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Così bella da meritarsi gli applausi

Così bella da meritarsi gli applausi
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La roboante vittoria della Dea in casa dell’Hellas Verona ha sfumature decisamente più sgargianti del cielo cupo e plumbeo che ha accompagnato la partita. Un grandioso tocco di colore nel grigiore dello stadio Bentegodi, un’atmosfera esaltante per i tifosi orobici al seguito e perfino commovente per i padroni di casa, che sul 4-0 hanno dato vita ad una di quelle dimostrazioni di attaccamento e passione che a Bergamo conosciamo fin troppo bene.

 

 

Il prepartita: freddo, pioggia e parcheggio lontano. La trasferta di Verona, storicamente e meteorologicamente parlando, non è tra le più calde del campionato. L’orario della domenica alle 15 regala anche la possibilità di pranzare a casa con la famiglia (la salsiccia con le patate, mentre fuori piove, è una libidine) e di partire alla volta della città di Romeo e Giulietta con buon anticipo senza rinunciare nemmeno al caffè. Mentre raggiungiamo gli oltre 550 appassionati orobici al seguito, una bella telefonata con l’amico Maurizio del “Club Amici Chei del Confì” permette di condividere sogni e speranze per una gara decisamente indirizzata dalla sconfitta della Samp. Nessuno pensava che fosse possibile replicare a stampo i cinque gol di Icardi e compagni, ma una vittoria, per i valori in campo e per quanto la Dea tiene alla qualificazione europea, era il massimo cui aspirare. In avvicinamento allo stadio Bentegodi, sotto la pioggia battente, parecchie macchine con i colori della Dea certificano la presenza della tifoseria atalantina nonostante il divieto di trasferta per i non tesserati, e sul volto di tutti si legge grande fiducia. Il parcheggio stampa è lontano dallo stadio, ci si ritrova in mezzo ai sostenitori del Verona ma non ci sono problemi di alcun tipo: pochi minuti ed ecco il gelido catino veronese bardato di gialloblù.

 

 

Apre Cristante e chiude Ilicic: ottimo primo tempo. In avvio di gara, senza nemmeno il tempo di sintonizzare Sky Go e di capire se il segnale della Wi-Fi è buono, l’Atalanta spacca subito lo 0-0 e crea pure i presupposti per il raddoppio. Cristante prima, Petagna poi e Ilicic per ultimo marcano lo 0-1 sul tabellone dando fiato all’immediata esaltazione dei bergamaschi al seguito: se sul calcio d’angolo da cui nasce il vantaggio c’è un errore del Verona, nelle altre due occasioni sono i nerazzurri a farsi notare per pulizia di manovra e azioni ficcanti. In tutto il primo tempo (e poi anche in tutta la partita) l’unico momento complicato che attraversa l’Atalanta è legato al cross di Verde e alla deviazione sul palo di Matos: Berisha non è esente da colpe, ma dentro 96' minuti di partita tutti si dimenticano di una sbavatura se il resto della squadra è una splendida orchestra in grado di incantare lo stadio. In chiusura di frazione, il Var prima toglie (gol annullato al Papu) e poi invece dà (calcio di rigore per fallo su Petagna) e la Dea si porta sul 2-0 al riposo, logica conseguenza di un dominio perfino imbarazzante.

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Ripresa dilagante, segna anche il Papu. Dopo il riposo, mentre in tribuna scorrono fiumi di birra e sugli spalti il tifo veronese cerca di spingere la squadra di casa, la Dea chiude subito i conti con un bell’assist di Petagna trasformato da Ilicic sotto l’incrocio dei pali: siamo al 3’ st, la partita è ancora lontana dalla conclusione, eppure in campo l’Atalanta continua a fare l’Atalanta e il Verona non ha nessuna possibilità di rientrare in corsa. Ciò che esalta davvero i bergamaschi presenti nel settore ospiti è l'insistenza con cui gli ospiti aggrediscono il Verona e al momento del 4-0 di Ilcic succede qualcosa che proprio non ti aspetti: il pubblico dell'Hellas si alza e applaude la prodezza balistica dello sloveno e, dopo pochi secondi, la Curva di casa inizia a cantare tutto l’amore per la propria squadra come se i ragazzi di Pecchia (contestato con uno striscione che lo invita ad andarsene) fossero in vantaggio e non sotto di ben quattro reti. «Io credo risorgerò», canto di chiesa normalmente usato durante i funerali, viene urlato a squarciagola con tanto di sciarpata annessa. Vicino alla postazione stampa tanti sostenitori di casa applaudono la bella Dea di Gasp e al fischio finale anche lo spicchio di ospiti esulta alla grande.

Il rientro a Bergamo e i sogni di gloria. Dopo la conferenza di Gasperini, l’uscita dallo stadio viene accompagnata da uno strano movimento di poliziotti. Qualcuno pensa ad una contestazione ma in realtà non accade nulla e il ritorno alla macchina è tranquillo. Nonostante un po’ di traffico, l’arrivo a Bergamo per l’ora di cena è garantito e da quel momento in poi ripartono tutti i pensieri europei che una squadra così bella, inevitabilmente, scatena. L’Atalanta arriva alla sosta con 44 punti, il settimo posto è agganciato e anche se alle spalle la Fiorentina non molla (41) è chiaro che ora tutti tornano a credere prepotentemente nella qualificazione alle coppe. Come dice Gasperini, alla fine mancano ancora dieci giornate (nove da calendario più il recupero con la Samp) e anche se tutto è ancora aperto, almeno una certezza c'è: l’Atalanta, da ieri sera, non può più vincere lo scudetto. Lo dice la matematica, purtroppo. Ma non abbattetevi: andando avanti così, nessuno vieta che nei prossimi anni l’asticella possa arrivare fin lassù.

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