore crisi e insicurezza culturale. Si pensi al proliferare di film come Non aprite quella porta nell’America degli anni Settanta o al modo in cui gli horror giapponesi dei primi anni Duemila hanno rielaborato alcuni profondi conflitti nazionali. Che questi siano anni di crisi culturale, politica, economica e valoriale è particolarmente evidente: l’elezione di Trump, il referendum sulla Brexit, l’onda montante dei populismi sono tutti campanelli d’allarme che il cinema (e la televisione) horror sanno catturare benissimo.

 

 

Così, nella vera e propria proliferazione del genere, ecco arrivare in sala The Prodigy – Il figlio del Male, diretto da Nicholas McCarthy, già apprezzato per le sue incursioni nel genere con The Pact e At the Devil’s Door. Si tratta di un autore giovane eppure già dotato di uno stile particolarmente personale e identificabile; questa volta decide di confrontarsi con un tema classico dell’horror come quello della possessione e del rapporto con un figlio. Protagonista è infatti il piccolo Miles, bambino amatissimo dai genitori (Sarah e John) e immediatamente capace di farsi notare per la rapidità (decisamente fuori dal comune) con cui è in grado di apprendere e imparare. Eppure, crescendo, iniziano a manifestarsi i segni di qualcosa di oscuro. Non si può dire che McCarthy non sappia il fatto suo. Sembra infatti che il suo The Prodigy sia in grado di prendere il meglio delle suggestioni e delle proposte viste all’opera nei suoi due film precedenti e di fonderli in un prodotto autosufficiente, elegante e pienamente maturo. Nel film si succedono situazioni tipiche del registro del genere, che vengono però ampiamente rielaborate e sono presentate in un modo mai banale. Anzi, se possibile, è forse proprio nella capacità di assumere la complessità di alcuni temi senza ridurli a inutili semplificazioni che possiamo identificare la caratteristica più interessante di questo film.

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Il parto, la reincarnazione e in generale l’elemento del materno come qualcosa che dà (e toglie) la vita rimane al centro della ricerca che il film assume su di sé. La struttura narrativa, solida e dotata di un ritmo e di una tenuta che si vedono raramente negli horror recenti, accompagna lo spettatore in una spirale paranoide di incidenti ed eventi inquietanti, costruendo l’immagine di ambienti cupi e corpi sconosciuti. È come se in fondo a ogni sguardo, dietro ogni porta, si nascondesse l’oscurità più inquietante, qualcosa con cui nessuno vorrebbe mai avere a che fare. Anche i tentativi di spiegare razionalmente i comportamenti di Miles e gli oscuri eventi che riguardano i protagonisti si rivelano inevitabilmente frustrati da una incapacità di assumere uno sguardo in grado di accogliere il paranormale. Accogliendo stilemi tipici di altri classici dell’horror (su tutti, ovviamente, The Omen), McCarthy realizza un prodotto destinato forse non a cambiare le sorti del genere, ma senza dubbio a costituirsi come un punto di riferimento cruciale per i film dei prossimi anni. Il che è già un risultato considerevole.

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