Al Creberg Teatro

Prosa, lo spettacolo più atteso: Don Chisciotte di Alessio Boni

Prosa, lo spettacolo più atteso: Don Chisciotte di Alessio Boni
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È tra gli attori italiani di punta, per la brillante carriera che sta portando avanti. Alessio Boni, bergamasco di Sarnico, sta seguendo un percorso articolato che abbraccia tutti i generi di spettacolo: teatro, cinema e fiction televisiva, che in questi ultimi anni gli ha regalato immense soddisfazioni. Dà spessore a personaggi che rimangono impressi, per lo più, a causa del carattere difficile, contrastato, forte e fragile nel contempo. Come Don Chisciotte, con cui si sta cimentando a teatro anche in veste di regista (con Roberto Aldorasi e Marcello Prayer). Il titolo, che è il più atteso della stagione di prosa della Fondazione Teatro Donizetti, arriva al Creberg Teatro di Bergamo da giovedì 28 febbraio a domenica 3 marzo (inizio spettacoli ore 20.30, tranne domenica, ore 15.30; prezzi biglietti da 18 a 31 euro, ridotto da 14 euro a 24 euro, info: www.teatrodonizetti.it).

C'è anche Serra Yilmaz. Lo spettacolo, liberamente ispirato all’omonimo romanzo di Miguel de Cervantes, sale sul palco con una sorprendente Serra Yilmaz, attrice prediletta dal regista di origine turca Ferzan Ozpeteck, nei panni del fido scudiero Sancho Panza. In scena altri cinque attori: Marcello Prayer, Francesco Meoni, Pietro Faiella, Lilliana Massari, Elena Nico. E, quasi in carne ed ossa, Ronzinante, il cavallo di Don Chisciotte. Per chi vuole approfondire il “dietro le quinte”, la compagnia venerdì 1° marzo alle 18 incontra il pubblico nel foyer del Creberg Teatro. Coordina Maria Grazia Panigada.

 

 

Nell’immaginario di tutti, Don Chisciotte incarna il coraggio di perseverare in nome dei propri ideali, sconfinando nel surreale, mosso da una nobile follia fino a combattere contro i mulini a vento. Ed è partendo da due semplici domande che si è mosso Alessio Boni nell’avvicinarsi al famoso personaggio uscito dalla penna di de Cervantes: «Chi è pazzo? Chi è normale?». La risposta dell’attore e regista è articolata: «Forse chi vive nella sua lucida follia riesce ancora a compiere atti eroici. Di più: forse ci vuole una qualche forma di follia, ancor più che il coraggio, per compiere atti eroici. La lucida follia è quella che ti permette di sospendere, per un eterno istante, il senso del limite: quel “so che dobbiamo morire” che spoglia di senso il quotidiano umano, ma che solo ci rende umani». Continua Boni: «L'animale non sa che dovrà morire: in ogni istante è o vita o morte. L'uomo lo sa ed è, in ogni istante, vita e morte insieme. Emblematico in questo è Amleto, coevo di Don Chisciotte, che si chiede: chi vorrebbe faticare, soffrire, lavorare indegnamente, assistere all’insolenza dei potenti, alle premiazioni degli indegni sui meritevoli, se tanto la fine è morire? Don Chisciotte va oltre: trascende questa consapevolezza e combatte per un ideale etico, eroico. Un ideale che arricchisce di valore ogni gesto quotidiano. E che, involontariamente, l'ha reso immortale».

 

 

«È forse folle tutto ciò? È meglio vivere a testa bassa, inseriti in un contesto che ci precede e ci forma, in una rete di regole predeterminate che, a loro volta, ci determinano?», si domanda ancora Boni. «Gli uomini che, nel corso dei secoli, hanno osato svincolarsi da questa rete - avvalendosi del sogno, della fantasia, dell'immaginazione - sono stati spesso considerati “pazzi”. Salvo poi venir riabilitati dalla Storia stessa. Dopotutto, sono proprio coloro che sono folli abbastanza da credere nella loro visione del mondo, da andare controcorrente, da ribaltare il tavolo, che meritano di essere ricordati in eterno: tra gli altri, Galileo, Leonardo, Mozart, Che Guevara, Mandela, Madre Teresa, Steve Jobs e, perché no, Don Chisciotte».

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