«Togliamo il voto agli anziani»

Perché la boutade di Beppe Grillo non è poi così campata per aria

Perché la boutade di Beppe Grillo non è poi così campata per aria
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È stato Beppe Grillo a lanciare il sasso: la democrazia in Italia per essere davvero tale deve iniziare a fare i conti con la demografia. Nel corpo elettorale nel nostro Paese pesa molto dal punto di vista numerico la popolazione anziana. Pesa molto, o meglio, come sostiene Grillo pesa troppo. Gli ultimi dati Istat dicono che gli over 65 sono oltre il 22%. In cifre assolute più di 13 milioni. Dall’altra parte della scala demografica, i giovani sono sempre meno, visto che gli 0-14 anni sono circa 8 milioni (il 13%). In sostanza: chi dovrebbe dire la sua sulla società di domani (cioè la società in cui si troverà a vivere) ha pochissima voce in capitolo. Mentre chi esprime un voto rispetto a una società dalla quale, per ragioni di età, si trova in uscita ha tantissima voce in capitolo. «Il mio ragionamento», spiega Grillo, «nasce dal presupposto che una volta raggiunta una certa età, i cittadini saranno meno preoccupati del futuro sociale, politico ed economico, rispetto alle generazioni più giovani, e molto meno propensi a sopportare le conseguenze a lungo termine delle decisioni politiche». Grillo non è stato il primo a sollevare la questione. Lo aveva fatto in termini provocatori Erri De Luca, popolare scrittore, alla vigilia delle ultime elezioni europee. «Perché il mio voto dovrebbe contare come quello di un giovane, nato e cresciuto in questo spazio?», aveva detto. «Il destino dell'Europa appartiene a loro, proseguiranno verso una migliore unione e integrazione".

 

 

Ovviamente essendo l’Italia davvero una nazione di anziani, tutti gli opinionisti e gran parte dei politici hanno avuto buon gioco a scagliarsi contro l’idea di Grillo. Facendo così però hanno in qualche modo confermato la sua tesi: in Italia l’elettorato dei «vecchi», proprio per i suoi numeri, condiziona le scelte dei decisori. Per questo è stato coraggioso il sindaco di Bergamo Giorgio Gori a rompere il fronte. «Grillo pone un tema invece assai serio», ha detto. «Una popolazione con forte prevalenza di anziani vota e voterà sempre di più contro gli interessi delle giovani generazioni. Mi pare che la sua proposta sia solo una provocazione. Qualcuno ne ha di migliori?».

In effetti qualcuno nel recente passato aveva lanciato un’idea migliore di quella di Grillo, che invece propone di togliere il voto agli anziani. Era stato Luigi Campiglio, insigne economista dell’Università Cattolica, il quale partendo dallo stesso problema, cioè lo squilibrio demografico del corpo elettorale, aveva proposto un’altra strada: dare la possibilità ai genitori di esprimere il voto anche per i loro figli, ancora fuori età. «Un figlio un voto» era stata la sua proposta lanciata in occasione di un convegno nazionale delle Acli e che aveva fatto tanto discutere. La proposta di Campiglio non escludeva nessuno dal voto come provocatoriamente fa Grillo, ma bilanciava i pesi dal punto di vista generazionale. Si sa però quanto le famiglie siano davvero l’anello debole nella società italiana di oggi, e così quella proposta venne bloccata sul nascere da un veto trasversale di tutte le forze politiche. Tuttavia la domanda resta aperta e in attesa di risposte: che democrazia è quella che non riesce a dare una rappresentanza adeguata a chi è destinato a vivere nell’Italia di domani. Le nuove leve vivranno in un Paese deciso e disegnato sugli interessi di altre generazioni. Interessi senz’altro legittimi. Il voto esprime una proiezione sul futuro. Che senso ha che chi ha tanto futuro davanti conti molto meno di chi il suo tempo lo ha soprattutto alle spalle?

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