Uno show inseguito per anni

Slava è il miglior clown del mondo Spettacolo più atteso della stagione

Slava è il miglior clown del mondo Spettacolo più atteso della stagione
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Una summa delle gags del «migliore clown del mondo». La definizione è della stampa inglese. Forse esagerano. Certamente Slava’s Snowshow è il titolo più atteso della stagione di prosa del Donizetti. Va in scena da mercoledì 22 a sabato 25 febbraio (alle 20.30) e infine domenica 26 con un doppio appuntamento (15.30 e 20.30).

Lo spettacolo è un capolavoro di poesia e di alta clownerie che da oltre vent'anni stupisce il pubblico dei più importanti teatri del mondo: è stato visto in decine di paesi, in centinaia di città, migliaia di volte da milioni di spettatori. Lo show è una pantomima che si anima di gesti, espressioni e movimenti: sul palco si muovono curiose creature eteree e fragili, mentre intorno cade la neve. A muovere le fila è Slava, regista, interprete, scenografo, vero deus ex machina della messa in scena.

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Slava Snowshow

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Slava Snowshow

Chi è. Slava Polunin nasce nel 1950 a Novosil nell'ex Urss. Fin da ragazzo ha un sogno, fare il clown. Tanto studio e un talento innato gli danno una mano. Nel 1979 fonda la sua compagnia: da subito lavora per ridefinire il ruolo del personaggio, prende le distanze dalla tradizione circense - fatta in gran parte di nasi rossi, fiori che spruzzano acqua e bastoni di gommapiuma - con l'obiettivo di dare al tradizionale saltimbanco una valenza complessa e mutevole. Nel ‘93 nasce Slava's Snowshow, un perenne work in progress «che è come un figlio. Sa dare gioia e tristezza, sa far ridere o commuovere fino alle lacrime», ha spiegato Slava. Si tratta di una commedia senza trama: nel racconto scenico si intrecciano microfiabe che vivono nelle espressioni di numerosi personaggi. Davanti agli spettatori non ci sono semplicemente creature tristi celate dietro una maschera che inteneriscono per la loro malinconica e sproporzionata esistenza, ma veri e propri poeti silenti, ricoperti di un aura di fiaba, di sogni e nostalgie. Per questo le reazioni sono le più lontane: brividi, lacrime e risate. Le pose da adulti sono da accantonare. I più fortunati potranno rivivere la magia di quando, da bambini, si poteva entrare nelle favole e dimenticare tutto il resto. Sotto la neve. E fortunati saranno anche i bambini, perché lo spettacolo - che dura meno di due ore - è consigliato dagli 8 anni in su.

La compagnia. Slava è diventato un clown nel 1967. Da allora ne ha fatta di strada. Nel corso degli anni si sono uniti a lui, desiderosi di apprendere la sua arte, tanti giovani provenienti da tutte le parti della terra. Alcuni sono rimasti, altri hanno oggi delle proprie compagnie, altri ancora hanno preso parte alle produzioni del Cirque du Soleil.

 


 

Evoluzione continua. Lo spettacolo non è mai rimasto fermo, così come il cast. Cambia, spesso anche all’interno di una serata l’interprete di Asisyai, il commovente ed ironico «clown giallo» nato prendendo spunto dalla tristezza poetica dei clown di Leonid Engibarov, dalla raffinata filosofia della pantomima di Marcel Marceau e dalla comica amarezza dei personaggi di Chaplin, che Slava considera come i suoi maestri. All’inizio Asisyai era multi-sfaccettato; poteva essere gentile e spontaneo un minuto prima e subito dopo ironico e superbo nella sue convinzioni con il suo invincibile «Zya!». Ne scaturì quindi l’idea che ogni aspetto del personaggio poteva diventare un personaggio a sè stante, un vero e proprio teatro di clown, ognuno diverso dall’altro ma riconoscibile e familiare a ogni singolo spettatore. «Faccio un teatro che nasce da sogni e fiabe, ricco di speranze, di desideri e di nostalgie, di mancanze e disillusioni. Il mio è un teatro che sfugge a qualsiasi tentativo di limitazione della sua libertà», ha detto.

Un mare di neve e un oceano di fantasia. Le foto dello spettacolo aprono le porte a una suggestione scontata: il carillion. O meglio, le palle di vetro che, rovesciate, generano una tormenta. Anche in Slava’s Snowshow c’è una bufera di neve fatta con piccoli rettangoli di sottile carta bianca. La differenza, rispetto alla palla di vetro, è che quei fiocchi, come petali impazziti, inondano gli spettatori, abbagliati da una luce accecante. Anche il pubblico è nella palla di vetro. Liberatorio, commosso e anche incontenibile, l'universo dell’artista russo sposa le aspettative visionarie soprattutto dei bimbi, vagheggiando illusioni e scontrandosi con improvvise disillusioni, lontano però dal mondo del circo, in un distillato di pittura naif, disarmante, che attinge alla tradizione dell’arte tradizionale del mimo. Gli sketch sono ricchi di sfumature e chi guarda è tirato nella galassia dell’immaginazione per la manica della giacca, finché il teatro non si trasforma in un corpus organico. Lo spettatore diventa attore. E, sopra tutto, la neve. Che ha un rovescio della medaglia terribile, per Slava, perché «per me è sì un'immagine bellissima, come un abito da sposa, come un foglio bianco quando un pittore comincia a disegnare. Ma mi riempie anche di paura e di orrore, di freddo e di morte». Perché la risata, talvolta, serve a celare una smorfia di dolore.

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