Dal 17 marzo al 27 giugno

Raffaello e Perugino si incontrano I due Sposalizi in mostra a Milano

Raffaello e Perugino si incontrano I due Sposalizi in mostra a Milano
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I quadri non nascono mai a caso. Ad esempio una delle opere più note e più amate di Raffaello, icona della Pinacoteca di Brera, lo Sposalizio della Vergine, ha un movente molto preciso: nel 1473 a Perugia era arrivata una reliquia di eccezionale importanza, l’anello nuziale della Madonna. Si tratta di un cerchietto di calcedonio, che un frate perugino aveva sottratto ai confratelli di Chiusi, come ripicca per un’accusa ingiusta che gli era stata rivolta. Ci furono proteste, ma Perugia era città protetta dai papi e così la reliquia restò in città dove ancor oggi è custodita in una cappella della Cattedrale e dove viene esposta periodicamente ai fedeli. La cappella naturalmente è dedicata a San Giuseppe e per farle largo venne sfrattato san Bernardino da Siena, santo peraltro veneratissimo. Fatto che da solo dice dell’importanza attribuita a quella reliquia.

 

Pinacoteca-Brera-Raffaello-Perugino-Sposalizio-della-Vergine

Da sinistra, Raffaello Sanzio, Lo Sposalizio della Vergine, 1504, olio su tavola, cm 170 x 118, Milano, Pinacoteca di Brera.
Pietro Vannucci detto il Perugino, Lo sposalizio della Vergine, 1500-1504, olio su tavola, cm 236 x 186, Caen, Musée des Beaux-Arts.

 

Ora, non c’è cappella senza pala d’altare: almeno così le cose funzionavano nell’Italia del Rinascimento. Raffaello era nato nel 1983 e quindi non poteva essere incaricato di quel lavoro. Che invece venne chiesto a quello che nel frattempo era diventato il suo maestro, Pietro Perugino. Il soggetto è ovviamente “obbligato”: lo Sposalizio di Maria Vergine. Siamo nel 1499. Per la pala Perugino immaginò una costruzione con un tempio centrale, del tutto simile ad un’altra sua opera di grande successo: la Consegna della chiavi a San Pietro nella Cappella Sistina in Vaticano.

Passano pochi anni, la venerazione per l’anello e per San Giuseppe cresce, così, quando Filippo Albizzini, un nobile di Città di Castello, cittadina a una quarantina di chilometri da Perugia, ottiene il patronato sulla cappella di San Giuseppe nella chiesa di San Francesco, decide di volere una replica dell’opera di Perugino. E la chiede al ventunenne Raffaello, artista urbinate, figlio di un altro pittore, Giovanni Santi. Albizzini pescò un autentico jolly, perché la fama della replica presto soppiantò quelle dell’originale, per quanto Raffaello in tutta umiltà si fosse attenuto a realizzare quella che oggi chiameremmo una copia. Ma nelle sue mani la pittura, dura e un po’ schematica, di Perugino si trasfigura. Il quadro si riempie di mistero, i dettagli non sono più pedantesca descrizione della realtà, ma sono particelle di infinito organizzate in uno spazio perfettamente coerente.

 

 

I due Sposalizi non si sono mai incontrati faccia a faccia nella loro storia. Infatti, all’epoca delle requisizioni napoleoniche, vennero portati via dalle rispettive chiese. Il Perugino finì in Francia, dove, dopo varie tappe, arrivò al museo di Caen, cittadina della Normandia. Il Raffaello invece venne strappato ai cittadini di Città di Castello che ancora lo piangono (come si deduce da una targa apposta fuori dalla chiesa) e assegnato al più napoleonico dei musei italiani, la Pinacoteca di Brera. È stato il nuovo direttore James Bradburne a volere e ottenere questa temporanea riunificazione: il Perugino è arrivato a  Milano e,dal 17 marzo sino al 27 giugno sarà esposto a fianco dell’opera del ragazzino che aveva in un colpo solo soppiantato il suo maestro. Uno “sposalizio” provvisorio da non perdere.

Per info, qui.

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