Lo spauracchio della "patrimoniale"

Gli italiani in coda alla frontiera per portare i soldi in Svizzera

Gli italiani in coda alla frontiera per portare i soldi in Svizzera
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Assicurano i bene informati che di questi tempi per avere un appuntamento con un consulente in una banca del Canton Ticino si debba metter in conto un po’ di pazienza. Le agende infatti sono piene perché sono tanti gli italiani che in queste settimane stanno affacciandosi oltre confine per capire come fare per portare i risparmi al sicuro. Lo spauracchio si nasconde dietro una parola: “patrimoniale”. Cioè il timore che il governo possa imitare quello che aveva fatto un primo ministro, certo molto lontano per cultura e stile dai “sovranisti”, nel 1992: Giuliano Amato, per aggiustare le falle che la crisi della lira aveva pericolosamente aperto nei conti pubblici, aveva prelevato il sei per mille dai conti correnti degli italiani. Era la notte del 13 settembre. Sono passati oltre 25 anni e se la lira non c’è più e quindi per gli speculatori è più difficile ripetere le spericolate operazioni di quel 1992, i conti pubblici soffrono ancora più di allora. Quindi l’idea della patrimoniale resta un qualcosa che continua ad aleggiare nell’aria, a metà strada tra una minaccia reale e una leggenda metropolitana. Fatto sta che per cautelarsi c’è chi ha pensato di trasferire i propri risparmi su un conto nella vicina Svizzera. Un conto nel quale nessuno, nemmeno il governo dei sovranisti, può mettere le mani.

 

 

Va precisato che portare denaro in Svizzera è perfettamente legale. L’importante è che i soldi portati siano dichiarati e, ovviamente, di provenienza legale. Si portano i soldi non per sfuggire al fisco come avveniva in anni non lontani, ma per blindarli e tenerli più al sicuro. Il fisco italiano resta al corrente di questi passaggi e quindi queste sono ricchezze che compaiono nella profilazione del reddito dei singoli cittadini. A fine anno infatti gli istituti svizzeri sono tenuti a comunicare l’estratto conto alle autorità italiane.

Per aprire un conto in territorio elvetico non ci vuole molto. Basta un documento di identità e un codice fiscale. Si firmano un po’ di carte e alla fine si fa un bonifico per trasferire i soldi sul nuovo conto. Soldi che quindi restano tracciatissimi.

 

 

Il fenomeno deve aver preso negli ultimi tempi dimensioni da non sottovalutare se è vero che è stato aperto addirittura un sito per consigliare i risparmiatori. L’indirizzo è già tutto un programma: contoinsvizzera.com. È da lì che veniamo a sapere che «negli ultimi tre anni gli italiani abbiano spostato dalle banche italiane verso l’estero contanti e titoli per un valore di 75 miliardi di euro (fonte Bankitalia)». Il sito è stato aperto da due amici, Richard Marine, svizzero con padre ticinese e madre francese che lavora in una banca di Ginevra da ormai cinque anni. E Marco Cecca, italiano che lavora come transfrontaliere a Lugano, nel settore IT per una nota Compagnia Assicurativa elvetica. I due hanno pubblicato anche una Guida, che ha raggiunto già le cinquemila copie. Il loro consiglio? Farsi trovare pronti aprendo un conto, senza necessariamente spostare subito i soldi.

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