La scoperta

Crocifisso di Santa Maria Maggiore donato da donna Belfiore nel '300

Crocifisso di Santa Maria Maggiore donato da donna Belfiore nel '300
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È uno dei crocifissi più toccanti che troviamo nella nostra terra, è collocato nella basilica di Santa Maria Maggiore, in Città Alta, proprio sopra l’altare maggiore. Sta appeso lassù e in molti ammirano la fattezze non del tutto armoniche, non propriamente classiche, di quel Gesù sulla Croce. È un Gesù dalla tesa troppo grossa, dal viso forte, arcaico. Ispira devozione profonda. Ora sappiamo chi promosse la creazione di quella scultura in legno, molti secoli fa.

Era la primavera del 1350 e una signora bergamasca, vedova, senza figli, non più giovanissima, si accingeva al pellegrinaggio verso Roma. Non c’era la Freccia Rossa, raggiungere la Città Eterna era una sfida ricca di insidie. Per questo, come molti altri pellegrini, fece testamento. Si chiamava Belfiore. Nel suo testamento Belfiore fece scrivere che una cospicua somma sarebbe servita affinché si scolpisse e si dipingesse un gran crocifisso da porre sopra l’altare di Santa Maria Maggiore, la più bella chiesa cittadina.

 

 

Quel crocifisso lo ammiriamo ancora oggi. La storia di Belfiore viene raccontata nel libro di Maria Teresa Brolis Storie di donne nel medioevo che viene presentato questo pomeriggio, venerdì 10, alle 18, nella biblioteca Angelo Mai, in piazza Vecchia. Con l’autrice, interverranno Silvia Carraro e Maria Grazia Recanati. Otto storie di donne celebri, da Ildegarda a Eloisa e otto di «donne comuni». Belfiore è una «donna comune». Come Bettina da Gandino, altra donna che visse verso la metà del Trecento e che divenne nota per le sue doti di guaritrice. Bettina preparava soprattutto pozioni, per ogni evenienza. Per esempio perché donne che non restavano incinta potessero finalmente avere dei figli. Ecco un rimedio: «Prendere una gallina grassa, riempirla con chiodi di garofano, zenzero, pepe, croco e acqua chiara e, dopo averla cotta, berne il liquido». Ma se non funzionasse: «Preparare un miscuglio di erba marrubio con testicoli di lepre (essiccati e poi tritati) da assumere con vino rosso mentre si entra nel letto». Bettina parlava con i morti: questo le diede delle noie con l’inquisizione. Ma siccome i morti le dicevano esattamente quanto la Chiesa andava predicando, i suoi guai si limitarono a semplici «ammonizioni».

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