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Il film da vedere nel weekend The Vanishing - Il mistero del faro

Il film da vedere nel weekend The Vanishing - Il mistero del faro
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Regia: Kristoffer Nyholm.
Con: Peter Mullan, Gerard Butler, Connor Swindells, Søren Malling, Ólafur Darri Ólafsson.
Dove vederlo a Bergamo e provincia: qui.

 

Quali sono gli ingredienti di un buon thriller? In un testo classico della teoria del cinema, François Truffaut ha posto questa domanda ad Alfred Hitchcock, maestro indiscusso del genere nel contesto del cinema classico. Il loro dialogo è divenuto uno dei momenti più alti dell’autoanalisi registica mai partoriti ed è ancora oggi un passaggio obbligato per chi intende dedicarsi allo studio del cinema. In particolare, Hitchcock distingue fra due concetti complementari: la sorpresa e la suspense. Se nel primo caso lo spettatore viene messo di fronte a un elemento che neppure lui si aspettava di vedere nel film, è la suspense il vero motore dell’esperienza del thrilling, perché in quel caso il pubblico sa più dei personaggi. Sappiamo che qualcosa sta per succedere, perché, anche se non sappiamo cosa, ne percepiamo il sospetto nell’aria. E questo ci porta in uno stato di apprensione. Questa specie di legge non scritta l’hanno imparata molto bene quasi tutti coloro che si sono accostati al thriller e in particolare la vediamo applicata nell’affascinante The Vanishing - Il mistero del faro, in questi giorni al cinema.

 

 

Più ancora della personalità del regista, in questo interessante mistero scozzese emerge con forza l’interpretazione di Peter Mullan, che giganteggia anche sugli altri membri del cast e incarna il senso di tensione che costruisce il film con il suo corpo e la sua espressione scavata. Il motore del mistero è quello di una vicenda realmente avvenuta, la misteriosa scomparsa di tre guardiani del faro delle isole Flannan. Volatilizzatisi nel nulla in un luogo da sempre associato alle strane presenze del paranormale, i tre avrebbero cominciato a infestare il faro, facendosi percepire anche da tutti i loro successori. Che cosa è successo ai guardiani? Cosa ha condotto alla loro sparizione? O, addirittura, sono davvero spariti? A queste domande il film non sembra voler rispondere in modo ultimativo, per fortuna. D’altronde, come ci insegna lo stesso Hitchcock, un mistero è tale perché mantiene sempre uno spazio di resistenza, perché in qualche modo si sottrae al potere esplicativo dell’uomo. Lo sa bene anche Kristoffer Nyholm, che dopo un solido passato in televisione (nella realizzazione di serie comunque sempre vicine a questa area tematica), debutta qui al cinema con la precisione e la sicurezza espressiva di un autore navigato. La sua scelta estetica è netta nel fornire una interpretazione precisa (ancorché personale) dei fatti: le cose sono andate in un certo modo e alla fin fine i fantasmi non c’entrano nulla o quasi. Il mistero del faro viene così trasformato nella vicenda di uno scontro tutto umano, di individui accecati da passioni sin troppo terreni. Il vero nemico non è il regno del paranormale, ma il faro stesso: cella asfittica e luogo di reclusione volontaria, è lui a generare incubi e follie.

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Nel complesso, siamo quindi di fronte a un film esteticamente affascinante, dotato di uno stile personale e immediatamente riconoscibile, che organizza la fotografia per grandi centri attorno a cui fa emergere progressivamente un senso di mistero che – alla fine – si porta verso il centro della scena. Il mistero del faro è un piccolo grande film, capace di lasciarsi ricordare per una serie di elementi minimi ma imprescindibili: sguardi, mani, oggetti, rapporti. Una visione che si consiglia in sala e (se possibile) in lingua originale, per non perdere quella ricchezza di espressioni e slang che da sempre contraddistingue il cinema di quest’area geografica.

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