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Ricetta della cotoletta di Da Vittorio Per rendere onore a una leggenda

Ricetta della cotoletta di Da Vittorio Per rendere onore a una leggenda
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Domenica 17 gennaio, dal Polo Nord alle Piramidi, da Milano a Bangkok, i grandi chef italiani renderanno onore a un piatto tanto buono quanto amato: la cotoletta alla milanese. Merito del Gruppo Virtuale dei cuochi italiani, che oramai da diversi anni festeggia il 17 gennaio, festa di Sant’Antonio Abate (patrono tanto degli animali domestici quanto dei macellai e dei salumieri), l’International Day of Italian Cuisine, ovvero una giornata interamente dedicata alle meraviglie culinarie del nostro Paese. E dopo aver reso onore alla carbonara, al risotto alla milanese, alle tagliatelle al ragù bolognese, al pesto genovese, all’ossobuco in gramolata, al tiramisù, agli spaghetti al pomodoro e alla parmigiana di melanzane, quest’anno il piatto scelto è la famosa e apprezzatissima cotoletta. Per l’occasione, chef professionisti e semplici appassionati, cuochi domestici e brave casalinghe risponderanno all’invito unendosi virtualmente in uno stesso rituale: impanare e friggere. Più di mille ristoranti al mondo hanno aderito all’iniziativa, come si può vedere dall’elenco completo pubblicato QUI, e tutti a una sola e unica condizione: attenersi alla ricetta codificata.

 

cotoletta milanese-2

 

La ricetta. Ma qual è la ricetta della vera cotoletta alla milanese? Si parte, naturalmente, dalla carne: costolette di vitello ancora dotate del loro osso. Poi serve pan grattato, uovo e burro chiarificato. Il resto sono tocchi di classe dello chef. La preparazione è molto semplice: battere la carne con delicatezza e poi con un po’ più di forza, ottenendo l’altezza preferita, immergere la carne nell’uovo e poi ricoprirla con il pan grattato. Dopo aver fatto scaldare leggermente il burro chiarificato in padella, mettere la nostro cotoletta a friggere. Importantissimo ottenere il colore dorato che tanto piace a tutti noi, quindi controllate con attenzione entrambi i lati.

 

 

Meglio delle parole scritte, però, rendono l’idea i fatti. Per questo, se volete una cotoletta coi controfiocchi, la cosa migliore da fare è seguire le indicazioni e i consigli di uno dei maestri di questo piatto, almeno a Bergamo e dintorni. Stiamo parlando, naturalmente, di Chicco Cerea di Da Vittorio, che in un video per Italia Squisita racconta i segreti della sua inimitabile cotoletta alla milanese, presentata nella versione “orecchio di elefante”. I tocchi da maestro dello chef sono la presenza di grissini frantumati insieme al pan grattato (che offrono una piacevole croccantezza), l’uso di noci di burro fresco durante la friggitura e qualche chicco di malto sulla carne prima di impiattare. Chicco Cerea consiglia anche, a cottura completata, di far decantare qualche istante la cotoletta su un lato della pentola, togliendola dal burro, in modo tale che la carne inizi a perdere il grasso in eccedenza. Il piatto può poi essere completato con dei pomodorini precedentemente insaporiti con timo e aglio e delle croccanti patate al forno. Et voilà! Un piatto da chef buonissimo e semplicissimo.

 

cotoletta da vittorio

 

Meglio spessa o sottile? Come si può vedere dal video, Chicco Cerea predilige rendere abbastanza bassa la carne, ma sul tema c’è un dibattito mai sopito, perché tradizione vorrebbe che la carne restasse spessa almeno quanto l’osso. In termini pratici, almeno 3 o 4 centimetri. Lo confermano tre grandi chef milanesi, ovvero Claudio Sadler, Gualtiero Marchesi e Davide Oldani, “allievi” sul tema del maestro di questo piatto, Marco Guarnaschelli Gotti, grande uomo di cultura e grande gastronomo, che considerava eretica la cotoletta bassa. A sapore, francamente, poco cambia. Anzi, la versione a “orecchio d’elefante” preferita e servita da Chicco Cerea è sicuramente anche quella più apprezzata dal pubblico, come conferma anche Gualtiero Marchesi, che ha dato vita a una cotoletta destrutturata: «Ho sempre fatto la cotoletta alta come l’osso, è l’unico piatto che ho imparato da mio padre. Ma la gente spesso non capiva, forse non sapeva che la cotoletta dev’essere fuori croccante e dentro rosata, così restano intatti i succhi della carne e il sapore; e si lamentavano che non era cotta. Allora ho deciso: la cotoletta viene tagliata a cubetti di pochi centimetri, uno dei quali conserva l’osso attaccato. Così, cotti per immersione nel burro chiarificato, arrivano belli dorati in tavola, e nessuno osa più dire niente». L’importante è non confondere la cotoletta con la Schnitzel Viennese. Si tratta infatti di due piatti diversi che usano anche carni e ricette diverse: la versione austriaca è di maiale, servita senza osso e infarinata oltre che impanata.

 

 

Un po' di (curiosa) storia. Un piatto così buono e così importante non poteva che avere alle proprie spalle anche una storia degna della sua bontà. Innanzitutto, come ci tengono a precisare i puristi, il nome “cotoletta” non è correttissimo: bisognerebbe parlare di “costoletta”, termine che fa riferimento al taglio di carne utilizzato per la sua preparazione. Tuttavia cotoletta non è una denominazione errata, perché deriva dal termine dialettale milanese “cotulèta”, a sua volta diminutivo del termine francese “cote”, ovvero costola. Come spiega il sito Turismo.it, i primi riferimenti a questo piatto risalgono addirittura al 1134, quando, come riportato da Verri nella sua Storia di Milano, in una lista di vivande proposte in occasione di un pranzo offerto dall’Abate della Basilica di S. Ambrogio, vennero inseriti tra le portate i “Lombos cum Panitio”, ovvero costolette impanate e fritte. Nel Medioevo, infatti, la panatura era consigliata dai medici: impanare qualcosa con dell’oro aiutava a curare i disturbi cardiaci. Poiché però l’oro costava molto, la parte più povera del popolo, che non voleva privarsi di questa leccornia, sostituì il prezioso metallo con il pane grattugiato, che una volta fritto assumeva invitanti sfumature dorate, riproducendo almeno il colore del costoso ingrediente. Successivi riferimenti alla cotoletta sono stati rinvenuti anche negli appunti del cuoco Martino De Rossi, meglio noto come Maestro Martino da Como, che nel 1492, nel suo De Arte Coquinaria, ne descriveva la preparazione e i trucchi per una perfetta panatura. La prima vera pubblicazione di una ricetta della cotoletta alla milanese risale, però, al 1855 ad opera di Giuseppe Sorbiatti che la inserì nel suo trattato La Gastronomia Moderna.

 

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Assai noto il controverso scontro sulla paternità della ricetta tra la cotoletta alla milanese e la Schnitzel Viennese, alimentato anche dalle voci che parlano della presunta esistenza di una corrispondenza tra il Maresciallo Radetzky e il Conte Attems, nella quale il primo parla della scoperta della ricetta milanese con il secondo. Peccato che di queste missive non ne sia mai stata rivenuta alcuna traccia. Leggenda e poesia di un piatto senza tempo, che piace davvero a tutti.

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